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Boxe&Dintorni

Nella boxe la vigilia é recita. E' il match la realtà!

PugileSolodi Gualtiero Becchetti

Aveva parlato, parlato, parlato...


Per darsi coraggio, per convincersi d'essere un campione, per galvanizzare gli amici e rincuorare i famigliari.
Quanto aveva parlato! I giornalisti erano contenti di poter pubblicare articoli con le sue bellicose dichiarazioni. Era contento anche l'organizzatore tutto proteso a vendere quanti più biglietti era possibile. E pure l'avversario che rispondeva per le rime era contento, perché a sua volta si "autogasava" in quella gran pentola a pressione che era l'ambiente pugilistico circostante.
Per non parlare dei rispettivi tecnici, calati più nella parte di spericolati incendiari che in quella di saggi pompieri...
E i tifosi? Il ritratto perfetto dei "samurai da Facebook"! Senza dubbi, senza incertezze, senza competenze. Tutti in coro ad inneggiare al futuro campione mondiale a suon di "ammazzalo, distruggilo, polverizzalo, pestalo, schiaccialo" come se il protagonista del cuore fosse prossimo a perpetrare un brutale massacro e non ad affrontare una cavalleresca sfida di pugilato...
Ma ora, seduto davanti al maestro che gli bendava le mani nel silenzio dello spogliatoio, egli sentiva il sudore scendergli lungo il corpo quasi freddo mentre un leggero tremolio si manifestava sia nei muscoli che nelle rare parole che talvolta sussurrava,
Era finita del tutto la lunga recita della vigilia.
Si ricordava come gli occhi del rivale, il giorno prima al peso, l'avessero trapassato nell'anima e ancora gli provocassero intenso dolore al solo pensarci.
Occhi di chi non aveva paura!...Mentre egli ne aveva tanta. Per la prima volta nella sua storia di pugile affrontava un avversario vero, affamato di vittoria e non un agnellino votato al sacrificio.
Se avesse seguito il proprio istinto, si sarebbe alzato e sarebbe corso a casa o al bar con gli amici per guardare la boxe in televisione, dinanzi alla quale tutti sono leoni. Soprattutto coloro che sul ring non hanno mai messo neppure la punta della scarpa.
Ma era troppo tardi.
Non poteva più farlo.
Pochi minuti dopo era sul ring e si sentiva come una volpe inseguita da una muta di cani e da gente armata fino ai denti...
Gli sembrava di essere uno che si muoveva sul fondo di una piscina.
I rumori, le persone attorno, le luci, le parole gridate dell'annunciatore.
Poi tutto si spense, salvo i riflettori sopra la testa.
Gong!
"Ammazzalo, distruggilo, polverizzalo, pestalo, schiaccialo"....Com'era adesso tutto inutile, sciocco, fasullo ciò che gli avevano detto e che egli stesso aveva detto.
Era solo. Vedeva solo gli occhi del rivale che non provava paura e l'ombra dell'arbitro a fianco.
"Ammazzalo, distruggilo, polverizzalo, pestalo, schiaccialo"....E invece era proprio lui ora che si sarebbe accontentato di non subire quella fine. Questo capiva!
E capìva soprattutto che non sarebbe mai diventato un campione.

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