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Storie di Boxe

Vincere per ko e non accorgersene...

Dilettanti

One...Two...Three...
Contava in inglese, l'arbitro; ed era abbastanza bizzarro, considerando che si trovavano in un paesello tra le montagne in cui era già abbastanza inconsueto che uno lo facesse in italiano e non in dialetto locale. Il clamore della piccola folla attorno, accalcata sulle panche e sedie in legno di antiche sagre di partito, sembrava un boato in quella ex sala da ballo dove il ring occupava quasi tutto lo spazio. Il ragazzo si sentiva un po' malfermo sulle gambe per la stanchezza e per lo sventolone che l'aveva centrato pochi attimi prima quasi sull'orecchio, per fortuna parzialmente ammortizzato dal casco e dal guantone.
Four...Five...Six...
L'arbitro, mentre continuava a scandire i numeri, lo guardava con aria severa e gli indicava un angolo. Arrampicato lungo la scaletta il maestro, con gli occhi fuori dalle orbite, tutto rosso in faccia, gli intimava a sua volta di andare all'angolo. Non sapeva che fare. Non capiva cos'era era accaduto e per quanto non fosse proprio al massimo della condizione psico-fisica, gli sembrava un po' esagerato subire un conteggio.
Seven...Eight...Nine...Ten!
Era immobile come un nanetto da giardino nell'angolo, quando vide il maestro piombargli addosso. "Che gancio, che gancio!...Lo hai fulminato. Hai visto cosa significa allenarsi bene? Quante volte abbiamo ripetuto la combinazione sinistro-sinistro-gancio destro?".
Aveva vinto! Aveva vinto e nemmeno se n'era accorto...Solo adesso cominciava a rendersi conto che l'arbitro aveva contato il rivale il quale, a testa a bassa, veniva consolato dai suoi secondi. Poi, dopo essere stato dissetato e pulito per bene con il classico asciugamano "mille usi", gli vennero sfilati guantoni e fu spinto con vigore a centro ring per l'annuncio del verdetto della sua prima avventura come pugile.
"Per rsc alla terza ripresa vince...". Quando udì il proprio nome gli parve di sognare.
Nei minuti, nelle ore, nei giorni seguenti ascoltò per mille volte, dalla voce di altri, la descrizione del "sensazionale" ko conseguito al debutto. E lo memorizzò tanto bene da poterlo quasi rivivere con la fantasia e da ripeterlo altre mille volte a chi gliela chiedeva.
Con solo un piccolo particolare che non avrebbe rivelato nemmeno sotto tortura: non se n'era accorto!
Probabilmente, in uno dei frequenti confusi scambi tra principianti, con gli occhi chiusi o rivolti verso terra, aveva lanciato un colpo giunto perfettamente a segno e vinto per ko!
Ma la fortunata e casuale occasione era diventata per lui e i suoi cari una specie di piccola leggenda.
Perché sciuparla?
Ancora oggi, a tanto tempo di distanza e i guantoni appesi al chiodo al termine di una breve e modesta carriera, prova talvolta a ricostruire l'accaduto.
Niente. Tra i presenti, l'unico in quella lontana sera a non avere visto nulla era stato soltanto lui!
Ma non importa. Gli piace rivivere quasi ogni giorno l'incredibile evento.
Gli fa compagnia. Ne prova anche un pizzico d'orgoglio. "Ho vinto per ko con un destro perfetto!-Dice a se stesso-Non è da tutti e il resto della storia...lo tengo per me".

 

 

Febbre, nonna morta, caduta in scooter...Non posso combattere, maestro!

Paura

Da tanto tanto tempo aspettava di salire finalmente sul ring. Aveva fatto tutto a puntino, seguendo gli insegnamenti del maestro senza sgarrare di un millimetro. Ma ora che il momento era lì, davanti a lui, si rese conto che i sogni e le speranze cullate per lunghi mesi si stavano trasformando. Le notti erano diventate agitate e ogni istante del giorno era come il tormentato conto alla rovescia prima di gettarsi in un baratro. Se avesse potuto, avrebbe fermato le lancette dell'orologio e bloccato all'infinito i giorni del calendario. Non considerava più una gioiosa e colorata festa il suo debutto. I colori erano diventati ombre cupe...
Si sentiva fragile, insicuro, senza forza.
La paura!
Ecco che cos'era.
La paura...

Quando l'appuntamento era lontano nello spazio e nel tempo, non conosceva ancora il nodo alla gola. Solo in quel momento, quando le "vere" sedici corde stavano per abbracciarlo, anzi, per imprigionarlo, scoprì tale sensazione.
Il timore nei confronti dell'avversario, della gente, del dolore. La crescente convinzione di rischiare una figuraccia sotto gli occhi del pubblico, degli amici e dei familiari.
No! Non si può vivere il pugilato come fosse un incubo. Non si può progettare un futuro se poi ci si sente inadeguati a viverlo...
Mancava ormai pochissimo all'ora X. Prese il telefono e con intima vergogna chiamò il maestro accampando una delle solite scuse per non combattere.
Forse gli parlò di un improvviso febbrone o di una vecchia nonna che era morta o di una caduta in scooter...
Non importava. Tanto il maestro le conosceva tutte a memoria e capì subito che quel ragazzo aveva ingrossato l'interminabile schiera dei pugili non-pugili.
Lo capiva e non c'era nemmeno motivo di criticarlo troppo nè tantomeno di mancargli di rispetto.
La paura è un istinto di tutti gli esseri viventi e ciascuno ne fa prima o poi conoscenza.
C'è chi però riesce a restarle in groppa quasi fosse un indemoniato cavallo da rodeo e chi invece ne viene sbalzato lontano, ruzzolando nella polvere.
Pazienza. Ci sono tante altre cose da fare nella vita e anche tanti altri modi per continuare ad amare la boxe.
Ma i malanni dell'ultimo minuto, le disgrazie della nonna e i ruzzoloni in scooter sono l'invalicabile fossato che separa chi può diventare pugile e chi no.
Uno da una parte e uno dall'altra.
Coraggio e paura sono vicinissimi, quasi si toccano attraverso il fossato.
Ma è un "quasi" che durerà per sempre.

La prima sconfitta...boxe, addio!

PugileRing

Ti avevano fatto credere di essere invincibile.
Per troppo amore o troppa incompetenza.
Avevi appena messo timidamente i piedi sul ring a torso nudo e già ti predestinavano a titoli straordinari. Avevi vinto la prima avventura, poi la seconda, la terza, la quarta…E altre ancora, per le quali alcuni giornalisti locali e televisioni casalinghe si erano sperticati con toni da Iliade e Odissea.
Se qualcuno ti avesse detto che avevi battuto rivali il cui ultimo successo era stato a "scopone scientifico", allora qualche dubbio l'avresti avuto.
Se qualcuno ti avesse detto che erano stati scelti tra i più scarsi e meno "cari" in circolazione, allora qualche dubbio l'avresti avuto.

Non ci sarebbe stato niente di male. Il tirocinio comincia sempre all'insegna della prudenza. Invece no!
Campione, campione, campione…
E i poveretti che stramazzavano ai tuoi piedi erano regolarmente dipinti come temibili pugili, sfruttando la non-conoscenza del pubblico pagante. Poi, inevitabile, é arrivata la resa dei conti e hai perso di fronte al primo avversario che era solo e semplicemente un pugile, seppure di modesta quotazione.
E come tantissimi prima di te e tanti altri dopo di te, ti sei tolto gli occhiali con le lenti rosa e hai capito di essere stato preso in giro, inutilmente illuso e sfruttato per un breve tempo. La fiamma della passione si é spenta in un attimo; la paura e l'insicurezza hanno preso il sopravvento; ti è sparita la voglia di prendere ogni giorno la sacca per andare in palestra.
Ti sei ritirato.
Giovane, integro ma senza più sogni.

Un giorno lontano qualcuno leggerà il tuo record e si domanderà come mai un ragazzo con più o meno una sola sconfitta sulle spalle abbia dato l'addio al ring.
Poi si accorgerà che anche parecchi altri, al primo ostacolo insuperato, hanno voltato le spalle alla boxe.
Nessuno forse gli spiegherà le ragioni vere e profonde. Solo tu e i ragazzi come te sapranno la verità e se la porteranno dietro per tutta la vita.

L'AMICO DEL PUGILE

Amicizia

Aveva concluso l'incontro stremato. Faticava persino a respirare e chi l'abbracciava o voleva parlargli gli procurava fastidio. Sembrava che gli togliesse persino l'aria. Poi il verdetto. Il braccio alzato. I rituali consueti. E finalmente giù dal ring, verso gli spogliatoi. 

Si lasciò cadere sulla panca così com'era. In quel momento anche lo spogliarsi e mettersi sotto la doccia gli pareva un'impresa. E intanto la porta si apriva e si chiudeva in continuazione, facendo entrare e uscire frotte di conoscenti,di curiosi, di persone importanti, di tecnici più o meno qualificati, di "imbucati"che gli rovesciano addosso manate, grida di giubilo, congratulazioni e predizioni di un futuro sensazionale. In mezzo, come una fastidiosa zanzara, il suo antico compagno di scuola e di gioventù che l'aveva sempre seguito...Gli si avvicinò e a bassa voce, per non essere udito dai estranei, gli sussurrò: "E' andata bene. Hai vinto, ma stasera hai fatto proprio schifo...Lento, senza ritmo...Hai preso colpi che non avresti mai dovuto prendere. Ti avevo detto mille volte di non stare troppo dietro agli amici e di allenarti come sempre facevi. Cosa ti é successo?".
Lo guardò come si guarda un marziano. "Ma che vuoi da me? Che c...dici? Ho vinto e sono il n°1. Ma vaffanculo!".
L'amico non fece una piega. Girò le spalle e si allontanò dallo spogliatoio, dal palasport e da lui.
Passarono i mesi. Ci furono altri incontri più o meno convincenti ma comunque sempre vittoriosi e accompagnati dalla grancassa delle persone vicine e lontane, dei giornalisti accondiscendenti e improvvisati, dei tecnici da week end.
E arrivò il grande appuntamento...
Finì malissimo. Come nessuno si sarebbe mai aspettato.
Alcuni giorni di lacrimata generale tra i conoscenti e sulle pagine dei giornali.
Poi stop! Silenzio totale. Nessuno vicino.
E finalmente, in un pomeriggio malinconico e inutile passato sul divano, la decisione.
Prese il telefono e premette il tasto sul nome dell'amico mandato a quel paese che non sentiva più da tanto, però mai cancellato dalla propria rubrica.
"Sono io!-Disse-Sono stato uno stronzo e tu avevi ragione. Un vero pugile deve fare quello che bisogna fare. Scusami...Adesso va tutto male e non so che fare...".
Un istante di silenzio, eppoi: "Che problema c'é? Siamo ancora giovani e ti rifarai! Devi solo ricordarti che gli amici sono quelli che ti dicono la verità. Io te l'avevo detta per aiutarti e non per ferirti...Andiamo a mangiare una pizza al solito posto? Tra un'ora?...Arrivo!".

Alla fine, la Boxe è sempre la Boxe

Gioconda

Molto spesso chi ama e frequenta la boxe non ne può più di ciò che le sta attorno. 

Un po' per volta si abitua ad osservarla come un magnifico quadro circondato però da cose inutili, cianfrusaglie, oggetti senza valore, parole piene solo di rumore che finiscono per ostacolarne la visibilità e persino a metterlo in secondo piano. Come una tela appesa in un angolino polveroso della parete più nascosta e buia della casa.
Ma proprio perché la ama, l'appassionato non si stanca di attendere. E pazienta, pazienta, pazienta...
Sa bene che infatti, ad un certo punto, suonerà il gong e magicamente la confusione e la polvere scompariranno.
Ed eccola infatti, la boxe. Al centro della scena. Finalmente soltanto lei.
Chiara, inconfondibile, magica...
Come un quadro speciale, un'opera d'arte che ha riguadagnato il posto migliore nella sala più importante del museo.
E per qualche tempo nessuno le potrà mancare di attenzione e di rispetto.
Perchè la boxe è la boxe.

Da sempre...

Insultare battendo i tasti...Essere campioni...

DuranFamiglia

Si conclude con il brano che segue il mio libro "Duran!Duran!Duran!", ove ho narrato le vicende delle quali sono stato in gran parte testimone diretto, per ovvie ragioni familiari.
In un tempo nel quale chiunque attraverso internet può dire ciò che vuole e mancare di rispetto a campioni di qualsiasi disciplina sportiva, l'ho trovato perfetto per testimoniare, attraverso la storia di Carlo, Massimiliano e Alessandro, la mia gratitudine verso gli atleti di tutti gli sport che hanno dedicato i migliori anni della loro vita per rendere più bella anche la nostra, spettatori delle loro imprese raggiunte attraverso percorsi costellati di immani fatiche, sofferenze terribili, atroci delusioni e meravigliosi trionfi...
Perchè questa è la vita dei campioni, tali divenuti non per caso o per altrui generosità ma conquistando ogni vittoria con le unghie e con i denti...

"Nel 2005, il direttivo mondiale del Panathlon Club conferì ad Alessandro Duran, a Varsavia, il prestigioso "Premio Fair Play” ritenendolo un esempio di serietà, dedizione e cavalleria sportiva; il trofeo, riservato solo a pochissimi atleti, rappresentò in un certo senso l’ultimo successo dell’ultimo dei Duran.
Si concluse così la lunghissima fiaba dei Duran, iniziata mezzo secolo prima quando l’ancora adolescente papà Carlo fu trascinato dai fratelli in palestra a Buenos Aires eppoi dipanatasi attraverso mille avventure e indimenticabili battaglie sui ring di ogni parte del mondo, a cui diedero in seguito il loro fondamentale contributo i figli Massimiliano e Alessandro, mamma Augusta e tutti coloro che “portarono il secchio” per la buona causa di una famiglia che tra le sedici corde ha davvero speso il meglio della vita.
La boxe è una follia, un paradosso che avvinghia e non abbandona più chi le si avvicina.
Appena scesi dal palco cordato, spentesi le luci della ribalta sopra le loro teste, Massimiliano e Alessandro hanno cominciato infatti ad attingere al profondissimo pozzo dell’inestinguibile amore per la Nobile Arte e a trasmetterne ad altri il “verbo”, nella speranza che prima o poi qualche ragazzo della loro Pugilistica Padana ne raccolga il testimone.
L’attesa di ciò che dovrà accadere, la fede che il sogno prima o poi s’avvererà, la convinzione che anche le sofferenze possono rendere la vita più meritevole d’essere goduta, il continuare a guardare avanti, avanti, avanti... e lottare.
Ecco l’essenza dei pugili, che tali rimangono per sempre.
Ecco la scelta per cui, in ogni caso, si può ben dire che i Duran-Duran-Duran, come prevede il finale di ogni fiaba che si rispetti, vissero felici e contenti".

C'E' TRISTEZZA NELLA BOXE? SI', PERCHE'...

GioiaDolore

"Coloro che non amano non hanno mai grandi gioie; coloro che amano spesso hanno invece grandi tristezze"
(Jean-Benjamin de Laborde)

Un amico mi ha detto: "Ho letto tutti i tuoi libri e mi sono piaciuti tanto...Ma perché così spesso hanno un fondo di tristezza?".
Non ci avevo mai pensato. E non ho saputo cosa rispondere, se non..."Perchè mi sono venuti così". E non è in verità una gran risposta.
Poi ho riflettuto e forse ho capito la ragione per cui in effetti distendo sopra le mie parole un'involontaria nube scura anche quando ciò che racconto dovrebbe essere illuminato dall'allegria e dall'ottimismo.
Ma il pugilato è uno sport di confine e come tale, anche per ragioni famigliari e affettive, l'ho sempre vissuto con sofferta passione.
E' uno sport di confine perchè è in perenne ed instabile equilibrio tra gioia e dolore, trionfo e dramma, speranza e disperazione. I pugili camminano su un lungo filo che attraversa il precipizio.
Un passo solo e tutto cambia.
Ogni volta è così. Per uno che vince ce n'è uno che perde, ma perde davvero e non di rado soffre nel corpo e nell'anima.
Non subisce una sconfitta per un goal o per un decimo di secondo di ritardo o per una pallina finita in rete.
Subisce una sconfitta che fa male e talvolta tanto...
E da qualche parte, vicino al ring o a casa in trepidante attesa vicino al telefono, qualcuno ha paura.
Una paura reale.
Non quella del tifoso che teme per il risultato e l'indomani se n'è già dimenticato...
E' la paura di chi teme per l'incolumità di colui al quale vuole bene. Di chi trema per il sangue che gli scende sul volto o le gambe che vacillano. E' l'angoscia di chi assiste ad un atterramento e si sente morire dentro e ad ogni secondo scandito dall'arbitro vorrebbe correre ad aiutare il proprio caro per paura che non si rialzi.
Questa è la terrificante bellezza del pugilato, il suo angosciante fascino, il segreto che ne fa lo "sport-non solo-sport".
Tale caratteristica, unica o quasi tra le discipline agonistiche, avvince, esalta, sconvolge, sommerge di gioia o di dolore chi lo ama, a partire dai pugili per arrivare a tanti ignoti spettatori.
Ecco perchè dalla penna mi sfugge sempre un velo di tristezza.
Non mi riesce di guardare una sfida di boxe come una rappresentazione da accompagnare con trombe, tamburi, cori spensierati o di dileggio verso l'altra fazione.
E' troppo serio ciò che accade sul ring.
Merita partecipazione, rispetto, solidarietà e molti pensieri. Sia nella vittoria che nella sconfitt
a.
Come in tutte le vicende che la vita ci riserva, non mi riesce di vedere mai una gioia senza ombre o un dolore senza un lume.
E il pugilato è qualcosa che assomiglia maledettamente alla vita,
Per questo meriterebbe di non morire mai.

NELLA VITA NON C'E' RING

Ring
Se la realtà quotidiana fosse delimitata da un perimetro quadrato, se l’arbitro e i secondi potessero essere vicini per dirci ciò che possiamo o non possiamo fare, se gli scontri fossero a parità di forze sotto le luci dei riflettori e il verdetto stabilisse con onestà chi vince e chi perde, tutto sarebbe più facile.
Così non è, purtroppo…
La vita è un combattimento complicato, sovente senza regole e cavalleria, che non ha un gong d’inizio e di fine e soprattutto non ha luci sulle nostre teste per togliere le zone d'ombra.
La vita non è sul ring. Nella vita non c'è ring.
Magari ci fosse!

RIFERIMENTI

BOXE RING WEB

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Autorizzazione

Tribunale di Forli' n. 2709

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