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Bordo Ring

Oliva: "Prò Aiba che basso livello Delusione Italia"

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Ho visto i 91 kg, che fine farebbero contro Huck, Lebedev o Hernandez? Gli errori della Fpi…

Patrizio Oliva, hai visto la semifinale Apb di Clemente Russo?

“Sì”.

E cosa ne pensi?

“Lui è andato bene, ma l’altro era di un livello decisamente basso”.

Mi sembra di capire che tu non abbia una grande considerazione professionale degli altri semifinalisti?

“Non figurerebbero tra i primi 50 di qualsiasi classifica mondiale professionistica. Se pensiamo che l’equivalente dei massimi dell’Apb sono i cruser tra i veri pro’, c’è da spaventarsi. Provate per un attimo a pensare che fine farebbero questi signori contro Marco Huck, Yoan Pablo Hernandez, Denis Lebedev e Grigori Drodz. Ma anche contro altri pugili molto più giù in classifica”.

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L’Apb continua a non piacerti.

“Ti faccio io una domanda: perché dovrebbe piacermi? È una competizione assurda in ogni suo aspetto”.

Assurda? In che senso?

“Prendiamo, ad esempio, la possibilità di staccare un pass olimpico”.

Cosa c’è che non va?

“Spiegami come è possibile assegnare la carta olimpica in sfide che si disputano su 8 o 12 riprese. È come se un torneo di calcio giocato su due tempi regolamentari di 45’ valesse per la qualificazione a un torneo mondiale in cui i tempi di gioco fossero sempre due, ma di quindici minuti!”

Russo comunque ha dimostrato anche in passato di meritare un posto di prestigio tra i dilettanti.

“Ha vinto due mondiali e due argenti olimpici, chi potrebbe negargli un riconoscimento del genere? Non mi piace quando fa il guascone, anche perché non lo fa con tutti ma solo con quelli che sono chiaramente inferiori. E poi ci sono altre cose che non mi piacciono…”

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Ad esempio?

“Le classifiche. Non so come vengano fatte, ma sicuramente vengono fatte in uno strano modo. Le ultime, quelle del primo di questo mese vedono Russo al numero 1, Egorov al numero 10. Eppure Egorov ha vinto gli ultimi due match proprio contro Russo…”

Allarghiamo il discorso. L’Italia finora ha un solo pass per Rio. Troppo poco?

“Manfredonia ha meritato la carta tra i mediomassimi. Russo la conquisterà tra i massimi, ne sono certo. In finale affronterà un rivale decisamente inferiore e dovrebbe farlo in Italia. La Federazione si è impegnata pesantemente sotto il profilo finanziario. Ha ospitato due volte le finali Apb della categoria, ha investito molto economicamente anche sulle Wsb che non hanno dato i risultati sperati”.

Cosa ti ha deluso di questo torneo?

“I risultati finali, ma soprattutto la boxe di Mangiacapre. Ha fatto un passo all’indietro rispetto a Londra 2012. Ha perso velocità, colpo d’occhio. Mi è sembrato che in alcuni match abbia snaturato la sua boxe. Per il resto la squadra ha offerto davvero poco per gioire”.

Se tutto andrà bene, per Russo sarà la quarta Olimpiade di fila. Un traguardo storico?

“Un traguardo raggiungibile se si fa il pugile come lo facevano un tempo quelli dell’Est, come lo fanno oggi i cubani. In un Paese in cui il professionismo è proibito, in cui i soldi sono tutti per i dilettanti di Stato è chiaro che si rimane a vita con la maglietta azzurra. Tutti i nostri sono militari e sono stipendiati dalla Fpi. Hanno scelto il certo, anziché tuffarsi in un professionismo in cui avrebbero dovuto mettersi in gioco rischiando il tonfo. Dal punto di vista umano è una decisione che capisco e, per certi versi, approvo. Da quello sportivo si sono privati della possibilità di scoprire quale realmente sia il loro valore”.

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In che senso?

“Se non affronti i migliori, non saprai mai quanto vali. Il livello del professionismo made in Aiba è veramente basso. E poi un pugile ha un percorso stabilito fin da quando la boxe è nata. Ci siamo passati tutti. Benvenuti, Stecca, Parisi, io e lo stesso Damiani tanto per restare in tempi non troppo lontani. Novizi, junior, dilettanti, professionisti. Solo se fai le quattro tappe sei un pugile a tutto tondo. Per gli altri rimane la soddisfazione di avere vinto in una serie inferiore. Sono rimasti nel campionato Primavera pur essendo Over 30. Sono pugili a metà”.

Ma l’Aiba ha praticamente imposto alla Fpi una scelta definitiva: o espelleva il professionismo o era fuori dalle Olimpiadi.

“Vero. Ma poteva anche tentare di formare una coalizione in opposizione a un’organizzazione che concepisce solo il monopolio”.

L’Aiba ha pieni poteri e non sembra cedere neppure davanti alla fuga dei sui migliori atleti verso il professionismo.

“Da tempo ho alcune domande a cui mi piacerebbe avere delle risposte da esperti di diritto del lavoro. Siamo davvero sicuri che il monopolio dell’attività non sia in contrasto con la legge antitrust? O che il vietare a un professionista di svolgere la propria attività sia un’azione lecita? E come può il Cio accettare tutto questo, compresa la condizione non negoziabile: o i tuoi professionisti stanno con me o sei fuori dai Giochi che erano dei dilettanti?”

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Joshua ha scelto di tentare l’avventura. È il supermassimo che Cammarelle ha battuto chiaramente a Londra 2012, eppure ha deciso di diventare professionista. Sta vincendo e guadagnando soldi, per lui si parla già di sfida mondiale. Perché i nostri non hanno seguito questa strada?

“Perché in Inghilterra televisioni, sponsor e organizzatori hanno soldi a sufficienza per convincere i buoni elementi a provare. Questo è indubbio, ma forse anche perché rischiare in proprio è qualcosa che da noi si fa fatica ad accettare. Meglio il sicuro, e con meno rischi, che la sfida per capire sino in fondo il proprio valore. Ma il problema non sta qui”.

Dove sta?

“Il problema non sono le scelte dei singoli, è la scelta politica e strategica della Federazione. L’Aiba non rappresenta tutti i mali del mondo, ma sicuramente ha contribuito a peggiorare uno sport che aveva bisogno di alzare il suo livello qualitativo. E la Fpi gli è andata dietro, con il risultato di privarsi dei professionisti e tagliare gran parte dell’attività dilettantistica E poi mi chiedo: come mai per tanti anni non ha investito sul professionismo e adesso spende somme ingenti per l’attività di un solo atleta nelle Apb?”.

Pensi di esserti fatto qualche nuovo amico con questa intervista?

“Direi proprio di no”.

E questo non ti preoccupa?

“Ci sono abituato. Le sfide le ho sempre accettate”.

PATRIZIO OLIVA campione europeo juniores, vice campione europeo dilettanti, campione olimpico e miglior pugile dei Giochi. Campione italiano, europeo e mondiale dei professionisti. Dopo due anni di ritiro è tornato a combattere e ha riconquistato il titolo europeo. È stato allenatore della nazionale azzurra, ha guidato dall’angolo anche i professionisti tra cui Fragomeni quando era campione del mondo.

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