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Storie di Boxe

Presidenza Fpi in corsa Vittorio Lai Ecco i suoi progetti

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Il cubano Pedro Roque allenatore della nazionale. Il settore prò è da resettare, Enrico Apa responsabile unico"...

Vittorio Lai, sardo di Seui nell’Ogliastra. Classe 1944, pensionato, quadro delle Poste Italiane.Vice presidente federale uscente, coordinatore settore nazionali dilettanti AOB.

 

Vittorio Lai, perché si è candidato alla presidenza della Federazione Pugilistica Italiana?

“Sarei rimasto volentieri fuori, ma mi sono convinto che dovevo dimostrare il mio amore per il pugilato”.

Lei è stato accanto ad Alberto Brasca come vice per l’intero ultimo quadriennio. Perché si è staccato?

“Dopo Rio, come tutto il Consiglio Federale ho appoggiato la posizione di Brasca. Su un solo punto, però fondamentale, non ero d’accordo. Lui era convinto che il ct dovesse essere un italiano. Io no”.
Ho avuto l’impressione che in molti si siano allontanati in fretta da Brasca, lasciandolo improvvisamente solo.

“La solidarietà c’è stata fino all’ultimo Consiglio Federale. Ma ha voluto portare avanti il suo progetto e personalmente non l’ho più potuto seguire. Il CF è stato d’accordo, avrebbe potuto addirittura chiamare subito un tecnico. Per rispetto per chi verrà dopo, non l’abbiamo fatto”.

Perché è contrario a un italiano alla guida della nazionale?

“Sarebbe un errore. Da noi ogni allenatore si crede il migliore di tutti, per questa ragione contesterebbe chiunque fosse scelto. Bisognerà optare per una persona al di sopra di ogni sospetto”.

Chi è il nome che ha in mente?

“Sono convinto che l’uomo giusto sia Pedro Roque. Cubano, professionista di 60 anni che ha allenato in tutto il mondo. Spariglierebbe i giochi”.

Negli ultimi se ne è andato in giro a intascare stipendi onerosi.

“Come tutti i grandi tecnici itineranti pretende soldi, attualmente credo guadagni dai tredici ai quindicimila dollari al mese. Ma è una persona che fa bene il suo lavoro”.

È convinto che basti venire da Cuba per essere bravi?

“Il suo curriculum non si discute. E poi, mi chiedo: se in tutto il mondo ci sono settanta tecnici cubani che operano con successo, non vorrà forse dire che quella è un’ottima scuola? Gran Bretagna e Francia sono degli incapaci? Il Marocco era a zero e si è tirato su. Sì, sono fermamente convinto che Pedro Roque sia la soluzione giusta”.

Come si dovrebbe muovere il cubano?

“Il tecnico federale dovrà essere itinerante, portare qualità in giro per l’Italia. Ci affideremo ai Comitati Regionali che sono quelli che lavorano più a contatto con la realtà locale. Chiederemo loro di allestire degli stage dove selezionare gli elementi più promettenti. Il coach azzurro sceglierà, parlerà con i tecnici cercando di instaurare una linea comunque, un’unità di intenti”.

Che fine farà il Centro Tecnico di Assisi?

“Di una cosa sono certo: non dovrà più essere un Centro Vacanze. I ragazzi ci andranno con i loro tecnici a fare la rifinitura della preparazione. Ha tutto per essere un luogo di altissima specializzazione. È questo che dovrà essere. Dobbiamo tirare fuori il meglio dai dilettanti senza portarli fuori dal loro ambiente, senza allontanarli da scuola, famiglia e per molti il lavoro. Assisi è un posto fantastico che il mondo ci invidia. Ma deve essere un posto dove allenarsi, dove ritrovare tutti assieme l’orgoglio. Insisto, non potrà essere un Centro Vacanze”.

A mio avviso la nazionale azzurra ai Giochi ha portato a casa un risultato disastroso. È d’accordo?

“I pugili italiani sono andati benissimo sino alle qualificazioni. Poi sono arrivati a Rio convinti di essere già sul podio. Non è andata così. Per prendere una medaglia devi soffrire. L’Uzbekistan ha sofferto maledettamente per un anno e ha portato a casa i risultati. Va ripensata l’intera struttura. Credo che un anno sia sufficiente per sparigliare la situazione e restituire serenità”.

Io dico che l’ultimo quadriennio è stato un fallimento. Lei è d’accordo?

“Abbiamo fatto un eccellente lavoro a livello giovanile, portando a casa cento medaglie tra tornei e competizioni varie. Non siamo una Federazione scalcinata”.

E l’Olimpiade?

“Non è andate bene per nessuno, uomini e donne”.

Mi chiedo: lei è il vice presidente federale, il coordinatore del settore nazionale dilettanti AOB, perché il pugilato dovrebbe darle fiducia dopo un risultato così disastroso soprattutto in chiave olimpica?

“Calma. Le cose non stanno esattamente così. Ero il coordinatore, ma non mi occupavo in prima persona del settore Elite. La squadra femminile era affidata a Sergio Rosa che si relazionava con il ct. L’elite maschile, la squadra olimpica, era di competenza esclusiva di Alberto Brasca. Nessuno di noi vi ha messo bocca, era una sua priorità. Io mi sono occupato del settore giovanile assieme a Coletta e Russo. Se sarò eletto seguirò personalmente la nazionale. Ho le mie idee, non contesterò mai i tecnici, ma suggerirò di convocare alcuni atleti e i loro maestri. Qualcosa ci capisco…”.

Come intende comportarsi con il professionismo?

“Enrico Apa sarà il responsabile unico del settore con totale libertà di scelta dei collaboratori. Sarà uno dei due vice presidenti, l’altro sarà Flavio D’Ambrosi che avrà la delega sul dilettantismo. Il professionismo è un settore in una situazione molto critica. Mancano i veri imprenditori, i manager, gli organizzatori come quelli che ci sono in Germania o Gran Bretagna. Non ci sono grandi sponsor che investono su un pugile. Prendi Lomachenko, hanno creduto in lui e ora guadagna una montagna di soldi. Non ci sono organizzatori come potevano esserlo Spagnoli o Sabbatini”.

E allora?

“Bisognerà resettare tutto e ripartire con calma dalla poche cose buone che ci sono. Dovremo offrire spettacoli accettabili da portare in televisione. I professionisti dovranno dimostrare competenza e capacità. Attualmente i pugili sono relegati in un angolo. Quanti sono quelli che possono dire di vivere di solo pugilato? Le ASD devono cercare sponsor, allenare il pugile, aiutare ad allestire le riunioni e non ricevono niente in cambio. Perché non consentire loro di organizzare fino al titolo italiano?”.

Il professionismo soffre da tempo la mancanza di ricambi. I dilettanti buoni restano tali a vita, grazie anche ai contributi dei Gruppi Militari. Cambierà qualcosa?

“Abbiamo fatto un grande lavoro con i Gruppi Militari”.

Direi che sono stati i Gruppi Militari ad avere fatto un grande lavoro per voi.

“Abbiamo lavorato assieme. Ora è arrivato il momento di cambiare qualcosa. Non saranno più in classifica, i punteggi saranno accreditati al 100% alle società orginarie. Attualmente qualsiasi pugile “militare” percepisce uno stipendio. Se diventerò presidente, il pugile potrà decidere di restare nel Gruppo e passare al professionismo conservando i vantaggi, pensione compresa, di essere un militare”.

Cosa manca al professionismo?

“La capacità di essere uno sport appetibile. Oggi se organizzi in un comune che offre il suo contributo, il 90% delle volte quel comune non ti richiama. Esattamente il contrario di quello che accade con i dilettanti”.

Come sarà il suo rapporto con l’Aiba?

“Ci muoveremo sul piano di una critica costruttiva. Faccio un esempio. Gli schoolboys da noi hanno un limite di 13 anni, molte nazioni volevano abbassarlo a 12. Mi sono battuto come Italia contro tutti. Non poteva passare, da noi il Ministero della Salute non lo avrebbe mai permesso. Alla fine abbiamo vinto. Abbiamo anche tolto i verdetti di kot o kot per ferita, reinserendo rsc e rsc per ferita. E poi la grande novità: se un tecnico si accorge che il suo pugile sta subendo in modo drammatico, può chiamare l’arbitro e far chiudere il match. Quella sarà registrata come una sconfitta ai punti”.

Ho sentito che vorrebbe portare delle modifiche anche al settore comunicazione.

“Lo ristruttureremo totalmente. E incideremo anche su una rivista storica come Boxe Ring. La domanda che dobbiamo farci è: va tenuta o cancellata? Se va tenuta, e io sono di questo parere, va rivalutata. Deve essere degna del suo passato”.

Ultima domanda. Anche lei ha alle spalle un amico importante come Franco Falcinelli?

“Sono suo amico da oltre quarant’anni. Come sono amico di tante persone che non la pensano come me e si muovono da avversari. Di certo a Franco non ho mai chiesto favore personale”.

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