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La Boxe nella storia

Battlink Siki il primo campione di colore nacque il 16 settembre 1897

di Leonardo Pisani

Il 16 settembre 1897 a Saint-Louis nel Senegal nasceva Louis Baye Fall meglio conosciuto come Battling Siki, passato alla storia della boxe per essere il primo africano a diventare campione mondiale. 


E’ stato tra i personaggi più pittoreschi della boxe, tanti gli aneddoti sulla sua vita, dal passeggiare per le vie di Parigi con un leone al guinzaglio, oppure le risse per le strade a New York per allenarsi, o il divertirsi a spaventare la gente imitando i gorilla, o sparando con pistole in aria. Ma fu anche un soldato volontario della 1^ guerra mondiale e pluridecorato per il valore e il coraggio dimostrato. Questo fu Batlling Siki, di certo un ottimo pugile, ed anche il primo africano a vincere un mondiale di boxe, nel lontano 24 settembre 1922 quando a Parigi mise ko al sesto round l’orchidea francese Georges Carpentier. L’incontro era valevole oltre per il titolo mondiale dei mediomassimi  e anche per l’europeo dei Massimi e il titolo francese dei mediomassimi. L’incontro fu disputato allo Stade  Buffalo di Montrouge, (Parigi), di fronte ad un pubblico di 40.000 persone.

Pare che Siki si fosse accordato per lasciare strada a Carpentier ma che, subìto un atterramento, per orgoglio si fosse messo a combattere seriamente. Il match terminò al 6º round con un uppercut di destro del pugile franco-senegalese. L'arbitro squalificò Siki con un pretesto, ma i giudici di bordo ring, temendo la folla che minacciava tumulti, dopo una ventina di minuti misero da parte l'arbitro e lo dichiararono campione. Deschamps presentò appello alla decisione, che venne però rigettato. 


Pare che fosse nato con il nome e cognome di Baye Fall e che poi avesse cambiato il nome in Louis, divenendo così Louis Fall. L'ortografia del cognome a volte viene mutata in Phal. Gli furono attribuiti anche il nome e cognome di Amadou M'Barick Fall. Ma sarebbe stato conosciuto soprattutto per il suo soprannome: "Battling Siki".
Nacque nella città portuale di Saint-Louis, Senegal. Nel 1897, le persone nate a Saint-Louis – come a Dakar, Gorée e Rufisque (località allora note in Francia come "Les Quatre Communes") – beneficiavano della cittadinanza francese, mentre gli altri abitanti del Senegal, allora colonia francese, erano sottoposti al cosiddetto Indigénat. Da adolescente si guadagnava da vivere tuffandosi dall'alto di una scogliera per cercare sul fondo del mare le monete gettate dai Francesi, quando fu notato da una ballerina olandese che gli propose di seguirlo come cameriere in Europa.

Divenne indipendente mettendosi a fare il lavapiatti durante uno scalo in Francia, dove di lì a breve, a quindici anni, iniziò la carriera di pugile. Senza molti successi, poi la guerra e il ritorno sul ring questa volta con più determinazione, con circa quaranta vittorie con molti ko che lo portarono a disputare e vincere il titolo contro l’altro pluridecorato della grande guerra. Poi il declino a una vita errabonda, mancanza di allenamenti, nottate nei night, alcool e tanta sconsideratezza giovanile che lo portò a difendere il titolo a Dublino, contro un Irlandese proprio il giorno di San patrizio e anche contro un fortissimo pugile: Mike Mc Tigue che lo batté ai punti pur se verdetto controverso.

Sikì a venticinque anni forse era già un pugile finito, trasferitosi in America combatte tra alterni successi e cocenti sconfitte a volte contro forti boxer come o Kid Norfolk  Paul Berlenbach ma anche con avversari non eccelsi.
 Del resto era un picchiatore, dallo stile poco ortodosso e con poca tecnica ma di una vitalità eccezionale e grande potenza, terribile fighter ma con scarsa capacità difensiva. 
Divenne amico del grande Jack Johnson con il quale fece alcune esibizioni nel Quebec, in Canada e come successe al texano subì il razzismo, egli africano senza istruzione che amava troppo le donne bianche e l’alcool; una volta si lamentò:

"Dei giornalisti hanno scritto che ho uno stile che arriva dalla giungla, che sono uno scimpanzé cui è stato insegnato a portare i guantoni. Questi commenti mi feriscono. Ho sempre vissuto in città. Non ho mai visto la giungla."

Poi l’epilogo: Il 15 dicembre 1925 fu fermato da un poliziotto che lo vide barcollare nella 42ma Strada, non lontano dal suo appartamento di New York. Siki gli disse che era sulla strada di casa e se ne andò. Più tardi fu ritrovato a terra, faccia in giù, con due proiettili nella schiena sparati da distanza ravvicinata. L’assassino non fu mai trovato e anche resta il mistero sui motivi dell’omicidio, con il suo carattere bizzarro e rissoso comunque creava problemi, si vociferò anche di debiti: secondo Lillian Phal, suo marito era stato minacciato da un uomo di nome Jimmy su un debito di 20 dollari. Ma non lo sapremo mai.
La moglie Lilian disse di lui "Un bravo ragazzo, era solo un pasticcione. Non avrebbe mai fatto del male a una mosca." e l’antico avversario Georges Carpentier: "È un peccato che un atleta così magnificamente dotato abbia fatto questa fine. Il tempo in cui i pugili potevano bere e gozzovigliare senza freni è passato. Spero solo che la fine del povero Siki possa servire da lezione agli aspiranti."
Il Reverendo Adam Clayton Powell, il padre di Adam Clayton Powell, Mr., officiò i suoi funerali, che si svolsero a Harlem, New York.
Nel 1993 i suoi resti furono riportati nella città natale di Saint-Louis.

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In carriera sostenne 95 incontri con 65 vittorie(35 prima del limite) 25 sconfitte( 3 prima del limite) e 5 pareggi; sconfisse Georges Carpentier, Rienus "Rene" DeVos, Willem Westbroek, Hans Breitenstraeter, Giuseppe Spalla, Harry Reeve and Ercole de Balzac

Rocco Mazzola il simbolo degli emigranti lucani

 Mazzola Rocco 1

 

di Leonardo  Pisani

Il vecchio pugile mi guardò, e mi disse «In Germania me l’hanno fregato il titolo. Ancora oggi, quando ci penso mi viene da piangere». Dortmund, undici aprile 1959, sul ring per l’incontro principale valevole per il titolo europeo dei mediomassimi l’invitto campione Erich Schoppner, un vincitore del possente peso massimo Henry Cooper, quello che mise al tappeto Cassius Clay, e lo sfidante Rocco Mazzola, già campione italiano dei mediomassimi.

L’italiano di Potenza era nettamente sfavorito, ma sul ring le cose andarono diversamente: dodici riprese combattute sino all’ultimo secondo, poi i verdetti dei giudici ed il teutonico rimane campione europeo. Basta guadare i filmati dell’epoca e notare lo sconcerto del pubblico, tutti tedeschi ovviamente: molti avevano visto Mazzola vincitore. Compreso un talentuoso pugile della nazionale tedesca dilettanti, Joschi Karoli. Ora l’anziano pugile abita a Bad Homburg, vicino Francoforte, parlando con Domenico Friolo, un potentino emigrato in Germania raccontò la sua ammirazione per Mazzola, dicendo che in quell’incontro il lucano avesse smesso di usare un braccio per attaccare, e pensò: parole sue, ad un infortunio taciuto. Per Umberto Branchini, il più grande manager italiano, Rocco aveva vinto, sulla stampa specializzata uscì un giudizio.

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L’italiano aveva perso per la troppa cavalleria, il tedesco invece boxe duro e “sporco”. Mazzola può essere considerato “campione morale d’Europa” ma ancor più il “Campione dei lucani”. Basta quel passaggio di “Rocco e i suoi fratelli” per comprenderlo: Come ti chiami? chiede l'allenatore di boxe Cerri (Paolo Stoppa) Rocco risponde il giovane (Alain Delon). - Come Rocco Mazzola; porta fortuna; sei lucano pure tu... Nella scena prima c'era proprio lui nella palestra il campione italiano mediomassimi e massimi in giacca e cravatta che dà consigli ai giovani pugili, con la sua classica guardia destra. Visconti tra gli interpreti volle anche il campione potentino per tessere ancora di più il legame tra la Lucania ed il film, dove la boxe aveva un ruolo fondamentale. Rocco oggi avrebbe compiuto 84 anni, era nato a Potenza il 20 ottobre 1933. Ci ha lasciati il 18 marzo 2012; una bravissima persona sempre sorridente ed un ottimo pugile; da ricordare sempre. Ho conosciuto di persona e gli ero amico.  Rocco era un uomo leale, buono e molto gentile anche quando per scherzo dava un pugno ancora pesante come un macigno da antico peso massimo. Spesso, quando vivevo in Lombardia gli portavo i saluti dei campioni pavesi Omodei e Campari, di qualche suo ex avversario come Bagnoli. Era contento che ancora si ricordassero di lui. «Leonà. Il titolo europeo me l’hann fregat.» Me lo diceva spesso. Aveva ragione, una cosa non potranno togliere a Rocco Mazzola: era l’orgoglio di quei tanti lucani, umili, poveri, scappati dalla Basilicata per sfuggire alla miseria. Era un simbolo per loro, era uno di loro che ce l’hanno fatta. Ed era un simbolo per chi era rimasto. Il campione che faceva parlare della Basilicata e di Potenza, con la potenza del suo sinistro. Siamo negli anni 50, Mazzola lascia il dilettantismo e emigra a Varese nella scuderia di Libero Cecchi, la guerra è finita da soli 10 anni, l’Italia sta risorgendo ma al Nord, il meridione è ancora più a sud del «Sud.» Rocco ci ha lasciati   5 anni fa, poco per la legislazione nazionale pochi per dedicare una via o un luogo pubblico ad un personaggio. Ma vi sono deroghe, due anni fa lo proposi in una serie di articoli, ne parlai - a livello amicale - con Giampiero Iudicello, consigliere comunale ma anche nipote di appassionato di boxe, amico di Rocco. Da allora tutto fermo o quasi, qualcosa si sta muovendo. Iudicello mi spiega ««Era inizio consiliatura 2015 - Iudicello quando io e te parlammo della idea di intitolare una palestra comunale al pugile Rocco Mazzola. Contestualmente il consigliere Calò propose la stessa cosa avendo interloquito direttamente con la famiglia. Si presentò una mozione in consiglio comunale che vede primi firmatari Calo e Iudicello. La mozione venne sottoscritta da tanti consiglieri al punto che il Sindaco De Luca ritenne che non c’era bisogno di discussione e voto in Consiglio e che si possa recepire e l'indirizzo politico condividendolo in toto. Pertanto si è dato mandato al dirigente di predisporre una delibera per chiudere al Prefetto la autorizzazione in deroga - deroga necessari a non essendo ancora trascorsi 10 anni dalla data del decesso del noto pugile potentino» Quindi allo stato attuale si aspetta soltanto il perfezionamento dell'iter amministrativo». Mazzola merita quella intitolazione non perchè è passato alla storia della boxe nazionale per essere stato il settimo pugile italiano ad aver conquistato il titolo dei mediomassimi e massimi; non perchè è stato uno dei più forti mediomassimi italiani della storia e ora sarebbe un campione mondiale. Mazzola merita una titolazione pubblica perché quegli anni del dopoguerra fu il simbolo di riscatto per tutti i lucani e per tutti i nostri emigranti. Fu un simbolo vero, un simbolo popolare, un uomo che anche nel suo massimo momento di gloria quando frequentava Tognazzi, Coppi, Visconti pensava sempre alla sua Potenza ed alla sua Basilicata. Invito a leggere il libro “Il Biondo – Un pugno alla guerra L’altro per ricominciare” di Gianmarco Blasi per capire il miracolo che l’allenatore Silvio Nocera fece in una Potenza post bellica quando dalla strada creò una delle più forti società di boxe italiane con campioni come Franco Blasi, Bonito e Mazzola. Dal nulla ed in una stanza senza grandi attrezzature sportive. Rocchino è stato il campione delle genti delle Terre di Basilicata. Sul pugile poi molto da dire, gli anni del Mazzola pugile erano formidabili con tanti campioni e tanti ottimi pugili e tanta concorrenza spietata: Rinaldi, Amonti, Baccheschi, D’Ottavio, Bacilieri, Cavicchi, Friso, Scarabellin, in Europa svettavano Erich Schoppner Bubi Scholz, erano i tempi di Archie Moore Harold Jonhson, nei massimi Marciano, Patterson, Ingemar Johansson e Liston. Non è poco, epoca di campioni nella boxe.  Così  lo ricorda l'immenso Sandro Mazzinghi, due volte mondiale dei superwelter quando chiesi di Rocco  : «eccome se me lo ricordo, pugile di alto livello negli anni 50 io ero giovanissimo quando lui combatteva erano i tempi di mio fratello guido 1952/54/59 gran bel peso massimo io ero affascinato dalla boxe volevo diventare un campione come mio fratello guido e nella boxe vedevo la mia vita quindi seguivo tutti i migliori pugili dell'epoca come Mazzola che ricordo in un gran bel match nel 58 , incrociò i guantoni contro D'Ottavio a Saint. Vincent nel giugno del 1958...io ero lì con mio fratello Guido, amico di scuderia di Rocco alla Ignis. Gran bel match grande campione con una tecnica e un movimento del tronco in scioltezza veramente ottima. Sono ricordi lontani di campioni di un passato che purtroppo nella boxe di oggi si stenta a vedere e ricordare». E nel mondo del pugilato anche i mancini non erano considerati bene; difficili da allenare, si cercava di mantenerli nella guardia ortodossa: si diceva che non piacevano al pubblico. Mazzola era un guardia destra e la sua boxe piaceva, tecnica fine e grande cuore; divenne un beniamino dei lucani e un pugile ammirato in Italia. Il valore del lucano si trova nel giudizio di Umberto Branchini, Il “Cardinale” considerava Mazzola quale il 9 mediomassimo italiano più forte mai esistito e lo descrive in questo modo: «Guardia Destra, abile e resistente, combatté anche fra i pesi massimi. Fu campione delle due categorie più pesanti, non conquistò il titolo europeo delle 175 libbre, perché dovette incontrare il campione Schoppner in Germania», questo nel libro intervista l’Avventura curata da Mario Bruno. Raccontai questo giudizio a Rocco Mazzola, rimase colpito e commosso dal giudizio di un’autorità quale Branchini e un po’ amareggiato mi disse: «Il titolo europeo era mio».

Emigrante anche lui, Rocco partì da pugile promettente, ma combatté sempre fuori casa- solo due volte a Potenza a fine carriera-  dopo il pari con il bolognese Cavicchia Bologna, il pubblico tutto a favore dell’emiliano buttò bottiglie sul ring, a Roma contro il romano D’Ottavio al primo incontro per il titolo lo videro perdente i giudici, non il pubblico e la stampa specializzata.

Mazzola giganteggia anche come sportivo corretto, compagno di scuderia all’Ignis del mediomassimo Calzavara, più anziano deve aspettare lunga trafila non potendo scavalcarlo.  Calzavara, bel pugile ma inferiore a Rocco, vinse l’europeo. Mazzola no.

(Pubblicato sul Roma del 18 luglio 2017) 

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