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Storie di Boxe

LA BOXE AGONISTICA E' PER POCHI!

di Gualtiero Becchetti

Ko
"Talvolta si crede di volare e invece sono calci nel sedere"
(Fausto Melotti)

 

Chi dice che é per tutti o non sa cosa sia o racconta frottole.
L’allenamento di pugilato é per tutti!
Anzi! Di più…Andrebbe consigliato a tutti.
Ma battersi sul ring é un’altra cosa.
C’é la stessa differenza che passa tra un normale automobilista patentato e un pilota di Formula1!
Per essere un pugile vero occorre il fisico perfetto, il carattere, un allenatore degno di tale nome, una sufficiente sapienza tecnica, un enorme spirito di sacrificio, un’autodisciplina ferrea, una preparazione senza sconti, una famiglia collaborativa, l’età giusta e persino degli amici adeguati che dicano sempre la verità.
Nel bene e nel male.
Altrimenti il pugilato può essere molto, molto pericoloso e causare disastri.
Non é una partita a tennis né una corsa tra i prati. Nemmeno una scazzottata ai video-giochi.
Troppo spesso infatti si deve parlare di qualcosa che non doveva accadere ed é accaduto e a cui non si riesce mai a scrivere la parola “fine”.
Il dramma della boxe moderna é che é diventata preda di chiunque…
Il muro di separazione tra finzione e realtà è ormai quasi trasparente.
Internet eleva a livello di campioni ragazzi alle prime armi che talvolta nemmeno dovrebbero indossare i guantoni. Non ci sono più limiti di età e gente adatta ad accudire i nipotini fa ancora a pugni tra le sedici corde.
Tra la competenza, l’esperienza, la vocazione del tecnico e il diplomino da appendere al muro conquistato con una manciata di euro non c’é quasi più differenza.
Chi vince match senza valore diventa in un attimo aspirante al titolo mondiale e chi subisce una batosta é al contrario incitato dagli ultras della curva di Facebook a provarci e riprovarci ancora, come se prendere pugni avesse gli stessi effetti di sbagliare una buca giocando a golf…
Accade perché le voci prevalenti del pugilato contemporaneo sembrano essere quelle degli anonimi “intenditori” dei “social”, quelli che scrivono “box” e sul ring (e forse persino a bordo ring) non ci sono mai stati ma soprattutto mai ci andranno!
Non é raccontando bugie che si rende un buon servizio al pugilato! Non é descrivendolo come un’innocua competizione tra ragazzi di carattere focoso o un’amena attività che si può svolgere allenandosi quando se ne ha voglia e tempo.
Bisognerebbe sempre e crudamente affermare la verità, anche se essa può deludere nel profondo chi l’ascolta.
Per un giovane o una ragazza sentirsi dire che non si possiedono le doti per combattere o che é giunto il tempo di smettere o che una determinata vittoria è cosa di poco conto mentre una determinata sconfitta é risultata troppo dura o che per gioco e senza allenamento si va in pizzeria ma non sul ring, é ovvio che provochi dolore, rabbia e frustrazione.
Ma sempre meno di quando si é lassù, a mettere a repentaglio da soli la propria integrità fisica, talvolta la vita, perché non si sa bene cosa sia il pugilato dal momento che nessuno l’ha loro mai spiegato in modo approfondito e preciso.
Una disciplina meravigliosa, uno “sport-non solo sport” senza eguali, un’attività educativa e formativa come poche altre.
Purché coloro che possono veramente permettersi di praticarlo non debbano pagare un prezzo troppo alto.
Altrimenti la Noble Art può trasformarsi in una strega cattiva. E il dolore sarà di tutti.

 

"LA BOXE FA CIO' CHE VUOLE". Il mio nuovo libro è reperibile nelle maggiori librerie e nei siti librari di internet (Pag. 250 - Ed. Edizioni Slam - Absolutely Free Libri-Roma).

La boxe fasulla fa concorrenza a quella vera...Che tristezza!

di Gualtiero Becchetti

PugiliVecchi

Considero i “Fantasy Match”, quelli ormai impossibili, un passatempo, un modo come un altro per trascorrere qualche minuto dibattendo su ciò che ti piace, come se ci si trovasse al bar in attesa che ti servano il caffè. Tanto alla fine, per ovvie ragioni, nessuno é in grado di dimostrare nulla e resta quindi fermo sulle proprie opinioni.

Ora però la questione sta diventando sconcertante perché i “Fantasy Match” sembrano prendere forma come fantasmi in una seduta spiritica.

Molte vecchie e persino decrepite "glorie" sono già rientrate sul ring o si dicono in procinto di farlo. Quasi sempre per nostalgiche esibizioni spacciate astutamente per “match veri” o per affrontare "sgangherati" avversari divenuti famosi su Youtube o nelle discoteche, nemmeno in grado di mettersi in guardia.
Ribadisco soltanto quanto sia malinconica e rischiosa, a mio modestissimo parere, l’ipotesi di rivedere tra le sedici corde viso-a-viso i protagonisti di un’epoca passata e sepolta. Sono comunque disponibile a rimangiarmi ogni parola e ad ammettere la mia totale incompetenza ad una condizione: che venga provato scientificamente che il cinquantenne ex-campione di oggi é almeno pari al trentenne che fu, in termini di efficienza fisica, psicologica e padronanza tecnico-atletica del ring.
Ecco. Da quel giorno sarò il primo a sedermi sotto al ring o dinanzi al televisore per ammirare i miei beniamini risorti sportivamente a nuova vita.
Impossibile? Infatti…Impossibile!

Altrimenti nel Calcio, ad esempio, perché non presentare la Nazionale azzurra di Madrid o di Berlino al posto dell’attuale non esaltante formazione? Perché nel Ciclismo non applaudire ancora Bugno lungo i tornanti dello Stelvio e, nell’Atletica Leggera, Sara Simeoni che vola oltre l’asticella dei due metri?…
C’è un tempo per essere campioni e un tempo per riposarsi e ricordare.
Purtroppo.
Le motivazioni non contano! Anzi, intristiscono maggiormente.
Bisogno di denaro? Incapacità d’accettare di non essere più i protagonisti?
In ogni caso non é ciò che si vorrebbe per gli dei del ring, delle strade, delle piste, delle piscine e dei campi…
Come se a sfilare per il concorso di Miss Italia fossero le vincitrici di una volta, ora attempate signore con i segni più o meno marcati di un'età incombente.
Accontentiamoci allora dei “Fantasy Match” disputati solo a chiacchiere o a colpi di tasto su Facebook…
Almeno non fanno male a nessuno se non al fegato di qualche esagitato, capace d’infuriarsi sull’esito d'impossibili, immaginarie sfide come Marciano-Fury, Monzon-“Canelo” Alvarez o Leonard-Crawford.
Assecondare la comprensibile e insensata debolezza umana di sognare il miracoloso “ritorno al passato” dei tanti campioni in fila per indossare di nuovo la tenuta da combattimento non é una buona cosa. Principalmente per i campioni stessi, ma pure per noi.
Sono match più o meno veri ma fanno male…Molto male. Al nostro cuore di appassionati e soprattutto alla salute di chi ci prova.
Una stella cadente non avrà mai il fulgore del sole in una limpida mattinata d’estate. Non c’è niente di allegro nel guardare le macerie di un passato irripetibile.
Almeno per me è così.
I “miei” idoli del ring voglio ricordarli per sempre al di fuori del tempo, quando erano inarrivabili e perfetti. Non ritrovarli come brutte copie o caricature di se stessi.
Hanno già dato.
Adesso basta, per favore.
E coloro che poi non sanno neppure distinguere tra una malinconica "esibizione" tra anziani e un combattimento vero, si diano una calmata.
Vederli esaltarsi per il nulla non depone molto a favore della loro cultura pugilistica.

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Caro pugile, o batti i migliori o non sarai mai il migliore!

Aquile

 

di Gualtiero Becchetti

“A volte fare del proprio meglio non è abbastanza; dobbiamo fare ciò che è necessario”
(Winston Churchill)

Servono tantissime qualità fisiche, morali e tecniche altrimenti non c’è niente da fare. Per di più tutte insieme, dal momento che la mancanza di appena una di esse annulla pure le altre. Per tale motivo la realizzazione del progetto di diventare protagonisti di buon livello é privilegio di una sparuta minoranza.
Per la maggior parte degli aspiranti campioni si parla con rimpianto, lo sanno bene gli appassionati e gli addetti ai lavori, di pugili che erano bravi tecnici MA non avevano voglia di allenarsi, che godevano di potenza MA non incassavano, che avevano coraggio MA non sapevano difendersi o che possedevano tutto ma MA avevano paura…
Insomma, é sufficiente un sassolino più o meno grande nel “motore” del pugile ad impedirgli di divenire uno di quelli che contano.
Inoltre la trafila é inevitabilmente lunga, faticosa, tribolata. Una strada in costante salita e senza discese, che nasconde insidie ad ogni metro.
Di Wilfredo Benitez e “Chocolatito” Roman, tanto per fare due nomi, già “fenomeni” quando ancora non avevavo ancora la barba sul mento, ne nasce uno “ogni morte di Papa”…
Per i più la trafila é sempre la stessa: scuole elementari, superiori, università e laurea. Non ci sono segreti, non esistono magie.
Il prudente e doveroso debutto, una fase di assestamento atletico, tecnico e caratteriale eppoi i primi gradini di un’interminabile scala dai pioli ogni volta sempre più alti, ostici e traballanti.
Quando le categorie di peso erano solo otto, le sigle due e i titoli tre (nazionale, continentale e mondiale), era tutto più semplice da capire e da seguire. Se eri bravo, dopo almeno venti-trenta match vincevi la prima cintura (ed era già impresa tutt’altro che semplice), poi cominciavi a batterti con qualcuno tra i primi dieci della classifica europea e se ti dimostravi all’altezza potevi giocarti la grande carta (un tempo valeva molto spesso più di un attuale titolo iridato sia in termini di popolarità che economici). Se poi ti riusciva questa già straordinaria impresa, ecco l’immensità della prospettiva mondiale, alla quale eri ammesso dopo che almeno quattro o cinque tra i primi quindici-venti delle classifiche li avevi affrontati e sconfitti. Essere salito sul ring per disputare il titolo del mondo era già un onore che restava impresso per sempre nella storia del pugilato italiano, anche se non lo si conquistava. Basti ricordare le sfide di Tiberio Mitri a Jack La Motta e di Giulio Rinaldi ad Archie Moore, tuttora ricordate a decenni e decenni di distanza da chiunque “mastichi” un minimo della storia del pugilato, sebbene entrambe conclusesi con chiare sconfitte.
In verità, in altre parti del mondo la strada del pugile é rimasta quasi la stessa. In fondo é fondata sulla concretezza, sul buon senso, sull’esperienza e la competenza. Elementi che non passano mai di moda. O almeno non dovrebbero…
Il fiorire inarrestabile di sigle e categorie dai pomposi appellativi ha falsato e “ingarbugliato” purtroppo la realtà. La “fame” di protagonisti in grado di immettere nuova linfa nelle malmesse radici della boxe verde-bianco-rossa s’aggrappa sovente a cinture di modestissimo peso, a combattimenti che non producono progressi per l’irrilevanza degli accoppiamenti, a sogni che rimangono sempre sospesi nell’aria perché alla prova dei fatti si teme di sottoporli alla prova della realtà.
E la gente, soprattutto quella più giovane, non ha più pietre di paragone nè il metro di giudizio per misurare le potenzialità dei pugili. La gente più giovane, disabituata ad assistere da troppi anni a grandi manifestazioni, a vedere all’opera pugili di alto livello, ha il grande vantaggio rispetto a quella più vecchia di non soffrire di nostalgia, di non essere pedante e brontolona, però “sa” poco di boxe e non per colpa sua ma perché i tempi grami le hanno impedito di “imparare”, compresi tanti giornalisti e telecronisti che dovrebbero divulgare e spiegare la Noble Art e invece, sempre per gli stessi motivi, sono acerbi-acerbi-acerbi…
Ragazze e ragazzi che nemmeno sanno come ci si benda le mani cominciano a reclamare il tricolore dopo avere battuto due camerieri, un postino e un impiegato del catasto, sospinti da una manciata di tifosi ciecamente incompetenti ormai abituati a considerate il titolo nazionale come un biglietto dell’autobus alla portata di chiunque. Poi, impossessarsi di qualche colorata e risplendente cintura fantasiosa battendo sempre i medesimi camerieri, postini e l’impiegato del catasto provenienti però dall’estero sbandierando nomi esotici, giustifica la pretesa di parlare di campionati d’Europa e (mamma mia!…) del mondo!
Non funziona così e i risultati lo dimostrano. In maniera cruda e impietosa. Non si salta dalle elementari all’Università in un colpo solo. Costruire un castello di sabbia in spiaggia non dimostra che si é in grado di edificare il ponte di Genova.
Un passo alla volta, ma via-via sempre più lungo e rapido del precedente, ci si può avvicinare alla meta. Titolo europeo? Si battano alcuni dei migliori in Europa! Titolo mondiale? Si battano alcuni dei migliori al mondo! Poi si vedrà…
In caso contrario, si caricano sulle spalle dei pugili responsabilità enormi e illusioni pericolose che complicano solo le cose. Un peso insopportabile che finisce per trasformare in dramma ogni scivolone sempre possibile allorché ci si confronta con avversari bravi, cioè quelli che rappresentano i progressivi esami che trasformano con il tempo il bimbo delle elementari in un laureato.
Ogni cosa, nell’umana esistenza, la sperimentiamo per verificarne pregi e difetti. Dalla ricetta di cucina al funzionamento di un motore, dalle leggi della Fisica ai pantaloni nuovi. Avviene pure per gli atleti. Deve avvenire! O prima o poi si scoprirà che tutto era il contario di ciò che si pensava…
E basterà purtroppo un ostacolo di pochi centimetri a dimostrarsi insormontabile.

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Logora più il professionismo o il dilettantismo d'élite? Chi ha la risposta?

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di Gualtiero Becchetti

Il pugilato dilettantistico è considerato una disciplina per (quasi) tutti, partendo comunque dal presupposto che ogni attività agonistica in cui sia contemplato il contatto fisico richiede di procedere con “piedi di piombo” per tutelare l’incolumità dei protagonisti. La boxe, fra tutte, è sempre stata ritenuta la disciplina di “contatto” per eccellenza.
Noi, appassionati o addetti ai lavori, abbiamo sempre tracciato quindi una demarcazione netta tra dilettantismo e professionismo, considerando il primo una specie di “surrogato” e/o un tirocinio nella prospettiva del secondo, per chi avesse in animo di tentare l’avventura a torso nudo. Ora ciò è mutato e addirittura l’Aiba ha abolito il dilettantismo come l’avevamo sempre conosciuto, amato e promosso, passando ore ed ore a convincere mamme, fidanzate, mogli, insegnanti di scuola e opinionisti dei modesti rischi insiti in tale attività e di quali valori educativi e formativi sia invece portatrice la boxe. Non è il momento di rinfocolare polemiche e d’altro canto confesso che non sarei in grado di aggiungere nulla di nuovo all’argomento, nutrendo scarsissima fiducia verso l'Aiba, che ha saputo solo cambiare nome (Iba), restando purtroppo uguale in tutto il resto.
Ciò di cui voglio ragionare invece è altro e non pretendo di fornire risposte certe, che non ho; si tratta solo di affidare l’argomento a chi ama la boxe e la segue in qualsiasi veste, da pugile a tecnico, da spettatore ad arbitro, da medico a commentatore. Insomma, “la butto lì”, come si dice…
Diamo per scontato che il dilettantismo “normale” sia molto meno duro del professionismo, tanto per la durata dei match che per l’attrezzatura usata e per i diversi criteri di conduzione degli incontri da parte degli arbitri e degli “angoli”. E' un fatto pressoché assodato. Però da tempo mi "frulla! un insistente dubbio: siamo proprio sicuri che dilettantismo di alto livello (quello delle grandi competizioni internazionali, per intenderci) sia meno logorante del professionismo?
Qualsiasi atleta è fatto di fisicità e di "testa" e se uno dei due elementi cede, si trascina inevitabilmente dietro pure l’altro.
Questa è l’osservazione dalla quale si deve partire.
Sappiamo bene che i dilettanti d’élite, almeno in Italia, cominciano a vivere da collegiali in età spesso molto precoce per arruolarsi poi sovente in qualche corpo miltare dello Stato ed essere così sradicati dalla quotidianità tipica dei coetanei. Una cosa non da poco. I lunghi e frequenti “ritiri” ad Assisi o in altre località con il tempo stancano, immalinconiscono e quello che è sopportabile a 16/18 anni lo diventa sempre meno da adulti.
Per non parlare dei tornei in giro per l’Italia e per il mondo, sempre più difficili quanto più si è bravi.
Gli sforzi precoci si pagano anche se si possiede tanto talento. Tralasciamo lo spaventoso impegno fisico, il fatto di avere perennemente la valigia in mano e le battaglie sostenute pure durante gli allenamenti, dove si deve comunque dimostrare sempre d’essere il n°1; pensiamo allo stress psicologico di salire e scendere dal ring a ritmi quasi frenetici, senza avere neppure il tempo di metabolizzare la vittoria che già si deve pensare a qualcuno che dopo poche ore si parerà davanti per vincere, avendo spesso da litigare pure con la bilancia…E così per settimane, mesi, anni…
Basta moltiplicare il numero delle riprese per il numero dei match disputati e si scopre che è praticamente impossibile che un professionista di livello appena discreto ne abbia sostenute altrettante, ma con una differenza sostanziale: tra un combattimento e l’altro il prof ha periodi più o meno lunghi di sosta, a casa sua e tra i suoi affetti, il tutto intervallato anche da impegni di comodo, mentre il dilettante d’élite apprende giorno per giorno chi affronterà ed è certo che chiunque si troverà dinanzi, non sarà né un mestierante né un rassegnato perdente, bensì un giovane che comunque ci “proverà” sino alla fine.
Io sono tra coloro che ritengono che in un atleta di qualsiasi disciplina ceda prima la testa dei muscoli e scommetterei che numerosi ragazzi passati come meteore nell’Olimpo del dilettantismo per poi scomparire nel nulla, si siano proprio "esauriti" sul piano psicologico. Potrebbe essere lunghissimo l'elenco dei ragazzi che nel dilettantismo d’élite si sono persi. Basta scorrere le tantissime foto pubblicate in Facebook, relative alle Nazionali di epoche passate. Quanti volti sorridenti di grandi "speranze" svanite nel nulla...
Ma è inutile rigirare il coltello nella ferita.
L’unica soluzione, a mio parere, sarebbe quella di consentire anche ai “big” di tirare il fiato, di ricaricare le pile, di rinvigorire la mente perché il corpo la segua. Probabilmente bisognerebbe rinunciare a qualche vittoria, a qualche passerella, a qualche vantaggio immediato, però qualcosa vorrà pur dire se tra i professionisti sono ancora alla ribalta pugili in età da “pantofole e telecomando”, mentre numerosi e ben più giovani dilettanti élite sembrano accusare il fiato corto assai prima.
Se i muscoli cedono è relativamente facile rinvigorirli; sicuramente più facile che restaurare le crepe oscure della mente.
Ma i tecnici, i medici e gli psicologi (del pugilato in particolare) ne sanno tanto più di me e sarebbe interessante che si pronunciassero su questo dilemma: è più logorante il professionismo o il dilettantismo d’élite?
Io ho lanciato il sasso! Chi ha la risposta?

 

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Tuffandosi tra fotografie e pensieri...

FotoVecchie

di Gualtiero Becchetti

Spesso mi capita, per curiosità, di andare in cerca di foto pugilistiche del tempo che fu.
Ne possiedo migliaia gelosamente conservate e provenienti da ogni angolo d’Italia e del mondo. Pugili famosi e pugili sconosciuti. Campioni e modestissimi comprimari. Ma non scelte a caso! Ciascuna di quelle immagini ha per me un significato particolare perché collegata a fatti, persone, aneddoti che sono stati importanti in certi momenti della mia vita. A dimostrazione che, senza neppure saperlo, anche la più modesta delle “comparse” che ha scavalcato le corde del ring una pur lieve traccia di sé l’ha lasciata.
Bellissimo, se ci si pensa…
Inoltre, spesso m’imbatto su Facebook, anche nelle fotografie pubblicate dai fedeli reduci di “rimpatriate” con i vecchi amici e avversari dei “bei tempi” per rinverdire costantemente il legame tra gli eterni ragazzi che condivisero gli esaltanti saliscendi di un’avventura che li ha “marchiati” per sempre, come un tatuaggio dipinto nel cuore.
Osservando i volti attuali, sorridenti attorno ad una tavola imbandita o mischiati a tantissimi nella classica foto di gruppo “a squadra di calcio”, mi diverto a riconoscerli: talvolta con facilità, altre con fatica e altre ancora proprio devo rinunciarvi. Poi ci sono ulteriori immagini connesse all’attività agonistica di quei favolosi anni “60/”70: trasferte con le squadre nazionali, match con i colori azzurri o delle compagini dei corpi militari…
Inevitabili scattano le riflessioni, come una lampadina che s’accende all’improvviso nel buio. Alcuni di quei giovani divennero in seguito stelle di prima grandezza, altri ottimi e popolari pugili, molti di più sono stati coloro che chiusero la loro parabola rapidamente o senza avverare le speranze che li circondava.
La boxe è una disciplina estremamente selettiva e senza scorciatoie.
Tanti non avevano forse il talento per andare oltre o difettavano del necessario spirito di sacrificio e di sopportazione o s’imbatterono in ostacoli imprevisti o in persone sbagliate o furono “spremuti” sino alla buccia quand’erano ancora frutti troppo immaturi. Fatto sta che quelle foto hanno immortalato atleti sul futuro dei quali tanti appassionati avrebbero scommesso la casa e che invece si dipersero lungo l’impervio sentiero che conduce in alto.
Le carriere sarebbe sempre saggio valutarle alla fine e non all’inizio; il valore dei pugili soppesarlo con la bilancia dei risultati e non delle illusioni.
Ma al cuore non si comanda…

Non importa.
O quantomeno non importa più come una volta. E’ tutto alle spalle ormai.
Chi non ha radici non ha né passato, né presente, né futuro. Vale sempre questa regola. Gli anziani-giovani che si ritrovano a sfidare qualche acciacco, anni e trigliceridi per la gioia di ritrovarsi sono un ottimo concime. Un concime per le generazioni di domani. Un concime per uno sport-non solo sport colpito al cuore, ma che non s’arrende.

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La boxe di ottobre, emittenti e orari di tutti gli incontri in diretta televisiva

ko

 

Si comincia sabato prossimo, per finire il 30. Ottobre intenso per il pugilato televisivo. In campo tre emittenti: DAZN, mola.tv e RaiSport.
Eubank vs Benn, l’europeo gallo di Lorusso, il primo match italiano da professionista di Guido Vianello, il mondiale unificato Shields vs Marshall sono gli eventi clou.

8 OTTOBRE

Da Londra (Inghilterra)
Medi: Chris Eubank (32-2-0, 23 ko) vs Conor Benn (21-0, 14 ko)
Match saltato, riunione rinviata. Conor Benn positivo al primo contro antidoping della VADA. Il BBBC ha vietato il combattimento: “Non è nell'interesse della boxe".

14 OTTOBRE
(RaiSport, ore 22:35, telecronista Davide Novelli)
Da Monza (Italia)
Gallo (europeo, vacante): Alessio Lorusso (18-4-2, 6 ko) vs Sebastian Perez (13-2-1, 2 ko)

15 OTTOBRE
(DAZN, ore 8:30, telecronista Niccolò Pavesi, commento tecnico Alessandro Duran)
Da Brisbane (Australia)
Superleggeri: Liam Paro 22-0, 16 ko) v Brock Jarvis (20-0, 18 ko)

15 OTTOBRE
(DAZN, ore 20, telecronista Niccolò Pavesi, commento tecnico Alessandro Duran)
Jay Swingler vs Chad Cherdleys Lebanon

15 OTTOBRE
(mola.tv, ore 20:30, telecronista Manolo Chirico, commento tecnico Roberto Cocco)
Da Londra (Inghilterra)
Medi (unificato, Wbc, Wba, Ibf, Wbo) Claressa Shields (12-0, 2 ko) vs Savannah Marshall (12-0, 10 ko)

21 OTTOBRE
(DAZN, ore 02:00, telecronista Niccolò Pavesi, commento tecnico Alessandro Duran)
Da Indio (Stati Uniti)
Leggeri: Floyd Schofield (11-0, 9 ko) vs Daniel Rosas (22-5-1, 14 ko)

23 OTTOBRE
(DAZN)
Da San Diego (Stati Uniti)
Mosca (interim WBC): McWilliam Arroyo (21-4-0, 16 ko) vs Joselito Velasquez (15-0-1, 10 ko)

28 OTTOBRE
(mola.tv, dalle 19:30, telecronista Manolo Chirico)
Da Roma (Italia)
Massimi: Guido Vianello (9-0-1, 9 ko) vs Jay McFarlane (13-6-0, 5 ko)

29 OTTOBRE
(mola.tv)
Da Birmingham (Inghilterra)
Massimi: Hughie Fury (26-3-0, 15 ko) vs Michael Hunter (20-1-2, 14 ko)

29 OTTOBRE
(DAZN dalle 23, telecronista Niccolò Pavesi, commento tecnico Alessandro Duran)
Da Londra (Inghilterra)
Leggeri (donne, mondiale unificato , Wbc, Wba, Ibf, Wbo) Katie Taylor (21-0, 6 ko) vs Karen Elizabeth Carabajal (18-5-1, ko)

30 OTTOBRE
(DAZN dalle 11)
Da San Diego (Stati Uniti)
Leggeri: Joseph Diaz (32-2-1, 15 ko) vs William Zepeda (26-0, 23 ko)

La boxe è solitudine disagio che colpisce anche i campioni…

Cover


È uscito il nuovo libro di Dario Torromeo. Storie di campioni, tormenti di uno sport comunque affascinante... 

Per l'Italia del pugilato sarà davvero dura qualificarsi per i Giochi

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La Task Force del Comitato Olimpico Internazionale ha ridisegnato il calendario delle qualificazioni per Tokyo 2020 (dal 24 luglio all'8 agosto 2021).
Le qualificazioni europee, in programma a marzo nella sede di Londra, sono state posticipate a giugno (dal 4 all'8) a Parigi. Quelle dell'America si disputeranno, dal 10 al 16 maggio, a Buenos Aires.
Annullato il torneo mondiale di ripescaggio, inizialmente in calendario a giugno nel Palasport di Parigi.
Dopo la conclusione dei tornei di qualificazione continentale (Africa e Asia/Oceania hanno già chiuso i loro incontri) la Task Force elaborerà nuove classifiche mondiali dalle quali saranno presi 53 pugili (in migliori posizionati per ogni categoria di peso) che andranno a coprire i posti ancora a disposizione per i Giochi.
Brutta notizia per l'Italia. Parte importante nelle nuove graduatorie avranno gli ultimi tornei mondiali e da lì non è che siamo usciti molto bene. A Eakaterinburg (9/21 settembre 2019) l'Italia non è mai salita sul podio nel torneo maschile.
A Ulan-Udè (3/13 ottobre 2019) la sola Angela Carini (argento categoria 64 kg, foto) è l'unica ad avere ottenuto una medaglia.
Non conosco i criteri esatti con cui il CIO compilerà le graduatorie, ma è certo che Clemente Russo non potrà coronare il sogno di una quinta Olimpiade. I nostri dovranno conquistare, tranne un paio di eccezioni, la partecipazione olimpica nei match che mancano al completamento della selezione europea.
Vediamo quale è la situazione.
Uomini.
Fiori negli 81 kg ha un avversario temibile. Il russo Imam Kathaev ha dimostrato di avere pugno pesante, di essere un rivale davvero pericoloso. In caso di successo il pugile italiano si troverebbe, quasi certamente davanti l’azero Alfonso Dominguez, testa di serie numero 2 del tabellone.
Mouhiidine nei 91 kg affronterà il turco Ylyas, poi dovrebbe incrociare il russo Muslim Gadzhimagomedov, il rivale più pericoloso dell’intera categoria.
Donne.
Cinque ancora in corsa.
Nei 57 kg Irma Testa trova subito la russa Ludmila Vorontsova, testa di serie numero 1 del torneo.
Nei 60 kg Rebecca Nicoli sfida la Tebelova, ma se vorrà approdare ai Giochi dovrà, in caso di vittoria, sconfiggere nel turno successivo la vincente del match tra la Potkonen (finlandese, leader della categoria) e l’inglese Dubois.
Nei 75 kg la Severin deve passare due turni per andare a Tokyo. Prima sfida contro la turca Demir, poi con molta probabilità quella contro la Magomedlieva, russa temibile.
Un solo incontro e il pass in tasca.
Sarà così per Angela Carini nei 69 kg, la francese Sonvico è l’ultimo ostacolo tra lei e il sogno olimpico.
Stessa situazione per Giordana Sorrentino nei 51 kg. La Radovanovic è l’avversaria da battere.

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