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A Tokyo 2020 il pugilato ci sarà. L'AIBA no, è fuori da Giochi...

La Commissione d’Inchiesta ha presentato le sue conclusioni.

Il Comitato Esecutivo del CIO ne ha preso atto ed ha scelto di mantenere il pugilato all’interno del programma di Tokyo 2020, allo stesso tempo ha sospeso l’AIBA dal suo ruolo di federazione olimpica. I Giochi in Giappone saranno organizzati da un altro Ente, guidato dal presidente della Federazione Internazionale della ginnastica Morinari Watanabe, che gestirà anche i criteri di qualificazione ed i relativi tornei che si terranno tra gennaio e maggio del prossimo anno.

Il CIO ha detto che la situazione dell'AIBA “è tale che le sue attività continuano a non essere pienamente conformi alla Carta Olimpica e al Codice Etico del CIO".

La task force con a capo Watanabe potrà chiedere aiuti anche a organizzazioni professionistiche, oltre che a qualsiasi soggetto possa aiutare il raggiungimento dell'obiettivo. Entro le date previste per la prossima sessione del CIO, Losanna 24/26 giugno, saranno rese noti criteri che guideranno le qualificazioni olimpiche che si svolgeranno da gennaio a maggio 2020.

Confermate le categorie in gara: cinque per le donne (51, 57, 60, 69, 75 chili), otto per gli uomini (52, 57, 63, 69, 75, 81, 91, +91 chili). Non cambierà neppure la quota atleti: 286 in totale.

Il presidente Bach in conferenza stampa ha aggiunto: “I problemi irrisolti sono molti. Quello finanziario, la difficoltà della governance, conflitti di interessi, le difficoltà di relazione con organizzazioni e sponsor degli Stati Uniti, la mancanza di un conto bancario in Svizzera, il peggioramento dell'operato di arbitri e giudici a Rio 2016..."

Alla domanda: “Come definirebbe questa decisione?" ha risposto: “Non so se abbia qualche precedente, ma so che spero fortemente che sia l'ultima volta che la prendiamo. È comunque una bella giornata, una bella notizia per gli atleti. Adesso sanno con assoluta certezza che il loro sogno può continuare ad esistere. La boxe sarà presente anche alla prossima Olimpiade".

Lo status dell'Associazione sarà riesaminato dopo i Giochi del 2020.

È una decisione storica, anche se non inattesa. Il passato dell’ente che avrebbe dovuto tutelare gli interessi dei pugili dilettanti ha portato a questa scelta dolorosa, ma forse addirittura tardiva.

C’è poco più di un anno per preparare la prossima Olimpiade. Ora è solo tempo di lavorare.

L’AIBA è dunque fuori dai Giochi.

L’Associazione ha tentato di difendersi riempiendo 7000 pagine di documenti in cui, a suo dire, mostrava progressi evidenti su ogni singolo capitolo.

Ma l’AIBA attuale è composta in gran parte dagli stessi dirigenti che hanno appoggiato e portato al potere Ching-Kuo Wu che è stato eletto in tre mandati (2006, 2010 e 2014) e ha portato l’ente a una difficile situazione finanziaria.

Sedici milioni di dollari di debiti, a un passo dalla bancarotta.

La creazione di due tornei annuali, che si sono rivelati un autentico bagno di sangue a livello economico per chiunque abbia appoggiato le franchigie in gara, sono stati un’ulteriore spinta verso l'allargamento delle difficoltà economiche.

Le World Boxing Series hanno fallito nel loro intento politico, sportivo e finanziario.

E sono state anche oggetto di incredibili decisioni. Una su tutte.

Le otto qualificate per l’edizione 2017-2018 delle WSB sono state ridotte a quattro, con decisione unilaterale, quando mancavano soli sedici giorni all’inizio delle semifinali.
Poi, sono scomparse nel nulla.

E che dire dell’APB l’associazione che avrebbe dovuto spazzare via WBC, WBA, IBF e WBO e diventare il nuovo padrone indiscusso del professionismo?
Le Federazioni i cui professionisti non combatteranno nell’APB saranno escluse dai Giochi Olimpici.”
Così minacciava il presidente Wu.

E le Federazioni affiliate erano corse a modificare i propri Statuti. La Fpi aveva delegato la gestione del professionismo alla Lega e a fine 2016 si preparava al definitivo passaggio di consegne.
A giugno di quell’anno però l’AIBA approvava (84 voti favorevoli su 88) l’inserimento dei professionisti nell’Olimpiade brasiliana. Mancavano solo due mesi ai Giochi, ma Wu non si fermava certo davanti a queste piccolezze. Tutte le nazioni si schieravano velocemente al suo fianco.

Poi all’Olimpiade si erano iscritti solo tre professionisti, il migliore come risultato finale sarebbe stato l’italiano Carmine Tommasone, e l'illuminazione era stata velocemente derubricata in fallimento.

Nel progetto AIBA/professionismo ha sempre creduto Franco Falcinelli, ex presidente della FPI e attuale capo della Federazione europea.

“Stiamo diventando sempre più forti. Solo una trentina delle Federazioni affiliate ha una vera e costante attività professionistica. Alcune hanno le due anime addirittura in contrasto tra loro. Noi vogliamo dare all’atleta il ruolo che merita. Daremo ingaggi a pugili e allenatori. Gestiremo il marketing e offriremo dei contributi alle Federazioni Nazionali. Abbiamo già ricevuto l’adesione di promoter importanti, stiamo preparando tecnici di alto livello.”

Le Finanze AIBA precipitavano, l’Associazione accumulava debiti fino a raggiungere la cifra di 16 milioni di dollari, a un passo dalla bancarotta se il CIO non avesse ripreso a versare i contributi.
Ad aggravare la situazione arrivava la questione giudici/arbitri.
Londra 2012, un disastro.
Rio 2016, ancora peggio.

Wu diceva che tutto era andato a meraviglia, tranne alcuni match.

Poi venivano estromessi due direttori generali Ho Kim e Karim Bouazi. Veniva azzerato il settore arbitrale. Fuori 36 giudici, sospensione dei Magnifici Sette: gli arbitri a cinque stelle che avrebbero dovuto guidare l’AIBA verso la salvezza.
La WADA arrivava a dare un altro colpo, dicendo che il pugilato olimpico era all’ultimo posto nella gestione dei controlli anti-doping.

Ching-Kuo Wu veniva attaccato dall’interno e spinto alle dimissioni.

Desidero ringraziare Ching-Kuo Wu per il contributo dato allo sport del pugilato e all’AIBA per molti anni, gli auguriamo tutto il meglio.”
Così diceva Franco Falcinelli che lo proponeva come presidente onorario. Il Congresso Straordinario di Dubai bocciava la nomina a larga maggioranza.

Le nuove elezioni portavano alla presidenza Gafur Rakhimov, a cui gli Stati Uniti avevano vietato da tempo l’ingresso nel loro Paese accusandolo di far parte di associazioni malavitose.

Il CIO aveva chiesto prudenza in fase elettorale, l’AIBA aveva preferito andare allo scontro frontale. Rakhimov aveva smentito qualsiasi accusa ed era stato eletto.

Il CIO a novembre apriva un’inchiesta e bloccava i contributi, vietando ogni rapporto tra Associazione e Tokyo 2020.

Rakhimov si dimetteva.

Il Comitato Olimpico Internazionale insisteva.
Oggi si è arrivati alla conclusione della battaglia.

“Qualcuno diceva: se discutessimo per capire, invece che per aver ragione, sarebbe tutto più semplice” così scriveva in una risposta a una mia precisa domanda Vittorio Lai, presidente FPI in carica, nel settembre scorso.

Spero che faccia tesoro delle sue stesse parole.

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