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Requiem Aeternam et Damnatio Memoriae

Non è un bel momento per lo sport mondiale stretto tra doping ed affarismo, ma soprattutto per il calcio italiano, tra errori arbitrali (a quando i sensori di porta e la moviola, vogliamo per caso una finale mondiale decisa più dagli sponsor che dai valori in campo?) e partite dal risultato già deciso in certi postriboli, visti i personaggi coinvolti, o tramite sms /telefonate tra ex calciatori/ traffichini/”giornalisti” intenti ad arrangiare il risultato di certe partite per poi giocarsi il risultato esatto della combine nelle varie agenzie di scommesse.

Certi ultras(non tutti), brutta genia di “tifosi” professionisti,stando ai racconti, picchiavano i giocatori per farli perdere e scommettere contro il Bari, tanto la serie A può essere svenduta al miglior offerente. Tanto il “gancio” con la malavita c’era già, in tutta la penisola, i più noti: al Nord Signori fu bomber, al centro Bettarini, fu marito della Ventura, al sud tal Bellavista fa una vita da mediano, ”capitano” di una combriccola di parassiti che bazzicano gli spogliatoi, pronti a pescare con l’esca delle banconote il pescetto di turno, tal Masiello Andrea fu Giuda (definizione di Ferrara qualche sera fa), vendutosi ai miglior offerenti in cambio di 30 denari, metaforicamente parlando si intende, tanto un auto in più val bene un autogol nel Derby della Truffa. Naturalmente la similitudine è forzatissima, regge solo perché siamo nel periodo post Pasqua, nel senso che siamo ai limiti della diffamazione, per Giuda intendo:egli era uno dei discepoli preferiti da Cristo, prima dell’ultima cena, ed è stato il più turpe dei traditori perché autore dell‘infamia più grande che ci sia stata nella storia dell’umanità ,ma almeno aveva una sua statura tragica, lo dimostrò suicidandosi per la vergogna di aver tradito il suo Maestro e comunque le sue azioni erano necessarie al compimento del disegno di Salvezza dell'umanità del Padre Eterno.

Masiello è un” piccolo "personaggio, con poca dignità ,mi pare lo abbia dimostrato fin troppo,e di una fragilità infantile per uno che è padre ,in più con parecchia spocchia tipica degli uomini ,almeno al momento,mediocri: al Tifoso che gli si avvicinò per fargli i complimenti come difensore non regalò neanche un sorriso, non lo guardò neanche negli occhi, dandogli giusto per congedarlo subito, non a caso, la mano sinistra da stringere… chiaramente spero paghi duramente i propri errori, senza gesti estremi, ovvio. Però per il bene dello sport non deve più neanche avvicinarsi ad un campo di calcio :la punizione più grande per questi personaggi è la damnatio memoriae nell’ ambito sportivo, spero che il mondo del calcio la eserciti immediatamente verso di lui e verso gli altri calciatori coinvolti per cui valgono le stesse parole e lo stesso sdegno,i vari Doni, Paoloni, Micolucci e gli altri signorini coinvolti. Posso sembrare fin troppo duro,un insegnamento di nostro Signore Gesù Cristo è stato quello di non giudicare se non si vuole essere giudicati,però quando un ragazzo che potrebbe essere tuo fratello sbaglia soprattutto in contesto dove tu ne fai parte,come giornalista e come tifoso,io sento il dovere di riprenderlo per non farlo più sbagliare, anche dandogli un paio di “schiaffi”morali;il mio augurio è che le loro lacrime siano veritiere,e non false come è accaduto per certi “politici”ad esempio,e che ci sia un pronto riscatto nel “gioco”della vita,ripeto nel calcio no,è giusto pagare se si è sbagliato in questo modo. Un ‘ultima considerazione sul Bari voglio farla:la "mia" squadra ha subito un’ennesima mortificazione,non bastasse la retrocessione già decisa,stando ai racconti, da alcuni dopo le prime giornate dello scorso campionato,ed è una storia che parte da lontano e cioè da quando la famiglia Matarrese ha preso,34 anni fa,le redini della società facendo censura preventiva sui giornali nei confronti delle poche voci contro la loro politica societaria. Solo per l’amore verso questa squadra dei suoi veri tifosi,e non sono pochi,il Bari meriterebbe la Champions e non la C,però la giustizia non può tenere conto di un diritto molto ma molto astratto,i giudici devono stabilire le giuste sanzioni in base a prove concrete e basandosi su quello che dice il codice e non su cosa sia giusto umanamente parlando. Il Bari non ha avuto mai troppi amici,gli unici che hanno voluto bene(negli ultimi 12 anni) a questa squadra sono stati Conte e Perinetti entrambi costretti ad andarsene,lo stesso Gillet l’ha forse amata come un figlio adottivo ma ha peccato anche lui di una grave colpa molto italiana:l’omissione. Ora non si commetta nuovamente lo stesso errore fatto con Moggiopoli,se paga il Bari devono pagare tutti,ed i processi non siano frettolosi o peggio una farsa. E nessuno chieda un’amnistia,ci siamo capiti quale categoria potrebbe chiederla se,per caso,l’Italia dovesse vincere gli Europei.

 

Archiviata,almeno per il momento,questa brutta vicenda,mi preme ricordare la figura di uomo recentemente scomparso, un calciatore esemplare ed autentico sportivo, che ha onorato le maglie che ha indossato, comprese quelle di Foggia, Bari e Lazio. Si chiamava Franco Mancini, ed è stato per diversi anni il portiere della “mia” squadra. E’ morto il 30 marzo, stroncato da un infarto fulminante in pochi secondi, aveva solo 43 anni. L'ho saputo solo il giorno dopo ed il primo sentimento è stato un misto di rabbia ed incredulità. ”Higuita”,così lo chiamavano i tifosi per il portiere colombiano, è stato un grande portiere, un libero aggiunto nel Foggia disposto a zona, icona del calcio zemaniano e protagonista di una stagione positiva del calcio made in Puglia, prima a Foggia e poi a Bari; un amico per i tifosi, schivo ma mai narciso come si comportano i giocatorini odierni invece di ringraziare di essere dei privilegiati, purtroppo per noi . Mancini era il preparatore dei portieri nel Pescara di Zeman, scosso come mai non sia stato per la morte del suo allievo prediletto. Si è giocata lo stesso Pescara-Bari, nonostante molti ne chiedessero il rinvio, anche io sarei stato propenso a questa eventualità, però pur con le lacrime almeno si è onorata la sua memoria sul campo, ed è stato meglio così: è dura andare avanti, penso soprattutto alla moglie ed ai figli, ai parenti e agli amici di Franco; la compostezza ed il coraggio mostrati dal figlio di “Higuita”,sentimenti già adulti seppur intrisi dal dolore acerbo di un ragazzo improvvisamente orfano di padre, ci dicono come nonostante tutto una partita di calcio possa ancora celebrare un suo grande interprete(un vero gigante per lealtà e sportività rispetto agli ultimi nani in maglia biancorossa) che troppo presto ci ha lasciato:grazie ancora Franco, che tu sia sereno dovunque ti trovi. Purtroppo il weekend a cavallo tra la fine di marzo e l’inizio di aprile è stato funestato da due altri lutti, quello di Giorgio Chinaglia il “Long John degli anni settanta” per anni bomber della Lazio e della Nazionale e quello di Antonio Ghirelli, un grande Giornalista, non solo sportivo, per anni direttore del Corriere dello Sport dove ha scritto il suo ultimo pezzo. Giorgione ci lascia all’età di 65 anni, era malato di cuore da tempo, si era appena operato e l’intervento sembrava essere riuscito: era però predisposto a morire anche lui per colpa del cuore; almeno è morto nel sonno, serenamente. Meriterebbe un ritratto più coproso, lui insieme alla sua Lazio degli anni settanta, un articolo anche in chiaroscuro, magari più il là lo scriverò: la vita dell'uomo e del calciatore è stata controversa, anche troppo per essere “liquidata” in poche righe. Però è stato uno degli ultimi a tenerci, veramente, alla maglia azzurra, nel bene e nel male.

Ghirelli, spentosi alla veneranda età di novant’anni, avrebbe ricordato questi due campioni individuando le locuzioni più adatte e soprattutto gli aggettivi calzanti per commemorare “Higuita” e Long John e da vero aedo dello sport e non solo quale egli è stato ci avrebbe fornito un grande ritratto di entrambi .Rimarrà un Maestro anche per i giovani giornalisti che non hanno avuto la fortuna di conoscerlo, ma che come il sottoscritto si sono formati grazie al suo prezioso libro “Storia del Calcio italiano”, un testo fondamentale insieme a quelli di Brera, Palumbo e Arpino per conoscere l’essenza del calcio raccontato da grandi scrittori. Immagino ,dovunque si trovino, ma mi auguro nello stesso luogo, che le discussioni tra loro siano fin troppo accese,ma spero non troppo,e chissà che Ghirelli non sia costretto a far da paciere tra i suoi colleghi, come faceva anni fa nelle tribune degli stadi  quando il calcio era ancora vero calcio e giornalismo ancora vero giornalismo.

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