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Bordo Ring

In 9 round Canelo Alvarez demolisce Smith

Alvarez demolisce Smith

Match senza storia ad Arlington

 

 


di Matteo Biancareddu

 

 

All’alba italiana, tarda serata americana, il messicano Saul “Canelo” Alvarez (48-1-1, 34 KO) ha battuto in nove round l’inglese Liam Smith (23-1-1, 13 KO), sfilandogli la cintura WBO dei superwelter. Il match, ancorché combattuto e godibile, non ha avuto storia, perché Alvarez ha confermato quanto ampiamente previsto alla vigilia: di essere, cioè, un pugile nettamente superiore a Smith, che nulla ha potuto al suo cospetto. All’inglese non si può muovere alcun appunto circa la condotta tenuta e la strategia sviluppata: non avrebbe potuto fare niente di più o di diverso per battere Alvarez, che semplicemente era fuori dalla sua portata. Eppure, il pugile di Liverpool ha dato buona prova di sé, onorando l’impegno nella sua prima uscita fuori dai confini nazionali. Alvarez, dal canto suo, ha combattuto in punta d’acceleratore, boxando sul velluto e dispensando saggi di stile. Non ha avuto bisogno di forzare la mano: l’ha fatto solo a tratti, giusto per compiacere il folto pubblico di Arlington, Texas, letteralmente in delirio per lui. Dopo il ritiro di Floyd Mayweather Jr, il messicano è la stella indiscussa della boxe mondiale, almeno nelle vendite in pay-per-view. E’ ancora lontano dal diventarlo sul ring, dove aspettiamo di vederlo alle prese con Gennady Golovkin o, in alternativa, con Jermall Charlo. Qualunque avversario all’infuori di questi due sarebbe, per Alvarez, una soluzione di ripiego.

Il match, come detto, non ha avuto storia. Troppo veloce, tecnico e potente, Alvarez, per essere anche solo impensierito da Smith. L’inglese è un pugile scolastico, che fa bene solo poche cose: per esempio, sa schivare il jab di approccio e rientrare con il doppio montante al corpo, ma non l’ha fatto di frequente con Alvarez, perché il messicano l’ha sempre anticipato. La differenza di velocità tra i due pugili è risultata evidente, come anche il divario in termini di potenza: i colpi di Smith sono buffetti rispetto a quelli di Alvarez, non solo per le imperscrutabili ragioni della natura, ma anche perché i due portano i colpi in modi totalmente diversi. Alvarez li carica da sotto, spingendo con le gambe, e li accompagna ottimamente con la torsione del tronco; Smith, invece, è molto più rigido e li porta soprattutto di braccio. Il pugile di Guadalajara è inoltre un vero messicano per l’uso che fa della mano sinistra, con cui sa portare anche tre, quattro colpi in rapida successione, tutti diversi: jab, montante, gancio. Il suo lavoro al corpo è molto incisivo, e non è certo un caso che siano stati i colpi alla figura a stroncare la fiera resistenza di Smith.

Nei primi quattro round, Alvarez ha conteso all’avversario il centro del ring e si è portato al largo nel punteggio grazie alla maggiore abilità nel combattimento frontale, a media e corta distanza. A partire dal quinto, invece, il messicano si è dedicato con uguale costrutto alla boxe di rimessa, esibendosi in dimostrazioni di tecnica difensiva che avevano il sapore della beffa per l’avversario. E difatti Smith iniziava a innervosirsi, finendo ancor più nella rete del giovane messicano. Che non ha avuto fretta di chiudere la pratica: semplicemente, ha condotto una graduale e paziente opera di smantellamento che trovato nel KO la naturale e logica conseguenza. Nel settimo round, Smith è andato giù sugli effetti di due ganci destri sferrati da Alvarez con la schiena appoggiata sulle corde. Nell’ottavo, l’inglese è tornato al tappeto a causa di un forte montante sinistro al corpo, a metà strada tra il fegato e il plesso solare. Nel nono, infine, Alvarez ha chiuso la partita con un devastante gancio sinistro al fegato, così potente da far stramazzare il rivale al tappeto. Il conteggio era una vuota formalità, perché il pugile di Liverpool non si sarebbe rialzato neanche in mezzo minuto. Fino ad allora, Alvarez aveva vinto con agio tutte le riprese disputate.

AP ALVAREZ SMITH BOXING S BOX USA TX

L’attesa, ora, è tutta per gli sviluppi futuri della carriera di Canelo, autoproclamatosi a fine match come il miglior pugile al mondo. Non lo è, né si avvicina a esserlo; potrebbe diventarlo se battesse almeno uno dei due campioni che gli hanno gettato il guanto di sfida, ovvero Gennady Golovkin nei medi e Jermall Charlo nei superwelter. Un fatto è certo: Alvarez non può continuare a tergiversare come ha fatto nell’ultimo anno, speso ad affrontare avversari lontani dal suo livello. La grandezza, quella vera (non quella economica), ha un prezzo, e Alvarez deve pagarlo.

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