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Un Bad Boy dal ko facile, nel passato una normale storia di doping...

di Dario Torromeo

Sono passati molti anni dall’ultima volta che sono stato a Tijuana, la popolosa città della Bassa California, appena dopo il confine degli Stati Uniti. Me l’avevano descritta come un posto assai pericoloso, ne avevo avuto conferma quando l’agenzia che mi aveva dato in affitto la macchina non aveva voluto assicurarla per il Messico.
Venivo da San Diego, meno di trenta chilometri a nord, avevo parcheggiato prima della dogana e attraversato il confine a piedi. Un’amica era venuta a prendermi, eravamo andati a mangiare qualcosa, poi lei aveva insistito affinché vedessi il mercato.
Se dovessi immaginare l’inferno, l’immaginerei molto vicino a quel mercato.
I negozi erano grotte buie, non c’era un centimetro di spazio libero. Migliaia di persone camminavano senza sosta in pochi metri quadri, come se non sapessero dove andare. Suoni forti, acuti, riempivano l’aria ininterrottamente.
È questa immagine, quella di una confusione infinita, caciarona e colorata, che mi sono portato dietro da Tijuana.
Il Cartello di Sinaloa dettava legge, la guerra della droga produceva cadaveri in serie.
Sì, era difficile vivere da quelle parti.
Non so se sia cambiata molto da allora.
Luis Esteban Neri Hernandez detto Pantera viene da lì.
In giro dicono che è un Bad Boy, un cattivo ragazzo.

 

Ha i pugni pesanti, coraggio e una marcata propensione a cacciarsi nei guai. Ha cominciato a boxare da bambino, appena nove match da dilettante (altrettante vittorie, cinque prima del limite) ed era già professionista a diciassette anni.
Nato e cresciuto a Tijuana, è rimasto incastrato in una normale storia di doping. Il 15 agosto del 2017 è andato a battersi a Kyoto contro il campione Shinzuke Yamanaka per il titolo Wbc dei gallo. Ha malmenato il giapponese, ha costretto il suo angolo a lanciare l’asciugamano, ha vinto per kot 4 davanti a sette milioni di telespettatori. Peccato che al controllo antidoping il test avesse rivelato tracce di zilpaterol (parente stretto del clenbutanol, un broncodilatatore). Sospeso dalla Commissione Pugilistica Giapponese e dal World Boxing Council, si era difeso giurando di avere assunto lo ziparol attraverso carne contaminata.
Tolta la sospensione.
Rivincita fissata.

Nel marzo del 2018 tornava nella terra del Sol Levante per la rivincita, ma si presentava al peso due chili e tre etti sopra il limite della categoria. Un’enormità per un peso gallo. Sudava in sauna e perdeva quasi un chilo, troppo poco. Perdeva il titolo, combatteva un match senza possibilità di difendere il mondiale. Vinceva ancora.
Fino ad oggi ha disputato 29 incontri da professionista: 29 + (23 ko), l’ultimo sabato scorso contro McJoe Arroyo (18-2-0, ex campione IBF dei supermosca) che ha distrutto in quattro round ad Arlington, Texas, nel programma in cui Spence vs Garcia rappresentava il clou.
Ora il popolo della boxe vorrebbe vedere Luis Nery sfidare il fuoriclasse Naoya Inoue (17-0, 15 ko, campione Ibf dei gallo), ma sarà molto dura.
Il Giappone non dimentica.
La sospensione di Luis Nery in quel Paese è a vita…

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