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Bordo Ring

Pacquiao, rapina a Las Vegas

paquiao-vs-marquez-3-streaming_copy Pacquiao batte Marquez ai punti a Las Vegas. A me è sembrata una rapina.

Juan Manuel Marquez ha sconfitto Manny Pacquiao nel mondiale welter Wbo. Lo ha battuto perché ha disputato un match tatticamente quasi perfetto. Ha portato più colpi, li ha portati da vicino e dalla media distanza. Li ha messi a segno al corpo ed al volto, diretti e ganci. Ma soprattutto montanti. Ha rubato il tempo dell’azione al filippino, che pure è assai più veloce di lui nel muovere le braccia.

Sul ring un uomo porta molte cose. Evidentemente più che la boxe del messicano, Pacquiao ne soffre la personalità. Non l’avevo mai visto partire così da lontano, sbagliare così tanto, fallire sistematicamente il tempo d’entrata. Sembrare, per lunghi tratti, addirittura intimidito.

Marquez ha vinto perché la sua azione è stata più costante nel corso dei dodici round. Addirittura dominante nella quarta, quinta e settima ripresa. I colpi più potenti sono stati i suoi. E’ stato insomma un successo chiaro, costruito grazie alla capacità di mettere in piedi un match che è stato un capolavoro dal punto di vista tattico. Ha sbagliato pochissimo. L’altro si è affidato a colpi isolati, a qualche lampo nato più dall’orgoglio e dalla rabbia che da una superiorità pugilistica. Pacquiao si è fatto rubare tempo e misura, elementi di vitale importanza nella boxe.

Questo ho visto ieri notte. Di questo ero convinto alla fine del match. Poi, è arrivato il verdetto. Ed è stato il filippino a portare a casa il banco. Ventidue milioni di dollari, come minimo garantito di borsa, più il titolo mondiale. All’altro cinque milioni e la rabbia per qualcosa che è assai vicina, per quanto mi riguarda, a una rapina. E allora mi è tornato alla mente un articolo che, alla vigilia, avevo letto sul New York Times.

Manny Pacquiao è una macchina da soldi per Las Vegas e soprattutto per la Commissione Atletica di quella città che con il solo match di ieri notte ha intascato il necessario per vivere un anno intero: circa 800.000 dollari. Pacquiao fa guadagnare alla città più famosa del Nevada più di ogni altro pugile. I turisti non scommettitori portano mediamente otto milioni di dollari, per il match di PacMan con Erik Morales ne sono arrivati tredici. Sessantacinquemila filippini lavorano a Las Vegas, migliaia di giocatori asiatici di bacarat piombano in città nei giorni attorno al match. Gli incassi del Casino che ospita i mondiali di Pacquiao sono mediamente del 28.9% superiori a quelli dello stesso giorno dell’anno precedente. Insomma il piccolo grande uomo è una fortuna per Las Vegas, una gallina dalle uova d’oro.

Avevo quattro punti per Marquez. Aveva vinto non solo per me, ma anche per tutti quelli che avevano riempito la sala dell’MGM Grand. Compresa la moglie del campione filippino che alla lettura del verdetto aveva disegnata sul volto un’espressione di stupore assoluto. Pacquiao aveva perso perché era stato battuto sul piano tecnico, ma soprattutto su quello tattico. Sul ring il protagonista era stato uno solo, il messicano. Meritava il verdetto. Eppure un giudice ha visto il pari, un altro due punti e il terzo (il fantasioso Glenn Trowbridge) addirittura quattro per il campione.

Dopo Joe Cortez che non ha dato il “boxe” ed ha permesso a Floyd Mayweather jr di mettere irregolarmente ko Victor Ortiz, dopo Pat Russell che ha confuso il wrestling con la boxe ed ha concesso a Chad Dawson di battere Bernard Hopkins (verdetto poi cambiato), adesso il pugilato mette nel suo record anche questo verdetto. Continuiamo così, facciamoci del male.

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