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Bordo Ring

Moscatiello, da “pisellino” a Big

MoscatielloEcco la storia di un piccolo rugbista che, diventato grande, ha scelto la boxe e adesso (a sorpresa) si batte per il titolo europeo…

 

Quando giocava a rugby, per tutti era “pisellino”. Il piccoletto che si muoveva in mezzo ai colossi. Ora che fa il pugile, Antonio Moscatiello è diventato “Big” anche se l’altezza è rimasta la stessa. Il soprannome gli è rimasto appiccicato da quando andava con gli amici alla colonia estiva gestita dal Comune. Vinceva ogni gara in cui era coinvolto. Fosse una serie di tuffi, una corsa, il gioco della sedia. Era il più rapido, così l’assistente che doveva gestire quel gruppo di ragazzi aveva deciso di annunciarne il nome come se fosse improvvisamente diventato il Michael Buffer della Bovisa.

   “Signore e signori, ecco il vincitore. Antooonio Biiig Moooscatieeello”.

   Quel soprannome se lo porta ancora dietro. E gli piace. Come gli piace il lavoro che fa a 29 anni, il pugile. Meglio di quelli messi in fila negli anni della prima gioventù: manovale, elettricista, autista edile. Poi, la palestra. Cinquantaquattro match da dilettante sulle orme dello zio, Giacobbe Fragomeni. E quando il re della Stadera diventa campione del mondo dei massimi leggeri Wbc battendo il ceco Rudolf Kraji, lui esordisce al professionismo. E’ il 24 ottobre del 2008.

   Rugby e calcio appartengono al passato. E’ stato portiere, difensore, centrocampista. Attaccante mai. Non ne aveva le caratteristiche, dice quasi voglia scusarsi. Due fratelli, una sorella, nessuno sportivo praticante in casa. Ha scoperto la boxe a 16 anni, è stato amore a prima vista. Oggi la pratica alla “Forza e Coraggio” di Milano. Dice che è uno sport che ti permette di scoprire i tuoi limiti, di conoscere meglio te stesso.

   Per conoscersi ancora di più è andato, con il manager Christian Cherchi (figlio di Salvatore, boss della Opi 2000) per tre settimane a Los Angeles. Si è allenato nella palestra di un guru della boxe, Freddie Roach, il maestro di Manny Pacquiao. Ha fatto i guanti con Paul Malignaggi. Un amico, uno che proprio alla vigilia dell’europeo welter con Leonard Bundu l’ha chiamato al telefono e gli ha regalato un consiglio. Un pugile, gli ha detto, entra in palestra per vivere momenti come questo. Per capire quanto vale, quanto può dare. E non erano parole di circostanza. L’italo americano ci credeva nel più profondo dell’anima.

   Quando, dopo la rinuncia di Gianluca Branco, a Christian è frullata “l’idea Moscatiello” per la testa, ha pensato per un attimo che non fosse poi quella più giusta, ma fosse invece dettata dall’amicizia che lo lega al pugile. Ha chiamato Antonio e glielo ha detto. Per dieci secondi, mi raccontava ieri Cherchi, c’è stato solo silenzio dall’altra parte del filo telefonico. Poi, poche parole. “Ci devo pensare”. Una volta che si è convinto che l’occasione era grande e non poteva lasciarsela scappare, Big ha risposto con due sole parole: “Che figata”. L’europeo si poteva fare, il forfait di Gianluca Branco aveva generato un nuovo sfidante.

   Otto anni dividono i protagonisti. Erano già saliti sullo stesso ring, nella stessa serata. Era il 15 giugno del 2007. Leonard Bundu affrontava Luciano Abis per il campionato italiano dei welter, Moscatiello combatteva ancora da dilettante. Stavolta sarà tutta un’altra cosa.

   Tre settimane a Los Angeles a capire cosa sia la boxe americana. A Moscatiello quelle palestre piene di campioni hanno lasciato in eredità una bella serie di ricordi. Lì sei davvero all’Università della boxe. Ma una volta uscito da quella che in America chiamano gym, la città gli è sembrata troppo grande, un posto dove era facile perdersi. E non solo con il corpo. Troppi spazi, troppa lontanza dalla vita reale. Hollywood non per tutti è un sogno.

   Big ama la musica, l’hip hop. Adora i videogiochi e soprattutto va pazzo per i McDonald’s. Gli piace ballare, gli piacerebbe anche cantare. Ma è stonatissimo. Ha tanti amici, ma quelli più grandi si contano sulle dita di una mano.

   Ha corso. Ha fatto tutto assai più velocemente di quanto pensasse. E adesso è arrivato all’appuntamento più importante della giovane carriera. Lo affronterà con serenità. Quando gli chiedo come immagina il match, mi risponde sicuro. “Sarà duro, ma sono pronto per questa sfida. Sono consapevole di quello che faccio. Posso vincere”.

   E’ la boxe di casa nostra. Niente proclami, nessuno schiaffo sulla faccia del rivale, né risse in conferenza stampa. Antonio Big Moscatiello avanza mantendo un profilo basso, ma non per questo rinuncia a sottolineare le sue ambizioni.

   Questa è la sua storia. Comunque vada a finire, è un uomo coraggioso.

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