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Bordo Ring

Bundu merita un mondiale

bundu11111Dominato Castellucci nella difesa europea, dovrebbe affrontare lo sfidante ufficiale Zaveck in un match che potrebbe valere una semifinale per il titolo Wbo

Leonard Bundu (foto di Alberto Germinario) merita un’occasione mondiale. Ma non sarà facile fargliela avere. E’ numero 8 della Wba. Lì il campione è l’italo americano Paul Malignaggi che combatterà in ottobre a New York (inaugurerà il nuovo Palasport Barlclay) contro Dmitriy Salita, che non è nei primi 15 dell’ente, ma poco conta. Il problema è che l’aggancio a Malignaggi è diventato estremamente complicato. Una possibilità esiste, ma è estremamente remota.

Leonard è 11 del Wbc. Lì il campione è Floyd Mayweather. Discorso chiuso.

La grande occasione (parlo della Wbo) potrebbe essergli aperta da Jan Zaveck, lo sfidante ufficiale all’europeo dei welter detenuto dal fiorentino della Sierra Leone. Lo sloveno, che gode di grandissima popolarità nel suo Paese, è in grado di riempire Palasport da 12.000 posti. E quindi, se un accordo dovesse esserci, sembra quasi certo che la sfida andrebbe a farsi lì. Buona borsa e allettanti prospettive per Bundu. Zaveck infatti mira ad una chance mondiale, l’obiettivo è appunto il mondiale Wbo (dove lui attualmente è numero 4) di Timothy Bradley, l’uomo che ha (ingiustamente) tolto il titolo a Manny Pacquiao. Il 25 agosto Zaveck combatterà a Lubjana. A bordo ring ci sarà anche un uomo del clan di Mario Loreni, l’organizzatore che gestisce la carriera di Bundu. Cercherà di chiudere l’accordo per la sfida europea, un match che Zaveck sembra sia propenso ad accettare solo se varrà anche come semifinale mondiale. Impresa ardua, ma non impossibile.

Detto questo, provo a spiegare perché Leonard Bundu a mio avviso merita un’occasione mondiale. E’ stato un ottimo dilettante, da professionista ha salito tutti i gradini. Campione nazionale, campione europeo, difesa del titolo. Non ha mai “schivato" un avversario. Ha talento, classe, una sufficiente dose di aggressività. E’ il migliore dei nostri pugili e non si è mai risparmiato. Credo possa bastare. Sabato notte l’ho visto protagonista di un’altra bella prestazione, ottimamente guidato all’angolo dal maestro Alessandro Boncinelli.

Leonard mi è sembrato una piccola pantera. Si è mosso con delicatezza sul ring, ma senza pietà. E’ così che deve fare un campione. E’ stato veloce, talentuoso. Gli manca la potenza, dicono. Bella scoperta. Avesse avuto anche quella sarebbe stato un fenomeno. Ma quando porta le serie, un ricordo lo lascia sempre nel fisico dello sfidante. E non è un ricordo piacevole.

Sabato ha dominato Stefano Castellucci. E, credetemi, è stato facile solo perché il campione lo ha reso tale. Lo sfidante aveva fisico e pugno, ma non è riuscito a far vedere né l’uno, né l’altro. Quando ha cominciato a provarci, parlo dell’inizio del quinto round, ha mostrato qualcosa di buono. Ma poco dopo l’europeo dei welter era già finito.

Come finiscono molti dei match di Bundu. Interrotto per ferita. Una maledizione che non ha risparmiato Leonard neppure questa volta. Una testata accidentale, un brutto taglio tra la parte inferiore dell’arcata sopraccigliare sinistra e la parte alta della palpebra. Bene ha fatto l’arbitro Massimo Barrovecchio a chiamare l’intervento del medico, bene ha fatto il dottor Sturla a fermare l’incontro.

Verdetto fin troppo facile, giudici concordi (50-44, il punto in più è per il conteggio subito da Castellucci nella seconda ripresa). Anch’io avevo identico cartellino. Facile il giudizio sulla sfida. La velocità di Bundu, la sua aggressività, la capacità di portare colpi in serie (da applausi quelli al corpo, una rarità di questi tempi) hanno comandato il combattimento. Un'altra vittoria, la ventissettesima (due pari completano il record) per un pugile che con il passare degli anni migliora. “E’ come il vino buono” ha sottolineato Boncinelli (con cui mi scuso per averlo chiamato un paio di volte, durante la telecronaca per Sportitalia, Bonciroli). Vero, ma siamo arrivati a 37 e mezzo. Non c’è molto spazio per continuare a sognare. Ora bisogna agire, servono fatti. Facile a dirsi, l’analisi della situazione  dimostra che il compito è ai limiti dell’impossibile.

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