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Golovkin-Martirosyan, un match che nessuno voleva

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In California la sfida che sostituisce la rivincita con Alvarez

 

“Turarsi il naso” è diventata una espressione di largo uso quando il celebre scrittore e giornalista Indro Montanelli la usò per “giustificare” il suo voto alla Democrazia Cristiana alcuni decenni fa e per invitare i suoi lettori a fare altrettanto. E turarsi il naso è ciò che chi scrive deve fare per adattarsi e accettare il clou della riunione dello Stab Hub di Carson, California, dove il peso medio kazako Gennady Golovkin, numero 1 della classifica dei pesi medi del Transnational Boxing Rankings Board e titolare di sigla per IBF, WBC e WBA affronterà lo statunitense di origine armena Vanes Martirosyan invece del messicano Saul “Canelo” Alvarez.

La storia di questo match è nota ma vale la pena di ripeterla. Golovkin e Alvarez si affrontarono il 16 settembre 2017 a Las Vegas in un match che doveva stabilire chi fosse il campione del mondo vero dei pesi medi. Ne uscì un match non esaltante ma soprattutto un verdetto sbagliato di parità che penalizzò il campione kazako, con la ciliegina sulla torta di un verdetto delirante della giudice Adelaide Byrd che stilò un punteggio di 118-110 a favore di Alvarez.  Dopo mesi di polemiche si arrivò alla definizione della rivincita per il 5 maggio, festa del Cinco de Mayo comune ai messicani e agli statunitensi e tradizionalmente festeggiata anche dalla boxe con una importante riunione.

Poi è avvenuto che Alvarez si è fatto trovare positivo a un controllo antidoping e, dopo le consuete e davvero imbarazzanti giustificazioni che si sono sostanzialmente rifatte a una contaminazione alimentare nella peggiore tradizione dell’atleta dopato, è sopravvenuta una blanda, retroattiva e altrettanto ridicola squalifica che consentirà ad Alvarez di combattere a settembre ma che ha almeno avuto il pudore di toglierlo di mezzo dal match di rivincita con Golovkin.

La frenetica ricerca di un avversario per il kazako che non facesse saltare l’impegno ha prodotto il classico topolino che è appunto Vanes Martirosyan. Trentaduenne, residente in California, una storia di immigrazione ante attentato alle Twin Towers di quelle che possono suscitare interesse, Martirosyan ha anche rappresentato gli Stati Uniti alle Olimpiadi di Atene del 2004. Ne seguimmo l’inizio di carriera professionistica quando la Golden Boy ne voleva fare una star ma a un avvio promettente Martirosyan, pugile combattivo e apparentemente dal discreto pugno, ha fatto seguire un prosieguo di carriera un po’ grigio rispetto alle aspettative create. Combattendo nei superwelter ha dapprima usufruito di verdetti compiacenti nella vittoria con Kassim Ouma e nel pari tecnico con Erislandy Lara per poi perdere con Demetrius Andrade (forse la sua miglior prestazione) vincere con Willie Nelson, perdere con Jermell Charlo, vincere con Ishe Smith e perdere la rivincita con Lara.  

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Ci sono altri due aspetti che rendono ingiustificabile la scelta di Martirosyan. La prima è che il pugile è fermo da 2 anni, cioè dalla sconfitta con Lara. La seconda che Martirosyan è al debutto fra i pesi medi. Di fatto questa situazione pone Golovkin in una situazione in cui non ha proprio nulla da guadagnare e solo tutto da perdere. Se è vero che Martirosyan non ha mai perduto prima del limite ed è comunque un pugile solido è altrettanto vero che una vittoria che non avvenga entro la sesta o la settima ripresa farebbe solo sorgere dubbi sulla condizione del kazako che, ormai 36enne, è sembrato in calo nelle ultime uscite.

Se Golovkin è solo ancora buona parte di quello che era Martirosyan non ha scampo. Lo statunitense non è pugile da sottrarsi a un match fisico e di girare per il ring ammesso e non concesso gli serva a qualcosa, né avere all’angolo un uomo come Freddie Roach può aiutarlo più di tanto. Il rischio vero e unico, a nostro avviso, per Golovkin, è quello di avere psicologicamente mollato dopo le vicende doping di Alvarez. Non crediamo invece che Golovkin possa sottovalutare Martirosyan perché non è uomo da farlo.  Golovkin favoritissimo dunque e la sensazione che per questo match il naso dovremo turarcelo anche dopo.

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