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Flash Parisi illumina l'Olimpiade di Seul. Accadeva trent'anni fa...

Seoul

 

di Dario Torromeo

Per vincere senza lasciare ai giudici la possibilità di cancellare i tuoi sogni, bisogna mettere knock out tutti gli avversari.

Uno dei nostri, un ragazzo di Calabria, pensa che l’impresa sia possibile.

Incontro Giovanni Parisi all’interno del Villaggio Olimpico.

Ci sediamo su una panchina, ci studiamo, senza scambiarci una parola cerchiamo di capire chi sia l’uomo che abbiamo davanti. Sembriamo due leoni che prendono tempo prima di decidere se attaccare, difendersi o fidarsi dell’altro. Poi, finalmente, cominciamo a parlare.

Sopra di noi il cielo cupo di Seul, trent'anni fa.

Giovanni ha i capelli ricci e un codino alla Camacho che ha già fatto discutere. Volevano farglielo tagliare, non ci sono riusciti.

Sul ring di solito indossa un accappatoio argentato, ma i dirigenti federali non hanno voluto che si presentasse così. È l’unica concessione che lui ha fatto al “sistema”.

È un ragazzo chiuso, solitario, timido. Solo sul ring riesce a liberarsi da qualsiasi condizionamento. Parla sottovoce, porta dentro l’anima grandi dolori. Il 10 maggio, appena quattro mesi fa, è morta mamma Carmela.

Lui è qui per dedicarle l’oro.

Viveva a Voghera con lei, la sorella Giulia e il fratello Sarino, da quando aveva un anno. Da quando i genitori si erano separati.

Un banale incidente ha rischiato di rovinargli il sogno olimpico.

Si è fratturato il secondo metacarpo della mano sinistra, un’operazione sbagliata ha reso più complicata la situazione.

È accaduto a novembre. Da allora ha combattuto poco.

Un torneo in Grecia, gli Europei a Torino.

 

CDS

 

Affronta i Giochi da peso piuma. Una categoria che non è la sua e lo costringe a una dieta pazzesca, assai vicina al digiuno.

«Serietà, volontà, capacità di sacrificio e determinazione. Ecco i segreti di Parisi» l’analisi è del coach Franco Falcinelli.

Giovanni annuisce con la testa. Chiudo il blocco, metto a posto la penna.

Andiamo tutti assieme allo stadio a vedere Francesco Panetta.

Va male.

La speranza è che Parisi possa consolarci.

Un lampo.

Il gancio sinistro scatta velocissimo, non a caso il soprannome del nostro eroe è Flash, e chiude la corsa sulla mascella di Dumitrescu. Il rumeno crolla al tappeto. Giovanni pensa possa rialzarsi, ma spera che non lo faccia.

Per il suo bene. Mi farà questa confessione a match concluso, indossando uno sguardo da duro che raramente gli ho visto.

Dumitrescu si rialza, barcolla sulle gambe.

È finita.

Sono passati centouno secondi dal primo gong. Giovanni Parisi è campione olimpico.

 

esulta

 

Fa un salto mortale per festeggiare, poi corre verso l’angolo e abbraccia Falcinelli, Petriccioli, tutti i compagni rimasti a Seul. Piange, non riesce a smettere. Non parla, quando lo fa le frasi gli escono a fatica, interrotte da singhiozzi che scuotono il torace.

«Ho realizzato il mio sogno, che non era vincere l’oro, ma prenderlo per dedicarlo a mamma. La medaglia è sua».

Entro nello spogliatoio. C’è ressa. Parliamo velocemente, lo reclamano in conferenza stampa. L’addetto coreano gli versa un bicchiere d’acqua. Il dottor Rondoni, medico al seguito della nazionale, urla.

«Non bere niente se non te lo diamo noi».

Parisi obbedisce. Deve ancora fare l’antidoping.

È stata una lunga giornata cominciata con una sveglia appena dopo l’alba.

Alle 6:30 è già al peso.

Poi un piatto di rigatoni con olio di oliva e parmigiano, due tuorli d’uovo, marmellata e un bicchiere d’acqua.

A letto e alle 9 eccolo allo stadio.

Alle 10:20 sale sul ring, dopo meno di due minuti è già tutto finito.

Ha la medaglia d’oro al collo. L’ha sognata tante volte, mi dice: «Ma sempre da sveglio, sapevo che era un sogno che si sarebbe realizzato».

 

primo piano

 

Ancora una vittoria della volontà, della capacità di sacrificarsi.

Anche il Mahatma Gandhi ne era convinto.

«La forza non deriva dalle capacità fisiche, ma da una volontà indomita».

Giovanni Parisi ci ha dato una lezione.

Quando si crede che un sogno possa realizzarsi bisogna andare fino in fondo.

Anche se questo vuol dire fidanzarsi con il digiuno, correre in pista mentre gli altri vanno a tavola, avere la bilancia come incubo.

E poi, la rabbia di vincere. È indispensabile sentirla sempre viva, un folletto che si insinua nella tua anima e ti spinge ad andare avanti.

Una vita difficile, la sofferenza di una famiglia divisa quando era ancora un bambino. L’infanzia senza il padre, il trasferimento in un’altra città. Il dolore straziante della morte della mamma.

C’è anche questo dietro il successo di un campione.

Se lo dovrebbero imprimere bene nella testa i signori della boxe.

 

podio

 

«Qui in Corea i pugili sono dilettanti, ma i giudici sono ladri professionisti» commenta il grande Rino Tommasi.

Al Palazzetto di Seul ho visto cose che voi umani non potreste neppure immaginare.

Sono rimasto disgustato, avvilito.

Il pugilato è sport di sacrificio e non merita di finire nelle mani di chi non ha neppure il pudore di porre un limite alla vergogna.

Sì, e quanti anni la gente deve vivere

Prima che possa essere finalmente libera?

Sì, e quante volte un uomo può voltare la testa

Fingendo di non vedere?

La risposta, amico, sta soffiando nel vento

 

TV

 

Bob Dylan in “Blowin’ in the wind” si pone grandi interrogativi.

I signori che dicono sempre sì e spezzano i sogni non si fanno domande.

Loro obbediscono in silenzio.

 

Giovanni Parisi 

(2 dicembre 1967 / 25 marzo 2009)

Oro pesi piuma Seul 1988

 

Sabato 27 ottobre, Giovanni Parisi sarà celebrato assieme a Nino Benvenuti, Patrizio Oliva e Maurizio Stecca nella serata di gala dedicata all'inaugurazione della Hall of Fame del pugilato italiano che si svolgerà al Grand Hotel Terme&Spa di Castrocaro. Informazioni e prenotazioni: 0543.767114.

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