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Boxe&Dintorni

Parker batte Cojanu senza convincere

 Parker now has 23 wins from 23 fights

Il neozelandese ha difeso per la prima volta il titolo WBO dei massimi, ma senza entusiasmare

 

Di Matteo  Biancareddu

 

La vittoria ai punti di Joseph Parker (23-0-0, 18 KO), che ha difeso a Manukau City (Nuova Zelanda) il titolo WBO dei massimi dalla risibile minaccia di Razvan Cojanu (16-3-0, 9 KO), è stata poco entusiasmante sia nel risultato sia nelle modalità con cui è maturata. Cojanu era infatti un rimpiazzo dell'ultima ora, ingaggiato dal promoter di Parker per sostituire l'inglese Hughie Fury, che ha dato forfeit ad appena due settimane dal match. Si trattava, dunque, di una semplice difesa di routine, la prima per il fresco campione WBO, da cui era lecito attendersi una prepotente vittoria per KO. Ma Parker non è andato neanche vicino al successo prima del limite: non ha mai scosso Cojanu, né tantomeno è riuscito ad atterrarlo; si è invece limitato a boxarlo senza slanci significativi per l'intera durata del confronto, suscitando ulteriori perplessità dopo quelle già destate nelle ultime uscite.

Cojanu, quattordicesimo nel ranking dell'ente, era stato sparring partner di Parker in vista della sfida con Fury, che ha poi soppiantato sul ring; anche per questa ragione, il clan del campione l'ha scelto come sostituto dello sfidante ufficiale, ritenendo che la conoscenza reciproca fosse un vantaggio per Parker. Lo è stata invece per Cojanu, salito sul ring con la serenità di chi sa esattamente cosa attendersi. Il rumeno si è rivelato un avversario scorbutico e poco collaborativo, dedito all'ostruzionismo e concentrato unicamente sull'obiettivo di evitare il KO. Che ha infine raggiunto senza eccessivi patemi.Forte di un vantaggio in altezza di nove centimetri e in peso di tredici chili, Cojanu ha da subito tenuto un atteggiamento impudente e canzonatorio, scandito da sorrisi ed espressioni provocatorie all'indirizzo del rivale. E Parker è caduto nella rete, tradendo più volte segnali di nervosismo. La frustrazione del campione era inoltre alimentata dall'efficacia con cui lo sfidante frenava i suoi attacchi, dimostrando di leggerli in anticipo in virtù della conoscenza pregressa. Cojanu teneva una posizione molto laterale, con la spalla sinistra sollevata, e riusciva così a bloccare almeno parzialmente i destri del neozelandese, riducendo al minimo i danni. Parker confermava la nota velocità di braccia e l'abilità nelle combinazioni, ma raramente trovava uno spiraglio nella guardia del rivale, se non con i colpi al corpo. Nelle sporadiche occasioni in cui i colpi di Parker andavano a segno, Cojanu era scaltro nello spezzare le azioni avversarie con i clinch, che gli costavano un discutibile richiamo ufficiale - con annessa detrazione di un punto - nel quarto round. Fino alla sesta ripresa, il rumeno si dedicava in modo esclusivo al contenimento delle iniziative altrui, ma lo faceva senza affanni.Solo al giro di boa, Cojanu cominciava a mettere il naso fuori dal guscio, ma non abbastanza da ravvivare lo scontro. Sia chiaro che anche Parker aveva la sua parte di responsabilità nella monotonia del combattimento: soprattutto, gli si può imputare l'eccessiva discontinuità nelle azioni, peraltro già nota a chi ne abbia visto gli ultimi incontri. Quando il neozelandese arrecava una qualche difficoltà all'avversario, non dava seguito all'azione alimentando il forcing, ma allentava la presa e lasciava che il rivale si ricomponesse. Lo faceva forse per non correre rischi, fedele all'impostazione guardinga voluta dal suo allenatore Kevin Barry; o forse per l'altrettanto nota carenza di fiato, che non gli permette di tenere un ritmo elevato per i tre minuti del singolo round. Comunque sia, l'azione di Parker non era abbastanza incalzante da mettere in seria difficoltà l'avversario, che infatti se la rideva bellamente.In mancanza di un forcing apprezzabile, sarebbe servito un singolo colpo da KO per abbattere la resistenza di Cojanu. Ed è qui che si manifesta il secondo limite denunciato da Parker: la sua potenza, per quanto non trascurabile, non sembra paragonabile a quella dei massimi attori della categoria. Più in generale, sembra che Parker abbia una "cilindrata" inferiore a quella dei vari Joshua, Wilder e Fury: il neozelandese dà sempre più l'impressione di essere un peso massimo "light", troppo leggero - non tanto nel peso, che anzi è adeguato alla media, quanto piuttosto nella forza d'urto. I massimi odierni sono impegnati in una gara al rialzo sul campo della forza e delle dimensioni fisiche: chiunque voglia eccellere spostando il confronto sul terreno della tecnica e della velocità deve dimostrare una superiorità nettissima in quel settore, altrimenti è destinato a pagare pegno all'esuberanza fisica degli altri. Parker è indubbiamente un bel pugile, ma non sembra ancora abbastanza bravo da competere con i mastodonti al vertice della categoria, e non è detto che lo diventi. Un fatto è certo: i tempi non sono ancora maturi per una sua sfida con i massimi esponenti della divisione. Il neozelandese è ancora un cantiere aperto.

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