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Bordo Ring

De Camillis, accuse da ko

koverokUn grande arbitro (cinque Mondiali e un'Olimpiade) attacca il modo in cui la nuova boxe dell'Aiba gestisce gli ufficiali di gara: scarsa tecnica, poca personalità, limitata esperienza e nessuna passione. I pugili poi..


Il parere di un esperto. Uno che ha arbitrato per trent’anni ad alto livello tra i dilettanti e ha rappresentanto l’Italia in cinque Mondiali e all’Olimpiade del 2004. Uno che è stato premiato sia ai campionati mondiali che alla World Cup.

A colloquio con Claudio De Camillis**.

Cosa non ti piace del mondo arbitrale di oggi?

“La poca preparazione tecnica, la mancanza di esperienza, la scarsa personalità che hanno quasi tutti. E poi credo che non ci sia passione.”

Colpa di chi?

“A livello internazionale cambiano i regolamenti ogni giorno. Li costringono ad arbitrare allo stesso modo sia i dilettanti che i semi professionisti, non ce la faccio a considerare Wsb e Apb come dei professionisti a tutto tondo. Intervengono poco, permettono gomitate, spintoni, trattenute, schiaffoni al posto dei pugni. Non riescono a sdoppiarsi. Capisco che sia difficile, ma quello che accade per i pugili inevitabilmente accade con gli arbitri.”

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Cosa manca rispetto al passato?

“A livello dilettantistico hanno messo nuove commissioni mondiali, si sono inventati le stellette di merito. Ma poi, sia in una dimensione internazionale che nazionale, manca chi possa essere un punto di riferimento dal punto di vista tecnico, qualcuno che abbia la capacità di sottolineare quotidianamente gli errori e possieda una personalità così forte da farsi accettare da tutti nel momento stesso in cui li riprende.”

L’Aiba non è riuscita a dare maggiore professionalità alla classe arbitrale?

“Ha creato dei commessi viaggiatori. Li pagano e li mandano in giro per il mondo. Li usano come usano i pugili. Gli atleti sono gestiti pensando solo al presente, non al futuro. Non esiste più l’attività normale. Non si fanno tante domande su quale possa essere il valore del pugile in prospettiva, manca la fase di crescita.”

Come giudica il divieto di uso del casco protettivo e il cambio di guantoni?

“Non capisco come il Cio e soprattutto l’Italia abbiano potuto permetterlo. Aumenta il rischio delle ferite, si offre un’immagine negativa del pugilato dilettantistico. Ma il problema è proprio qui. Loro non vogliono più i dilettanti. Già nel 2007/2008 dicevano che la boxe è spettacolo e lo spettacolo è rappresentato dal ko. È questo che inseguono. E in questo pugilato non mi riconosco più.”

I pugili sono vittime di questa situazione?

“Certo. Prima li tengono lontani dai grandi eventi, poi affrettano i tempi nel momento in cui c’è la necessità di un ricambio generazionale. Arrivano così all’appuntamento senza avere svolto attività a un livello di massima competitività.”

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L’Olimpiade di Londra 2012 è stata una delle peggiori sotto il profilo di arbitri e giudici, sei d’accordo?

“È stata vergognosa. Ho visto in azione nelle fasi finali arbitri o giudici che sette/otto anni fa non andavano oltre il terzo turno. Se fossi maligno, direi che hanno scelto quelli meno bravi tecnicamente perché sono quelli più facili da controllare. Il fatto è che hanno commesso errori da principianti.”

I pugili scontano anche i continui cambiamenti a livello regolamentare?

“Arbitrare i dilettanti e arbitrare i professionisti non è la stessa cosa. Identico discorso si deve fare con gli atleti. Se combatti per tre anni sulle 5/8 riprese, diventa oltremodo difficile abituarti ai tre round del torneo olimpico. Cambia la preparazione, il ritmo di gara, il modo di combattere. Possibile che non lo sappiano? Non credo sia così. Lo sanno, ma vogliono lentamente trasformare l’intero mondo della boxe in un mondo di professionisti. È questo che pagano i pugili. E non penso sia un bene per il nostro sport.”

Hai sottolineato più volte come nel settore arbitrale ci siano carenze dal punto di vista tecnico, da cosa nascono?

“Si è passati da un corso di sei mesi a uno di 60 ore. Quando vanno sul ring si portano dietro impreparazione, indecisione, inesperienza. Una volta a gestire i settori, a fare da maestri erano personaggi come Bellagamba e Tallarico. Gente che poteva arbitrare a occhi chiusi. Oggi non vedo né le stesse capacità, né le stesse personalità.”

Il 31 dicembre 2016 finirà il regime “misto”. Dall’1 gennaio 2017 dilettanti/professionisti Aiba con la Fpi, professionisti “veri” con la Lega Pro Boxe che si trasformerà in Federazione. A quel punto cosa accadrà?

“Ancora oggi non sono convinto di questo distacco netto. Tutti, Federboxe compresa, si sono accorti dei danni provocati dall’Aiba. Il pugilato gestito in questo modo avrà un futuro difficile.”

Di cosa avrebbe bisogno?

“Di tornare a una differenziazione tra professionisti e dilettanti, di regolamenti che non cambino in continuazione.”

E la classe arbitrale dove andrà?
“Anche quello sarà un grosso problema. Ma se non cambierà la motivazione che spinge oggi un uomo a diventare arbitro, non ci sarà futuro. Serve più passione e soprattutto serve personalità. Non si può sempre accettare tutto senza avere la forza di difendere le proprie idee.”

In una parola, come vedi il futuro del pugilato sotto l’egida dell’Aiba?

“Nero.”

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**Claudio De Camillis, romano di 57 anni, ha arbitrato in cinque Mondiali. Dal 1998 a Buenos Aires al 2005 in Cina dove è stato premiato come migliore del torneo. È stato il rappresentante italiano ai Giochi Olimpici di Atene 2004. Ha arbitrato in due Coppe del Mondo: in Azerbajian e a Mosca 2005, anche qui premiato come migliore del torneo. Ha arbitrato ai Giochi Panamericani di Santo Domingo e Rio de Janeiro; in tre Europei e in cinque tornei pre-olimpici. Ha fatto parte della Commissione mondiale Aiba arbitri/giudici. Dal 1983 al 2000 ha arbitrato i campionati italiani. Dal 2011 non è più tesserato per l’Italia. Dal 1989 è direttore tecnico del settore pugilato delle Fiamme Oro. Continua ad arbitrare (“Perché mi diverto”) in Portogallo e Germania, con licenza portoghese.

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