di Dario Torromeo
Accadeva quattro anni fa. Il 22 febbraio 2020, all'MGM Grand di Las Vegas, Tyson Fury batteva Deontay Wilder per kot 7. Era il loro secondo confronto.
Il sinistro di Tyson Fury comanda il match, il destro lo risolve.
Deontay Wilder è stato dominato, senza mai riuscire a trovare un momento per piazzare il suo devastante destro. La bravura dello sfidante lo ha trasformato in un pugile senza armi, incapace di mettere in piedi un’azione di attacco, lo ha privato della sua arma migliore. Un maestro Fury, un allievo impreparato WIlder.
Il jab sinistro del britannico ha comandato la scena, ha tolto spazio e tempo a Wilder, gli ha spezzato sul nascere la speranza di un destro che potesse ribaltare l’incontro. Tyson doveva essere perfetto in ogni secondo del match, lo è stato. Al campione sarebbero bastati due secondi per far scattare quel diretto destro che avrebbe chiuso la sfida in suo favore, non ha mai trovato la strada e la scelta di tempo per piazzarlo.
Due volte giù Wilder. Nel terzo e nel quinto round.
Il destro di Fury appena dietro l’orecchio sinistro del campione nel terzo round. È stato l’inizio della fine. Deontay è andato al tappeto, ha provato per altre quattro riprese a tirarsi su da quel colpo e non ci è riuscito. Il sangue che usciva dall’orecchio intimoriva l’angolo, The Bronze Bomber sembrava fosse stato privato con un solo colpo di tutta la sua magia.
Nella quinta ripresa un gancio sinistro sotto metteva di nuovo giù Wilder. Ma a destare stupore era la facilità con cui Fury teneva il match in mano. Lo comandava con la sua maggiore abilità tecnica, con una scelta di tempo e velocità di esecuzione che l’altro non poteva contrastare. È stata la lezione di un maestro a un rivale che proprio non riusciva a capire costa stesse accadendo, non perché non volesse, ma perché non aveva i mezzi per farlo. La boxe di Wilder è elementare, non lo scopriamo certo oggi. Ha in repertorio una sola arma, il diretto destro. Quando arriva a segno è devastante, terribile.
Tyson Fury lo ha disinnescato accorciando la distanza, anticipandolo con il jab sinistro, esercitando pressione per l’intero incontro. Un capolavoro tecnico e tattico. Ha trovato la notte magica al momento giusto. E non c’è stata storia.
Traballante sulle gambe, incapace di imbastire la minima reazione Wilder ha vinto un solo istante del match. Lo ha fatto quando l’arbitro ha inflitto un richiamo ufficiale a Fury nel quinto round. Poi, il buio.
Alla settima ripresa la conclusione, due diretti destri al volto e un terzo destro sotto. Kenny Bayless, dopo che l’angolo del campione aveva lanciato l’asciugamano, ha dichiarato il kot dopo 1:39. Non so se la ferita all’orecchio sinistro di Deontay Wilder avesse privato il campione di qualsiasi scampolo di reazione, non so se ne avesse minato l’equilibrio. Quello che so è che Tyson Fury ha riconquistato il mondiale dei massimi nel modo più chiaro, esaltante, emozionante in cui potesse farlo. Dominando il match da qualsiasi angolazione lo si voglia guardare.
Lo ha dominato tecnicamente, sul piano della personalità, su quello della scelta tattica, sulla precisione dei colpi, sulla concentrazione. Ha vinto il migliore, non c’è stata storia.
Grande Tyson Fury, deludente Deontay Wilder.