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Bordo Ring

Wilder-Fury, un match con troppe incognite per avere un pronostico

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L'inglese all'assalto dello statunitense a Los Angeles

Tre anni fa Tyson Fury aveva 27 anni ed era l'indiscusso campione del mondo dei pesi massimi. Aveva appena battuto Wladimir Klitschko e lo aveva fatto alla grande sul piano tecnico e tattico. L'ucraino si avvicinava alla quarantina ma soprattutto non si era mai trovato di fronte uno più alto di lui e con un allungo superiore capace di tenerlo lontano e che nello stesso tempo si muoveva bene portandosi fuori dalle traiettorie dei colpi. Poi all'inglese è successo qualcosa. Incapace di sopportare il carico di responsabilità che un titolo del genere comporta dapprima si è lasciato andare a esternazioni sessiste e inappropriate, poi non ha retto il peso della popolarità e dell'assalto di appassionati e curiosi, infine è andato in depressione rifugiandosi negli stupefacenti, una maledizione di famiglia visto che sia il padre che lo zio hanno conosciuto la galera per reati connessi allo spaccio. Trovato positivo a un controllo antidoping è anche iniziata una lunga controversia gestita malissimo dal British Boxing Board of Control mentre il pugile ingrassava a dismisura.

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Risolti i problemi Fury, che aveva detto di rinunciare ad essere campione del mondo e di non considerarlo più un pugile, ha deciso di rientrare. Rientro avvenuto dopo 2 anni e mezzo di sosta in un match farsa contro il troppo debole albanese Nuri Seferi a cui ha fatto seguito un altro facilissimo incontro contro Francesco Pianeta, incontro dopo il quale Fury ha ammesso di avere cercato di incamerare riprese disputate più che di aver cercato di vincere anzitempo. Poi è venuta l'offerta di incontrare lo statunitense Deontay Wilder, dall'inizio 2015 campione della sola sigla WBC.

Wilder ha 3 anni più di Fury e non ha mai voluto fare il pugile per vocazione. Dopo aver provato altri sport conformi alla sua struttura fisica si è dato al pugilato tardi per la necessità di fare soldi in fretta dovendo occuparsi di una figlia nata con la malformazione della spina bifida. Medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Pechino del 2008 fra i massimi, eliminato da Clemente Russo in semifinale, poi da professionista ha goduto di una lunga corsia preferenziale fatta di nullità o di vecchie rozze da tiro vincendo sempre prima del limite. L'unico che è rimasto in piedi fino alla fine è stato l'haitiano-canadese Bermane Stiverne quando Wilder conquistò il titolo WBC. Stiverne, uno dei più modesti campioni di sigla della storia, è stato poi travolto in rivincita senza nemmeno provarci. Va detto che nessuno degli sfidanti di Wilder ha sentito il suono dell'ultimo gong ma va anche detto che l'unico pugile decente era il cubano Luis Ortiz che difatti lo ha portato sull'orlo della disfatta prima di arrendersi alla pesantezza del pugno dello statunitense dell'Alabama.

Come la maggior parte di coloro che hanno iniziato tardi il pugilato Wilder (40-0, 39 K.O.), 33 anni, ha una tecnica che sta fra il rozzo e il rudimentale sia pure disponendo di un jab sottovalutato. Avesse un altro fisico e pesasse poco Wilder non starebbe in nessuna classifica di categoria ma invece è un peso massimo ed è in possesso di un destro che è il responsabile di tutta la sua carriera professionistica. Un destro che è alla base, probabilmente, delle esitazioni della Matchroom di metterlo di fronte ad Anthony Joshua, l'uomo nuovo della categoria di cui si vocifera la mascella non sia di granito.

Tyson Fury (27-0, 19 K.O.) di quel destro dimostra di non avere paura ma ciò che entra in ballo adesso non c'entra solo con la paura o il rispetto o le capacità tecnico-pugilistiche. Quello che il mondo pugilistico si domanda è se il ritorno di Tyson Fury a questo livello non sia affrettato. Abbiamo letto di gente che paragona l'assenza dal ring di Fury con quella di Muhammad Alì, ma Wilder non è certo la reincarnazione di Joe Frazier così come Seferi e Pianeta non lo sono di Jerry Quarry e Bonavena, gli avversari che testarono il ritorno di Alì. Capire la reale condizione di Fury, che ha anche lasciato lo zio Peter allenatore per Ben Davison, è la chiave per capire questo match. Sul piano tecnico il confronto è impietoso, Fury è anni luce meglio di Wilder, è veloce per la mole che si porta appresso, ha tecnica, movimenti ottimi dei piedi, non è un picchiatore ma fa male, incassa bene, l'atterramento subito da Cunningham non fa molto testo. Naturalmente l'opzione potenza non può che favorire Wilder ma un Fury al meglio della condizione ha la possibilità di non farsi prendere bene da quel destro per tutta la rotta delle 12 riprese e vincere comodamente ai punti. Il problema sarebbe se la condizione di Fury fosse incerta e la benzina del gitano inglese finisse presto. In quel caso si può proprio dire che sarebbero dolori.

Il match è allo Staples Center di Los Angeles

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