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Bordo Ring

Il “caso” Mangiacapre

MangiaSe continua a fare il medio il suo futuro sarà comunque buio.Si rischia di bruciare un talento. Avevamo un asso e ce lo siamo tenuto in mano…



Vincenzo Mangiacapre ha 24 anni e un grande talento. Scrivevo da Londra dopo la conquista della semifinale olimpica.

“Mangiacapre ha dominato Daniyar Yeleussinov. Trenta secondi per capire chi avesse davanti, poi via. Cominciava la lezione. Attacchi in controtempo, rapidità di esecuzione, grande condizione atletica. Ma soprattutto schivate millimetriche.

“Visto? Sono come Matrix!”

Si divertiva sul ring Vincenzo, mentre a chi lo guardava dalla tribuna regalava allo stesso tempo emozioni e timori. Quelle mani basse, quel rischio addirittura cercato. Ma era proprio nel mandare a vuoto gli attacchi dell’azero che Mangiacapre trovava il massimo del divertimento. Nel fargli sentire il colpo in canna, e poi muoversi leggermente sul tronco e mandare a vuoto lo sparo.”

Sono passati otto mesi e non sono più riuscito a rivedere quel talento. Ha deciso di percorrere la strada delle World Series of Boxing, quel limbo in cui non capisci se sei un professionista o un dilettante. Ma soprattutto ha scelto di combattere al limite dei 73 chili, lui che ai Giochi ha vinto il bronzo a 64.

Da agosto a oggi ha disputato solo quattro match, gli stessi che un dilettante bravo combatte in un torneo e poco più. Ha vinto tre volte, ma l’ha fatto contro rivali mediocri. Cosa che non avrebbe potuto fare se avesse frequentato la via del dilettantismo puro, quello di una volta.

Mangiacapre, che è numero 6 nella classifica Aiba per le Wsb, ha battuto il moldavo Vasili Belous (46 della classifica, tre sconfitte in stagione), l’estone Kanpo Arro (30, due sconfitte e una vittoria: contro Camp) e lo statunitense Jeffrey Camp (49, tre sconfitte). Nessuno di loro aveva alle spalle un solo risultato di rilievo a livello internazionale.

Poi, al torneo Bee Gee di Helsinki, Vincenzo ha incontrato (stavolta al limite dei 69 chili) il finlandese Hietola Antti e ha perso. Di misura, per preferenza, ma ha perso.

Sono state proprio le ultime due esibizioni ad alimentare i dubbi. Contro Campus ha raccolto l’unico successo prima del limite per un imprevisto abbandono dell’americano all’inizio del terzo round, ma ha fatto vedere più sbracciate che colpi puliti. Contro il finlandese ha faticato a trovare le soluzioni al corpo e non è riuscito a scaricare serie in velocità. E davanti non aveva certo un fenomeno, ma un onesto dilettante di 19 anni che al suo esordio internazionale (Mondiali youth 2012) aveva perso al primo turno.

Ora mi chiedo. Ha davvero un senso far combattere Vincenzo Mangiacapre nei pesi medi? Lui che è stato grande da superleggero (bronzo olimpico e mondiale), trova uomini più forti fisicamente e in grado di reggere i colpi molto meglio di quanto non facessero gli avversari nella sua categoria naturale.

Nel professionismo italiano girano pochi soldi. Questa è cosa nota. Nel dilettantismo italiano i soldi sono molti di più. Anche questo è risaputo. Ma vedere sprecato un talento assoluto come quello del ragazzo di Marcianise è un delitto sportivo. Anche perché tra i pesi medi, anche tra i dilettanti, non credo possa avere un futuro. Lo fanno combattere quando il rivale è di medio/basso livello. Vogliono portarlo fino a Rio 2016. Bene, in quale categoria? Spero non in quella dei 73 chili.

Uno come lui, bravo e dotato di una personalità forte al punto da diventare personaggio al primo impatto, avrebbe scosso il mondo del professionismo italiano. Mangiacapre avrebbe dato nuova linfa a un movimento che poggia sempre di più su pugili di valore, ma in là con gli anni. E invece non è accaduto.

Vogliamo definire Vincenzo Mangiacapre la grande occasione mancata del professionismo italiano? Credo sia così. Sicuramente è l’ennesima conferma di come per la boxe di casa nostra il futuro sia sempre più stretto. Bundu, Marsili e Boschiero sono buoni, anzi ottimi pugili. Ma non sono certo giovanissimi. Serviva una scossa importante, sul piano dell’immagine e su quello della concretezza.

Si è preferito tenere in un mondo ibrido l’unica novità assoluta di questo sport, fargli disputare un anno senza acuti. E soprattutto creare un mistero sul suo futuro.

Diventerà professionista con l’Aiba? In quale categoria di peso?

Andrà all’Olimpiade di Rio de Janeiro 2016? Con quale esperienza alle spalle, se continuerà a disputare stagioni come questa?

Peccato, avevamo un asso da giocare. Ce lo siamo tenuti in mano.

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