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Oliva scrive per noi: Maestri senza carisma, dirigenti che distorcono la realtà!

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di Patrizio Oliva

Stavo guardando su YouTube i match degli italiani al Torneo di Sofia, ho visto Valentino Manfredonia salire sul ring per il match del primo turno contro il russo Imam Khataev nella categoria 81 kg.

Al suono del gong ho provato un senso di frustrazione, ma anche di irritazione. L’azzurro combatteva a mani basse. Mi sono chiesto perché affrontare un incontro concedendo un vantaggio così grande all’avversario.

Dopo trenta secondi il primo knock down, passava un minuto e arriva il secondo conteggio. A 2:28 della ripresa iniziale il maestro Cappai saliva sul ring per fermare il match, l’arbitro lo accontentava.

Mani basse. Ho sempre detto ai miei ragazzi che se avessero provato a boxare in quel mondo non avrei più lavorato con loro. Io sono disposto a dare tutto me stesso per i pugili che alleno, ma non ho alcuna intenzione di perdere tempo con chi si avventura in scelte incondivisibili.

Io non gli avrei permesso di combattere in quel modo.

Il maestro deve imporsi, deve dettare la strategia tattica. Ma per farlo deve avere personalità, carisma.

Boxare a mani basse è una prerogativa dei fenomeni. Sugar Ray Leonard, Ray Sugar Robinson e pochi altri. Poiché nessuno di noi è un fenomeno, la boxe va interpretata in altro modo.

Maestri senza carattere, maestri che accettano tutto. Anche lo sbeffeggiamento di Clemente Russo che ha lasciato l’Italia ed è andato ad allenarsi in Russia, affermando così di non credere in alcun tecnico italiano. Dopo l’avventura senza futuro dei due cubani, adesso i maestri di casa nostra vengono nuovamente presi a pesci in faccia. Mi raccomando, stiano in silenzio e accettino tutto. Per primi ovviamente, quelli dello staff azzurro.

Anche in questo caso per reagire bisognerebbe avere carattere. Ma come, io alleno l’Italia e tu che sei un dipendente della nazionale te ne vai all’estero per prepararti? Spostate lo stesso ragionamento su qualsiasi altro sport e vedrete quanto sia assurda questa situazione.

E tanto per rimanere sugli stessi temi, dico che i risultati di Irma Testa stanno dimostrando che qui si sta sbagliando di brutto. Ha perso cinque degli ultimi otto match, a livello elite non ha vinto una sola competizione importante. Fuori al secondo turno all’Olimpiade, al primo ai Mondiali. Eppure da Youth e Junior marciava forte a livello assoluto.

In parte penso sia colpa della ragazza che si dedica con eccessiva partecipazione ad attività extra sportive. Su di lei è stato scritto un libro e girato un film. A 21 anni ha già fatto il punto di una vita. Opere che comunque poggiano sui risultati da giovanissima, ma che non trovano alcun appoggio in quelli attuali.

È già stanca del pugilato? Grazie e arrivederci.

Ha ancora voglia? Lo dimostri vincendo.

È attiva sui social dove trova un altro dei mali dello sport italiano.

Perdi? Niente paura, ci saranno sempre dieci, cento, mille parolai che diranno che sei formidabile, grande, eccezionale, la migliore. Questo fa male, distorce la realtà.

Io però mi faccio un’altra domanda. E se non fosse colpa della ragazza, se tra quelli che ne curano la preparazione tecnico/tattica non ci fossero elementi in grado di gestirla senza essere gestiti? C’è qualcuno in grado di imporsi, di dettare i tempi di allenamento e di tagliare quelli delle attività extra sportive?

Questo discorso mi porta a un’inevitabile conclusione. Come dice un vecchio proverbio il pesce puzza dalla testa, il cattivo esempio viene dall’alto.

A partire dal presidente, sino all’ultimo dei consiglieri federali.

Continuando a raccontare favole, a dire che siamo fortissimi, che raccogliamo medaglie di valore assoluto, che abbiamo una squadra di fenomeni deformano la realtà.

Non vogliono vederla, perché se lo facessero dovrebbero ammettere il loro fallimento. Un fallimento di risultati, di metodi, di scelte.

L’Italia del pugilato è in pessime condizioni.

Io amo la boxe, è stata la ragione e la forza della mia vita, vederla ridotta in questo stato mi fa davvero male.

Spero che da altre parti arrivino ulteriori analisi che aiutino a scongiurare un pericolo che io vedo assai vicino. Quello di credere a una realtà fatta di parole, chiudendo gli occhi su quanto davvero accade ogni giorno sui ring, in palestra, nei tornei, nel mondo.

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