A Bologna, dove ha tenuto un corso per tecnici, Patrizio Oliva parla di boxe e di teatro. E “vede” l’oro olimpico per Mouhiidine
di Maurizio Roveri
Patrizio parla, descrive, spiega, racconta. Esprime le sue idee tecniche. E anche espone concetti di biomeccanica dello sport, cioè quella branca che si occupa dello studio del movimento umano in ambito sportivo. Sottolinea la bellezza della tecnica nella boxe, “perché la tecnica è arte”. Cita l’Eneide e Virgilio, e quel mitico “passo” del poema epico nel quale Virgilio narra l’Incontro di Pugilato fra i Troiani e i Siciliani, quando i guantoni dell’antichità (più di 2000 anni fa) si chiamavano”caesti”, pesantissimi, formati da sette strisce di cuoio grosso, aggiunto a piombo e ferro intrecciati. Ebbene, in quella mirabile descrizione si intuisce che Virgilio considerava il Pugilato un’arte.
Patrizio Oliva, al centro della scena, è un uomo che sa coinvolgere. Appassiona. Convince. Affascina, anche: per personalità, per le cose che dice e per la chiarezza con la quale espone i suoi pensieri.
I tecnici di società pugilistiche dell’Emilia Romagna, presenti allo Sferisterio di Bologna su iniziativa di Moreno Barbi l’insegnante di pugilato della Boxe Regis, ascoltano religiosamente. E dimostrano visibilmente di apprezzare il “corso di aggiornamento” tenuto da un Personaggio così grande. Non capita tutti i giorni di poter partecipare ad un Clinic (come si usa dire nel basket) condotto da colui che è stato medaglia d’Oro ai Giochi Olimpici di Mosca 1980, tre volte Campione del Mondo WBA da Professionista nella categoria di peso dei superleggeri, fra il 1986 e l’87, inoltre 12 volte campione d’Europa. Uno dei soli quattro personaggi nella storia del Pugilato italiano ad aver vinto sia l’oro olimpico da Dilettanti, sia il titolo mondiale da Professionisti (gli altri sono Nino Benvenuti, Maurizio Stecca, Giovanni Parisi). Patrizio poi è diventato un bravissimo Maestro. Nella sua Napoli. E commissario tecnico della Nazionale Italiana, dal 1996 al 2000.
A distanza di un ventennio Oliva è tornato a collaborare con la Federazione. Gli hanno assegnato la gestione della nazionale Schoolboys. Che Patrizio ha accettato con entusiasmo, calandosi nella parte con umiltà e con la solita genuina passione. Dalle sue mani, dalla sua esperienza, dalla sua sapienza possono nascere e crescere i campioni di domani del pugilato italiano.
Una quindicina i tecnici presenti allo Sferisterio bolognese. E una ventina i giovani pugili presenti. Con i quali ha lavorato Oliva nella seconda parte del corso. Quella dimostrativa. Ed è stato uno spettacolo ammirare le tecniche, da quelle difensive a quelle d’attacco. Agli allenatori delle palestre dell’Emilia Romagna, presenti al corso, Oliva ha lanciato un messaggio. Lo stesso che ripete in giro per l’Italia. “Sappiate proteggere gli Schoolboys, abbiate cura dei dettagli nell’insegnamento, perché è a quell’età che si assimilano movimenti e impostazione. E non abbiate fretta. Con i ragazzini di 13 e 14 anni non bisogna inseguire i risultati. Occorre avere pazienza. Lasciate che si divertano. Debbono amare il pugilato. E più sarete precisi e corretti nell’insegnare i gesti tecnici, meglio i ragazzi impareranno”.
Mente aperta e versatile, in grado di afferrare ed elaborare idee nuove, Oliva è un sessantaquattrenne maturo e molto attivo. Con una bella passione per tutto quel che fa. Cioè: la boxe, come educatore e insegnante, il progetto “Mille Culure” sport e cultura a Napoli, il Teatro che è una sua vecchia passione (e gli sta dando belle soddisfazioni). E anche il canto. Lo sapevate che il campione del mondo degli Anni Ottanta ha anche inciso un disco?
Ecco, di tutto questo, e anche della Società di oggi che si trasforma in pericolo per i giovani, ho parlato con Patrizio Oliva. Nell’intervista, i suoi pensieri, le sue parole.
Patrizio, dopo il ciclo olimpico, nel 2000 lasciasti l’incarico di Commissario Tecnico della Nazionale azzurra. Che cosa accadde?
“Arrivò Falcinelli come Presidente, non avevamo buoni rapporti e quindi me ne andai”.
Poi, dopo oltre vent’anni il ritorno a lavorare per la Federboxe. Che cosa ti ha spinto?
“Flavio D’Ambrosi era appena diventato Presidente della Federazione Pugilistica Italiana, nel febbraio 2021. E mi chiamò. Mi fece una proposta. Dicendomi: “Ora sono io il Presidente, devi starmi vicino, vorrei che i bambini crescessero sotto la tua guida perché meglio di te non ce ne sono per questo delicato incarico”. E mi assegnò la Nazionale Schoolboys. Accettai. Con entusiasmo. Mi piace, mi stimola, questo tipo di lavoro. Io mi sento un educatore”.
E’ apprezzabile la tua umiltà. Avevi l’incarico più importante, sul finire degli Anni Novanta. Eri il Commissario tecnico, avevi il ruolo numero 1. Adesso gestisci gli Schoolboys, i ragazzini di 13 e 14 anni…
“Non è riduttivo. Anzi, questa rappresenta per me una bella sfida. E’ un lavoro molto delicato. E dunque importante. Bisogna curare la crescita dei ragazzini con sensibilità. Perchè tutto nasce da lì. Tutto parte dagli schoolboys. Qui c’è il domani del pugilato italiano. Sono poco più di bimbetti. Se tu, insegnante, sbagli e prepari un percorso difficile o pericoloso, rischi di perderli. Bisogna evitare sicuramente situazioni che possano compromettere il loro futuro nella boxe. Questi ragazzini vanno solo tutelati. E il loro entusiasmo va valorizzato. A quell’età debbono potersi divertire. Un ragazzetto di 13 o 14 anni non deve avere velleità di prendere medaglie in campo internazionale, perché è una follia. Per quale motivo? Perchè da noi in Italia, per una legge del Ministero della Sanità, possiamo cominciare a combattere dopo aver compiuto il tredicesimo anno di età. In altri Paesi già all’età di 8 anni fanno agonismo. Di conseguenza, quando noi debuttiamo ci troviamo a competere con pugili che hanno già alle spalle venti, trenta o anche quaranta match. E a livello giovanile, anche dieci match in più fanno la differenza. E’ qua che gli allenatori, quando portano i ragazzini a combattere, debbono saper curare la scelta degli avversari. Un ragazzino non va fatto combattere contro chiunque, perché ciò può diventare pericoloso. Gli insegnanti debbono capire il livello dei loro ragazzi e metterli nella situazione di incontrare avversari di pari livello. A quell’età è necessario far crescere il ragazzo in maniera graduale. Passo dopo passo”.
Sotto questo aspetto, sono preziosi i contatti che tieni con i tecnici delle società dilettantistiche
“Eh sì perché parlando di queste cose, non solo tengo un corso tecnico di aggiornamento, ma posso confrontarmi con gli allenatori delle società locali e cerco di trasmettere il mio pensiero. Così da favorire una uniformità di vedute”.
Un bilancio di questi due anni, gestendo i ragazzi nuovi. Quali sono i più promettenti, quelli che potrebbero diventare i campioni del futuro?
“Ai Campionati Europei dell’anno scorso prendemmo quattro medaglie: un argento e tre bronzi. Quest’anno, ad agosto, siamo stati penalizzati: costretti a subire delle ignominie pazzesche. Avremmo potuto prendere una medaglia d’oro, avevo anche il pugile migliore degli Europei. Non gli è stata assegnata la vittoria contro il pugile inglese. Ma aveva vinto nettamente l’azzurro, Daniele Fabi, quattordicenne della Rignano Boxing Club. Gli inglesi stessi, poco dopo la conclusione del match, sono venuti nel nostro spogliatoio a chiederci scusa per quel verdetto scandaloso”.
Patrizio Hall of Fame
I ragazzi di oggi. Parlando in generale. Come crescono in un mondo che è difficile, che è cambiato, che tende a perdere valori…
“Lo si legge e lo si vede in TV che c’è un aumento della violenza giovanile. In tutta Italia. Sembra che sia diventato uno status symbol portarsi un coltello appresso. Le baby gang. Che sono poi aizzate dai social. E in questo senso i social commettono delle cose gravissime, facendo pensare ai ragazzi che le scorciatoie siano la strada più facile per poter avere successo. Così crescono dei giovani senza spina dorsale. E’ pericoloso. Noi invece dobbiamo far crescere ragazzi con dei valori, ragazzi forti. E non intendo forti fisicamente, bensì mentalmente. Cioè il ragazzo che sa accettare le proprie debolezze e trasformarle in punti di forza. E quindi, sotto questo aspetto, il pugilato può essere uno sport altamente educativo e formativo. Attraverso i sacrifici che questo sport richiede si possono avere buoni messaggi”.
Sul piano dell’attitudine, della mentalità i ragazzi che alleni in palestra, sia in Nazionale sia nella tua palestra “Mille Culure” di Napoli, come sono? Come si confrontano nel dialogo con un grande campione del recente passato?
“Sicuramente sono ragazzi più svegli, sono intelligenti, preparati scolasticamente. E sotto questo aspetto non è come quando combattevo io da ragazzetto, a quell’età già in tanti già non andavano più a scuola: c’è chi si doveva dedicare al lavoro, altri prendevano brutte strade. Adesso c’è’obbligo di mandare i ragazzi a scuola fino ai 16 anni e i genitori vengono sanzionati se non lo fanno. Ed è giusto”.
“I ragazzi che vengono in palestra fanno una scelta consapevole. A volte c’è anche quello che viene per fare il bulletto, ma si accorge presto che il pugilato è fatica, è sacrificio, è duro allenamento. E che sul ring non ci sono vie di fuga”.
Come ti rapporti con i giovanissimi che alleni, che prepari al pugilato e alla vita?
“Parlo chiaro. Da educatore voglio crescere prima l’uomo che l’atleta. Alleno i ragazzi trasmettendo loro principalmente valori come la dignità, il rispetto, il senso del sacrificio. Voglio che sappiano accettare i valori veri della vita. Se non c’è l’uomo, non c’è’atleta. Una volta assimilati questi princìpi, e aver accettato le regole dello sport, i ragazzi possono comprendere le regole del vivere civile. Ovviamente noi educatori siamo anche i primi a capire come sono e che cosa chiedono i ragazzi. Bisogna capirli. Al tempo stesso, però, ci vuole da parte nostra un po’ di polso duro. La famiglia, la società di oggi, accettano troppo, sono permissive. Questo non va bene. Si sono trasformati i “no” educativi di una volta in “sì” troppo permissivi”.
In palestra, dal punto di vista tecnico, che cosa insegni principalmente a questi ragazzi tredicenni e quattordicenni?
“L’impostazione, la guardia, la difesa, il gioco di piedi, gli spostamenti, bloccare i colpi. Tutto quello che serve per proteggersi quando si sale sul ring”.
Il pugilato italiano e le Olimpiadi di Parigi, estate 2024. Quattro azzurri della boxe hanno già conquistato il pass per i Giochi in terra di Francia. Altri potrebbero aggiungersi attraverso i Tornei di qualificazione che andranno in scena a Milano e in Thailandia.
“Nel gruppetto attuale abbiamo due leader. Aziz Abbess Mouhiidine, 92 chiili, ha un’espressione pugilistica di grade qualità. Ha dimostrato ha d’essere il migliore al mondo e può vincere l'oro ! Stessa cosa per Irma Testa, ha classe ed esperienza, è la campionessa del mondo. Credo che anche Salvatore Cavallaro, 174 combattimenti alle spalle, saprà farsi valere”.
Mille Culure è la tua palestra. Mille Culure, il cui nome deriva da un verso d’una mitica canzone di Pino Daniele, è una Associazione di sport e cultura del quale sei socio, assieme a Carlo Palmieri, Ciro Ferrara, Diego Occhiuzzi, Franco Porzio, Giuseppe Porzio, Manuela Migliaccio, Massimiliano Rosolino, Pino Maddaloni.
“Facciamo tutti gli sport, ma non soltanto sport. Anche tante altre cose a livello sociale.Siamo un punto di riferimento in un quartiere difficile. Facciamo pagare appena 35 euro al mese. Ma I bambini e i ragazzi di famiglie bisognose, che vengono da noi, qui non pagano. L’importante è toglierli dalla strada. La palestra è grande e possiamo fare un po’ di tutto: dal pugilato alla scherma, dal judo al taekwon-do, Muay Thai, il fitness. Siamo nel quartiere Traiano, zona Fuorigrotta”.
Il teatro. L’amore per il teatro quando e come è cominciato?
“Io faccio tutto quello che mi trasmette passione. Nella vita se non c’è passione, non provi emozioni. Già nel 2013 avevo debuttato come attore teatrale, interpretando Pulcinella. E poi è nata l’idea di scrivere la mia biografia. Fabio aveva già scritto diversi libri, lui è un autore straordinario e non lo dico perché Fabio Rocco Oliva è mio nipote ma perché è veramente molto bravo e la sua scrittura è splendida. Così è stato realizzato nel 2014 “Lo Sparviero”. I critici letterari parlarono in maniera sublime di questo libro: dissero che pensavano di trovarsi davanti alla classica biografia sportiva e invece scoprirono di trovarsi davanti ad una tragedia greca. Nel 2014 è stata considerata una fra le dieci migliori biografie a livello internazionale. Lui, Fabio, è un bravissimo insegnante di storia e filosofia”.
E dal libro è nata l’idea di portare la storia della tua vita in Teatro
“Esattamente. Patrizio vs Oliva, si chiama il lavoro teatrale. Drammaturgia di Fabio Rocco Oliva. Edizioni Sperling&Kupfer. Con me recita Rosselle Pugliese. Cominciammo a Napoli, in occasione del Napoli Teatro Festival. E l’abbiamo portato in diverse altre città. Palermo, Roma, in Sardegna, in giro per l’Italia. Giovedì della prossima settimana lo proporremo a Trento”.
Prima, precisamente questa sera, Patrizio sarà a Pontedera, dove sul ring del Teatro dell’Era verranno rivissute le imprese del leggendario Sandro Mazzinghi. “Il ciclone di Pontedera”, è il titolo di questa pièce teatrale scritta e condotta da Dario Torromeo. Che è tratta dal suggestivo libro “Anche i pugili piangono” (Sandro Mazzinghi un uomo senza paura nato per combattere). Scritto con grande sensibilità dallo stesso Torromeo.
Oliva reciterà un capitolo del libro, quello dove viene magistralmente descritta la sfida mondiale del Ciclone di Pontedera contro Ki Soo Kim. Memorabile battaglia del 26 maggio 1968, in un torrido pomeriggio milanese allo stadio di San Siro, preso d’assalto da 65.000 spettatori. Al termine d’una intensa aspra emozionante battaglia di 15 round, Mazzinghi tornava sul trono mondiale dei superwelter (WBA e WBC).
Patrizio, che cosa ti piace del Teatro?
“Tutto. E’ un mondo che mi affascina. Recitare mi piace, mi è sempre piaciuto fin da ragazzo. Poi cominciai a fare il pugile. Però il teatro non l’ho mai dimenticato. E’ una vocazione anche questa. E ora sono contento di farlo. Ne sono fiero”.
Patrizio Oliva anche cantante. Eh già. Forse non sono in tanti a sapere che un Pugile fra i più importanti nella storia della boxe italiana, campione olimpico da Dilettante e campione del mondo da Professionista, ha inciso un disco. Un album, uscito nel 1988, dal titolo “Resterò qui” che include 12 brani firmati da Albertelli, Malgioglio, Menegale e due brani dallo stesso Oliva.