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Sandro Mazzinghi, la storia di un uomo senza paura…

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“Anche i pugili piangono” di Dario Torromeo. La tormentata vita di un uomo nato per combattere

 

Giuseppe Signori (Milano 1913-2002), giornalista e scrittore di boxe. Assieme a Davide Lajolo ha fondato la redazione sportiva de “L’Unità”. Ha scritto “Angeli e demoni del ring: da Carnera a Cassius Clay” e “K.O.: storia, avventure e segreti del pugilato mondiale”. Nel 1960 ha vinto il Premiolino Bagutta per l’articolo “Sette proiettili per Bummy Davis” pubblicato su “Il Campione”. Profondo conoscitore della boxe, ancora oggi punto di riferimento per chiunque voglia scrivere di questo sport. Ha scritto la prefazione di “Anche i pugili piangono”, la drammatica storia di Sandro Mazzinghi: un uomo senza paura, nato per combattere. Una prefazione che unisce stralci di suoi articoli pubblicati su “ABC” e su “L’Unità”.

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L’ho detto ad Angelo Dundee.

Sandro Mazzinghi non è un lottatore da piccola arena come il Sunnyside. Per me starebbe bene al Madison Square Garden di New York City.

Ho detto ad Angelo che Mazzinghi avrebbe potuto fare a pezzi Ralph Dupas. Gli ho detto che quando Sandro fiuta il ko, aggredisce il nemico con la furia di una tigre, lo finisce a due

mani con folgori che sprizzano nella notte.

Mazzinghi non è un uragano di pugni e basta. Nella mischia, dentro e fuori, ci va abbastanza pulito con gli occhi aperti. Non è solo confusa violenza, disordine e braccia mulinate come faceva Tony Galento.

Certo, Sandro Mazzinghi diventa thehurricane, l’uragano, quando bisogna diventarlo. Le sue cannonate a due mani fanno male, sono pesanti. Finiscono per devastare e distruggere, sono anche precise. Diventano due volte potenti. Micidiali.

La gente comincia a urlare. Sente il ko vicino. Sandro aggredisce con sistema e continuità, sprizza fulmini da ogni guantone, non lascia respirare il nemico.

La gente salta in piedi. Fiuta la fine del forestiero. Mazzinghi lo insegue inesorabilmente, lo inchioda alle corde. Lo finisce a due mani con dieci bombe, con cinquanta bombe, con cento bombe che esplodono nella notte l’una dopo l’altra.

Avete fatto la guerra? Pensate a qualche dannata notte di allora. Ecco come Sandro Mazzinghi, il bombardiere, ha finito Wilfred Greaves, come ha sgretolato Donald Fullmer, il mormone.

Sandro è un biondo villoso dal volto piacevole, simpatico, ardito, da acerbo etrusco. Il suo sembra un viso meno enigmatico di tanti altri toscani, ma si tratta soltanto di età, di tempo, esperienza. Presto anche lui diventerà misterioso e indecifrabile.

La notte in cui ha distrutto Hippolyte Annex a Parigi, ho subito pensato che per lui si erano aperte le porte della celebrità come dell’oro. Quarant’anni prima era accaduta la stessa cosa a Bruno Frattini, il leone milanese. Billy Balzac e poi il campione di Francia dei medi Maurice Prunier, abbattuti drammaticamente, avvolsero Bruno in quella fama che sempre lo circonda anche dopo la scomparsa.

Magari Sandro Mazzinghi, così giovane, non conosce la storia del suo favoloso predecessore, una storia che potrebbe ripetersi. Il piccolo toscano biondo ha ancora bisogno di altro tempo, di pazienza, di buona volontà, di disciplina per riuscire completamente in questo duro mestiere.

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Deve parecchio ai suoi pugni di ferro, ma ancora di più conta la serietà con cui un prize-fighter, un lottatore a pagamento, affronta le vicende alterne, a volte inebrianti, ma spesso amare della virile professione.

Sandro Mazzinghi ha gli occhi chiari dell’uomo aspro, onesto, coraggioso che sa stringere i denti per soffrire, per resistere ai colpi e battersi nel dolore, qualsiasi cosa lo attenda, sino alla fine: incurante delle ferite come del sangue che gli cola sul volto, insensibile alle urla della gente amica e nemica che si agita fuori dalle corde, nel buio dell’arena.

Con rabbia e determinazione ha prima vinto il titolo a Milano dopo nove drammatici round e ha poi distrutto Ralph Dupas a Sydney per la seconda volta.

Lo seguo sin da quando se ne è andato a Parigi per la partita con Hyppolite Annex, ultima gloria di Francia per i pesi medi. L’ho paragonato a Bruno Frattini, l’antico Leone dell’epoca d’oro del pugilato nostro.

Niente fa ritenere che il richiamo sia inesatto, sul piano del ruvido coraggio e della dignità virile. L’ho definitivamente capito la notte della vittoria su Ki-Soo Kim. Ha potuto farcela, Sandro, perché il suo coraggio è fiammeggiante come il suo sangue generoso. Non ho più dubbi: Mazzinghi è davvero il nuovoBruno Frattini.

Quindi, un pugile da leggenda.

"Anche i pugili  piangono" di Dario Torromeo, edizioni Absolutely Free. Pagine 220, 15 euro. In tutte le librerie a Natale.

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