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Bordo Ring

Quando la boxe era vietata

dempseynonparielphotoL'incredibile storia di John Edwards Kelly che sul ring si faceva chiamare Jack Nonpareil Dempsey. Era la fine dell'Ottocento e il pugilato era una grande, affascinante avventura..


JOHN EDWARDS KELLY (foto) era nato nella Contea di Kildare in Irlanda il 15 dicembre del 1862. Qualche anno dopo la famiglia era emigrata negli Stati Uniti. Il ragazzo aveva lavorato in una fabbrica di esplosivi, poi aveva scoperto la boxe.

Il 7 aprile del 1883 se ne stava tra il pubblico di una palestra a Long Island. Sul ring c’era Ed McDonald, all’altro angolo mancava  l’avversario. John si era offerto di sostituirlo.

Come ti chiami, ragazzo?

Il mio nome è Jack Dempsey.”

Aveva i lineamenti dolci, il sorriso sempre pronto. Non voleva che in famiglia scoprissero che per guadagnare soldi aveva deciso di battersi a pugni nudi contro altri uomini.

Quella sera Ed McDonald era finito ko alla ventunesima ripresa e Jack Dempsey, che come pseudonimo usava il cognome della mamma, aveva cominciato una striscia di successi che sarebbe andata avanti per sei anni.

Il 13 dicembre del 1887 avrebbe dovuto affrontare Johnny Ryan a Huntingdon, sulla costa nord di Long Island.

Sfidanti, arbitro e spettatori si erano radunati alle prime luci dell’alba in un vecchio locale appena fuori New York. La boxe era vietata e la polizia era sempre in agguato per bloccare il match prima che cominciasse. L’aveva già fatto due volte, poi la nebbia aveva convinto tutti che sarebbe stato meglio tornarsene a casa.

Dopo un paio d’ore, quando era chiaro che non ci sarebbe stata l’ombra di un poliziotto in giro, si erano incamminati verso il luogo del combattimento. Dopo otto riprese di lotta era cominciata a cadere una pioggia che rapidamente si era trasformata in temporale. Il quadrato si era allagato. Dempsey e Ryan avevano l’acqua fin sopra le caviglie. Il ring era stato così smontato e portato assieme ai pugili, ai loro secondi, all’arbitro e a 25 volenterosi spettatori su un rimorchiatore che aveva cominciato a muoversi lentamente lungo la costa alla ricerca di un altro luogo dove poter riprendere il match.

L’incontro era stato spostato venticinque miglia più a nord. La pioggia nel frattempo era diventata neve. Durante le pause i pugili bevevano whisky in abbondanza per combattere il freddo.

Dopo quasi un’ora e mezzo di lotta, nel corso del round numero 45, Jack Dempsey (nella foto il suo match contro Carpentier in un'arena gremita di tifosi), che usava il soprannome di “nonpareil” (senza uguali) regalatogli da un giornalista, aveva messo ko il rivale confermandosi campione del mondo dei medi.

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Magro, muscoloso, veloce, agile. Un fantastico jab sinistro e un destro con cui riusciva a chiudere qualsiasi incontro, Jack era diventato campione del mondo dei welter e dei medi il 30 luglio del 1884 quando a Great Kills (Long Island, New York) aveva messo ko alla ventiduesima ripresa George Fulljames.

In una calda estate del 1889 aveva difeso il titolo nell’arena di San Francisco contro George Le Blanche, un canadese che aveva servito gli Stati Uniti come marine. Pugile e uomo intelligente, Le Blanche sapeva che quella era l’occasione della vita, ma sapeva anche che contro Jack “nonpareil” Dempsey non avrebbe avuto scampo. Aveva così assunto l’allenatore Jimmy Carroll, un peso leggero inglese. Non un campione di stile, ma un maestro della boxe sporca, il pugilato di strada, quello in cui ci si picchia senza stare troppo a guardare le regole. Carroll era un’autorità in fatto di colpi proibiti e per settimane aveva fatto provare a George un vecchio trucco.

Il match era andato avanti senza sorprese. Per 31 round Dempsey aveva torturato l’avversario. Ogni volta che Le Blanche partiva, lui l’anticipava con il jab sinistro o col diretto destro. Un autentico incubo.

La fine era vicina, Le Blanche l’aveva capito e l’aveva capito anche il maestro. All’inizio del 32° round, Jimmy Carroll aveva lanciato un grido disperato che annunciava l’ultimo tentativo per portare a casa il titolo.

Adesso George, adesso!

Il canadese aveva scagliato un gancio sinistro, come aveva già fatto tante volte durante il combattimento, ma stavolta l’aveva volutamente sbagliato. Quando il pugno era passato sopra la testa di Dempsey, Le Blanche aveva ruotato facendo perno sul suo tallone e aveva riportato il suo braccio indietro con una violenza tremenda. Alcuni spettatori dicevano di averlo visto colpire la mascella di Jack con il gomito, altri con il dorso del guantone. The “nonpareil”  era crollato al tappeto, vittima di un ko devastante. La gente aveva rumoreggiato, tutti erano convinti che quello fosse stato un colpo irregolare. Ma nessuno ne era totalmente sicuro. Solo qualche giorno dopo i giudici avrebbero dato il verdetto ufficiale: “colpo contro le regole”. Il titolo era restato a Jack Dempsey, la sconfitta era stata cancellata.

L’irlandese era un fenomeno del ring e tale era rimasto fino a quando non era stato travolto da una devastante tubercolosi. Malato, debole, ma costretto a combattere perché aveva bisogno di soldi. Amava bere. Non sapeva resistere ad una bottiglia di whisky e faticava a tenere a lungo i dollari nelle sue tasche.

BFBL

Il 14 luglio del 1891, a New Orleans, aveva perso il titolo contro Bob Fitzsimmons. Tredici volte al tappeto in tredici round. Ma nessun pensiero di abbandono aveva mai attraversato la sua mente.

Un campione non si ritira mai.”

Poi aveva subito un devastante diretto destro alla gola. Ko, voce rovinata per sempre.

Era morto povero il 2 novembre del 1895, a soli 32 anni.

John L. Sullivan e John Barnes avrebbero voluto promuovere una raccolta di fondi per costruire un monumento in suo onore. Ma il padre di Jack aveva negato il permesso. Per quattro anni sulla tomba del campione, al Mount Calvary Cemetery di Portland nell’Oregon, c’era stato soltanto il nome.

Poi M.J.  McMahon, un vecchio giornalista, aveva deciso di porre fine all’ingiustizia. Aveva scritto un poema e lo aveva distribuito gratuitamente in mille copie. Il 10 dicembre del 1899 il “Portland Oregonian” aveva pubblicato la poesia e subito dopo aveva lanciato una sottoscrizione. I lettori avevano risposto con entusiasmo.

Sulla nuova lapide di Jack “nonpareil” Dempsey era stato inciso un poema che cominciava così:

Lontano, nel selvaggio Oregon

su una montagna solitaria

dove le possenti acque della Columbia

si gettano nell’Oceano

dove giganteschi abeti e cedri

si riflettono nelle onde

con ombre di alberi e licheni

ho trovato la tomba di Jack Dempsey

Non ho visto monoliti di marmo

nè colonne o lapidi

in ricordo delle sessanta vittorie

che l’eroe ha raccolto

niente rose o trifogli d’Irlanda ho trovato

niente che mi indicasse

dove riposa in questo desolato posto

l’Immortale Nonpareil.

Jack “nonpareil” Dempsey, un mito per chiunque amasse la boxe, era morto solo e disperato. Ma aveva ritrovato la pace.

http://dartortorromeo.wordpress.com/


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