Fischi, sportività, Bar Sport, uomini veri e civiltà
Un certo scalpore sembra aver prodotto il fatto che Manny Pacquiao sia stato fischiato al suo arrivo allo Staples Center di Los Angeles sabato scorso per la riunione in cui combattevano Hopkins, Dawson, ma soprattutto il messicano De Marco e gli altri che sappiamo. Forse sarebbe bene che la gente si rendesse conto che lo Staples Center, come le arene della zona, è frequentato per le riunioni di pugilato all'80% da messicani o da californiani di origine messicana. Quando ci sono stato il boato che accolse Juan Manuel Marquez, che assisteva a un match del fratello Rafael, fu impressionante. Ora, quale è il pugile che Pacquiao affronterà fra poco? Guarda caso si tratta di Juan Manuel Marquez! Cosa vi aspettavate, che il pubblico sabato portasse in trionfo Pacquiao? Detto per inciso ogni volta che entra De La Hoya succede la stessa cosa, perché i messicani considerano da sempre il Golden Boy un traditore.
Sembra che una organizzazione di pugilato abbia messo al bando un sitoweb di informazione per avere espresso delle critiche non alla organizzazione stessa, ma ad altre organizzazioni di scopo diverso che la stessa frequenta. Ciò significa mancati inviti a conferenze stampa e piccolezze simili, ma non l'interruzione dei comunicati stampa che altrimenti leggerebbero meno della metà degli interessati. Un grande esempio di apertura mentale, intelligenza e sportività.
L'accoglienza riservata a Pacquiao, di cui sopra, ha scatenato le chiacchiere da bar Sport (non quello straordinario di Benni) di chi ha voluto riesumare la storia dei controlli antidoping che avrebbero impedito lo svolgersi del match fra Mayweather e lo stesso Pacquiao. C'è un numero incredibile di gente che parla per dare aria ai denti (o scrive per tenere esercitate le dita) ma con scarso collegamento con un cervello. Lo sport della calunnia, Rossini lo insegnava già a inizio XIX secolo e Beaumarchais un secolo prima, è sempre attivo e produce effetti, ma non per questo è meno ripugnante. Sarebbe bene che la gente ricordasse che i signori De La Hoya e Schaefer hanno dovuto scusarsi con il filippino, ma purtroppo le scuse sono sempre meno evidenziate delle calunnie stesse. Intanto le calunnie del clan Mayweather erano basate sul nulla, poi il clan di Floyd pretendeva un prelievo il giorno del match e, tra l'altro, in seconde negoziazioni il filippino aveva accettato i controlli. Ma che conta? Basta infangare, sputare veleno al riparo dell'anonimato e dello schermo di un computer, per sentirsi forti e soprattutto impunibili. Così Pacquiao diventa un dopato e Roach (che purtroppo di medicinali se ne intende troppo per sfortuna sua) un guru del male e così via. Che tristezza!
De Marco stava perdendo il match con Linares, è vero. Però il venezuelano ha subito una durissima punizione per oltre due minuti e mezzo ed ha concluso l'incontro con la faccia conciata in modo tale che non lo avrebbe riconosciuto neppure la sua donna in mezzo a tutto quel sangue. E che dire di De Marco che gli si inginocchia vicino e lo consola per lungo tempo? Linares ha già chiesto la rivincita. Questa è la boxe che piace a noi, quella degli uomini con gli attributi, non delle lingue lunghe.
La scorsa settimana ho scritto un articolo sui mondiali di Baku in cui ho chiamato in causa il Presidente Falcinelli. Ho poco dopo ricevuto una telefonata dello stesso Presidente, non solo estremamente civile ma persino affettuosa, in cui si è parlato non solo di quanto avevo scritto (che il Presidente in parte condivide) ma a largo raggio, e per molto più tempo, di tanti problemi della nostra boxe. Non era una intervista quindi non scriverò nulla. Rimane il fatto che il confronto civile fra uomini responsabili è quanto di meglio si possa pretendere. Che le opinioni siano a volte differenti non conta molto.
Sembra che una organizzazione di pugilato abbia messo al bando un sitoweb di informazione per avere espresso delle critiche non alla organizzazione stessa, ma ad altre organizzazioni di scopo diverso che la stessa frequenta. Ciò significa mancati inviti a conferenze stampa e piccolezze simili, ma non l'interruzione dei comunicati stampa che altrimenti leggerebbero meno della metà degli interessati. Un grande esempio di apertura mentale, intelligenza e sportività.
L'accoglienza riservata a Pacquiao, di cui sopra, ha scatenato le chiacchiere da bar Sport (non quello straordinario di Benni) di chi ha voluto riesumare la storia dei controlli antidoping che avrebbero impedito lo svolgersi del match fra Mayweather e lo stesso Pacquiao. C'è un numero incredibile di gente che parla per dare aria ai denti (o scrive per tenere esercitate le dita) ma con scarso collegamento con un cervello. Lo sport della calunnia, Rossini lo insegnava già a inizio XIX secolo e Beaumarchais un secolo prima, è sempre attivo e produce effetti, ma non per questo è meno ripugnante. Sarebbe bene che la gente ricordasse che i signori De La Hoya e Schaefer hanno dovuto scusarsi con il filippino, ma purtroppo le scuse sono sempre meno evidenziate delle calunnie stesse. Intanto le calunnie del clan Mayweather erano basate sul nulla, poi il clan di Floyd pretendeva un prelievo il giorno del match e, tra l'altro, in seconde negoziazioni il filippino aveva accettato i controlli. Ma che conta? Basta infangare, sputare veleno al riparo dell'anonimato e dello schermo di un computer, per sentirsi forti e soprattutto impunibili. Così Pacquiao diventa un dopato e Roach (che purtroppo di medicinali se ne intende troppo per sfortuna sua) un guru del male e così via. Che tristezza!
De Marco stava perdendo il match con Linares, è vero. Però il venezuelano ha subito una durissima punizione per oltre due minuti e mezzo ed ha concluso l'incontro con la faccia conciata in modo tale che non lo avrebbe riconosciuto neppure la sua donna in mezzo a tutto quel sangue. E che dire di De Marco che gli si inginocchia vicino e lo consola per lungo tempo? Linares ha già chiesto la rivincita. Questa è la boxe che piace a noi, quella degli uomini con gli attributi, non delle lingue lunghe.
La scorsa settimana ho scritto un articolo sui mondiali di Baku in cui ho chiamato in causa il Presidente Falcinelli. Ho poco dopo ricevuto una telefonata dello stesso Presidente, non solo estremamente civile ma persino affettuosa, in cui si è parlato non solo di quanto avevo scritto (che il Presidente in parte condivide) ma a largo raggio, e per molto più tempo, di tanti problemi della nostra boxe. Non era una intervista quindi non scriverò nulla. Rimane il fatto che il confronto civile fra uomini responsabili è quanto di meglio si possa pretendere. Che le opinioni siano a volte differenti non conta molto.
