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Azzurri ai Giochi, da Anversa 1920 al magico trionfo di Roma '60


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BoxeRingWEB organizzerà a ottobre, in Romagna, la Boxing Hall of Fame Italia. Uno sguardo alla nostra storia olimpica

di Gualtiero Becchetti

776 a.C.
L’anno in cui le Olimpiadi ebbero inizio per poi dormire a lungo, prima che il barone francese Pierre de Coubertin, nel 1896, le ridestasse ad Atene, in Grecia, la la terra dove erano nate. 
Il pugilato, una delle colonne portanti dei sacri Giochi, dovette però attendere fino St.Louis (Usa) 1904 prima di essere riammesso. L’Italia salì per la prima volta sul ring olimpico ad Anversa 1920.

Garzena

ANVERSA 1920
Garzena, bronzo, prima medaglia azzurra

 

Era un altro mondo, quello; fatto di pionieri, di drappelli di atleti che da tante parti raggiungevano tra mille traversie e l’indifferenza di molti, la sede olimpica.
Basti pensare che i sei pugili italiani partirono in treno in terza classe per il Belgio addirittura il giorno in cui i Giochi cominciavano. E arrivati là, s’accorsero di non essere stati iscritti! Solo con lo spirito d’improvvisazione del nostro popolo riuscirono a risolvere per “vie traverse” il problema e a portare, con il piuma milanese Edoardo Garzena (foto sopra), la prima medaglia all’Italia, seppure soltanto di bronzo.
Da allora, il pugilato italiano ha conquistato 15 ori, 16 argenti e 17 bronzi, per un totale di 48 medaglie; un “forziere” che lo pone al quarto posto tra le grandi potenze della Noble Art, dietro solo a Stati Uniti, Cuba e Gran Bretagna.

bernasconi

PARIGI 1924
L’Italia si ritira dal torneo

Nelle successive Olimpiadi di Parigi 1924, la nostra Nazionale fu addirittura ritirata per le nefandezze dei giudici nei riguardi soprattutto del gallo Domenico Bernasconi (foto sopra), futuro campione europeo a torso nudo e stella dei ring di mezzo mondo, e del massimo Bertazzolo.

tamagnini

AMSTERDAM 1928
Tamagnini, Orlandi e Toscani d’oro

 

Poi, finalmente nel 1928 ad Amsterdam, ecco le prime tre medaglie d’oro, un esaltante record eguagliato solo a Roma nel 1960 e impreziosito dal primo posto nella classifica per nazioni, a fianco del Sudafrica.
Le conquistarono il diciottenne gallo civitavecchiese Vittorio Tamagnini (foto sopra) e il leggero milanese di Porta Romana, il sordomuto Carlo Orlandi, (entrambi destinati ad una luminosa carriera professionistica culminata con la cintura europea) e il medio mancino Piero Toscani, anch’egli milanese, il quale purtroppo scomparve presto dalle ribalte pugilistiche e dalla vita, ad appena trentasei anni d’età.

Rovati Luigi

 

LOS ANGELES 1932
Due argenti che hanno il profumo di una vittoria

 

Nei Giochi di Los Angeles 1932, l’Italia vinse 12 medaglie d’oro, 12 d’argento e 12 di bronzo e la boxe contribuì con i bronzi del piuma Alessandri e del leggero Mario Bianchini, entrambi di Roma, e con gli argenti (molto punitivi…) del mediomassimo piacentino Gino Rossi e del massimo di Cinisello Balsamo, Luigi Rovati (foto sopra). Ma di questi valorosi atleti non sono rimaste purtroppo profonde tracce.

Sergo

BERLINO 1936
Ulderigo Sergo è una delle star del torneo

Nelle grandiose Olimpiadi berlinesi del 1936, rese mitiche dalle imprese di Jesse Owens e dal celeberrimo documentario della regista Leni Riefenstahl, il mosca sassarese Gavino Matta fu scippato della vittoria contro il tedesco Kaiser e s’abbandonò ad un pianto disperato e il pubblico gli tributò un lungo applauso che voleva significare tutto. Appena quattro anni dopo, a Roma, venne sconfitto ai punti, per la corona europea dei professionisti, dal popolarissimo idolo di casa Enrico “Piripicchio” Urbinati. Ma Berlino riservò invece il trionfo dorato a Ulderigo Sergo (foto sopra), il gallo istriano di una Fiume allora italiana, giudicato come una delle star dell’intero torneo con la vittoria sullo statunitense Jackie Wilson.
La vita di questo potenziale campione non fu però semplice, dal momento che l’avventura professionistica s’intrecciò con la guerra e ne mutilò gli orizzonti. Abbandonata per sempre la propria terra natale nel 1947, quando essa divenne jugoslava, arrivò da esule a Trieste e cominciò ad allenare nell’Accademia Pugilistica Triestina, dove fece in tempo a prendersi cura di un ragazzino che si chiamava Nino Benvenuti.
Nel 1957 emigrò con la famiglia a Cleveland, negli Stati Uniti, dove si spense a soli 54 anni, con il rammarico di non avere più rivisto la sua amatissima Fiume.

formenti

LONDRA 1948
È incredibile l'impresa di Ernesto Formenti

Nel 1948, dopo le tragedie belliche, le Olimpiadi ripresero vita a Londra. Sotto la guida di Steve Klaus e di Natalino Rea, incredibile fu l’impresa del piuma di Seregno, Ernesto Formenti (foto sopra). Era un ragazzo pallido ed esile. Aveva avuto anche problemi di salute nell’infanzia e tutto poteva sembrare, fuorché un pugile! Eppure, con l’intelligenza e con una tecnica sopraffina conquistò l’oro, dominando cinque rivali l’ultimo dei quali, il sudafricano Shepherd, sembrò uno scolaretto dinanzi al maestro. Passato professionista, il pugile lombardo non ebbe grande fortuna e pur perdendo pochi match, si ritirò dopo soli cinque anni essendosi reso conto, soprattutto di fronte a Duilio Loi che lo batté per ko, con in palio il titolo italiano, come la sua fragilità non fosse compatibile con una carriera a torso nudo di alto livello.
Meravigliosa fu pure la medaglia d’argento conquistato dal mosca di Velletri, Spartaco Bandinelli, battuto in finale da uno dei più grandi pesi mosca della storia del pugilato dilettantistico e professionistico, l’argentino Pascual Perez, per sei anni campione del mondo a torso nudo. Spartaco pose fine appena tre anni dopo alla sua avventura esclusivamente dilettantistica, con l’incredibile record di 352 incontri, con sole 12 sconfitte.  
Anche il gallo cagliaritano Gianni Zuddas compì l’impresa di meritarsi l'argento, sconfitto discutibilmente dal magiaro Csik in finale; percorse poi una buona strada tra i professionisti, facendo propria la cintura tricolore e affrontando i tanti campionissimi dell’epoca.
Da non dimenticare i bronzi del welter romano Alessandro D’Ottavio e del medio lucchese Ivano Fontana, che si arrese soltanto ad un formidabile mancino ungherese rimasto leggendario nella storia del pugilato europeo: Laszlo Papp, trionfatore delle altre due Olimpiadi successive ed europeo dei medi tra i professionisti.

bolognesi

HELSINKY 1952
Bolognesi, a sorpresa, sale sul podio più alto

Ad Helsinki, nel 1952, irruppe per la prima volta nella storia dei Giochi la “corazzata” Urss, lo squadrone russo che fu, sino alla fine dell’Unione Sovietica sancita ufficialmente alle ore 18 del giorno di Natale 1991, lo spauracchio di tutto il mondo. Gli azzurri arrivarono in Finlandia pieni di speranze, con atleti che si sarebbero fatti strada nel professionismo: il potente mosca cremonese Aristide Pozzali, il magnifico piuma di Civitacastellana Sergio Caprari, il grande welter-leggero spezzino Bruno Visintin, il welter-pesante di Pontedera Guido Mazzinghi.
Ma in quel torneo, sul cui podio più alto dei massimi salì lo statunitense Floyd Patterson, campione del mondo 1956/62 tra i professionisti, e di nuovo Laszlo Papp tra i welter-pesanti, l’oro sorrise agli azzurri per merito del leggero genovese Aureliano Bolognesi (foto sopra), dotato di notevole velocità e ottima tecnica, che in finale sconfisse il polacco Antkiewitz. vincitore a Londra nel 1948.

Era un pugile di valore, ma obiettivamente nessuno immaginava un risultato simile. Anche Caprari e Visintin portarono a casa rispettivamente l’argento e il bronzo per poi salire, a torso nudo, sul tetto d’Europa, ma le loro medaglie erano date quasi per “scontate”. Bolognesi divenne poi professionista, però fu un’avventura di appena due anni e senza lampi.
Un incidente gli troncò le ali a 26 anni, ma gli mancò in ogni caso la “durezza” psico-fisica per rivivere i trionfi dilettantistici. Di lui, ancora oggi, si ricordano la signorilità e l’amore per la poesia, alla quale dedicò gran parte della lunga esistenza, dopo il precoce addio ai guantoni.

Franco Nenci

MELBOURNE 1956
Nenci e Bozzano danno ragione ai maestri

Assai tribolata fu la spedizione per i Giochi Olimpici di Melbourne, nel 1956. Provocò molte polemiche la decisione dei tecnici Klaus e Rea di portare in Australia il welter-pesante ivitavecchiese Franco Scisciani invece del giovanissimo Nino Benvenuti (saggia la scelta di farlo maturare!), il medio di Anzio Giulio Rinaldi invece del genovese Bruno Fortilli e degli ancora inesperti Franco Nenci (foto sopra) e Giacomo “Mino” Bozzano, rispettivamente welter-leggero di Livorno e massimo di Sestri Levante.
Tra gli azzurri c’era anche il mosca di Alghero, Salvatore Burruni, destinato a diventare pluricampione europeo e del mondo tra i professionisti e uno dei “grandi” della storia del pugilato italiano. Fu eliminato al primo turno, a riconferma di come dilettantismo e professionismo diano spesso esiti diversi. Raggiunsero il bronzo proprio l’“inesperto” Franco Nenci e Mino Bozzano, cioè i meno accreditati della vigilia.
Una volta tanto, i fatti dimostrarono che i selezionatori avevano visto giusto!

60

ROMA 1960
Benvenuti, De Piccoli, Musso d'oro. Un trionfo!

Ed ecco Roma 1960. Le Olimpiadi più belle!
E non per patriottismo.
Le ultime in cui i riflettori, i decibel, la grandiosità delle cerimonie d’apertura e di chiusura e lo sfarzo non offuscavano le imprese degli atleti. Le ultime in cui il Villaggio Olimpico non era ancora un impenetrabile lager dorato, ma una base da cui i ragazzi e le ragazze di ogni parte del mondo potevano sciamare liberamente per le strade della capitale.
Le Olimpiadi di Cassius Clay e Livio Berruti, di Abebe Bikila e Sante Gaiardoni, di Armin Hary e Wilma Rudolph.
Ma, per noi della boxe, le indimenticabili e forse irripetibili Olimpiadi del welter di Trieste Nino Benvenuti (oro, foto in alto. Da destra: Nino, De Piccoli e Musso), del massimo di Mestre Franco De Piccoli (oro), del piuma di Aqui Terme Franco Musso (oro), del welter-pesante di Milano Carmelo Bossi (argento, foto sopra. Da sinistra: Zamparini, Musso, Lopopolo, Benvenuti, Bossi, De Piccoli. I medagliati di Roma '60), del leggero di Milano Sandro Lopopolo (argento), del gallo di Fabriano Primo Zamparini (argento), del mediomassimo di Civitavecchia Giulio Saraudi (bronzo), del medio di Roma Luigi Napoleoni, del welter-leggero di Arezzo Piero Brandi e del mosca di Foggia Paolo Curcetti.
Quelle in cui, con cinica competenza, Natalino Rea (aveva preso il posto di Steve Klaus) e il suo “secondo” Armando Poggi avevano fatto diminuire di peso Benvenuti e crescere Bossi perché, invertendo le categorie, Nino tra i welter avrebbe evitato lo spauracchio statunitense Wilbert McClure.

Alla prova dei fatti, il formidabile squadrone azzurro, il più forte di tutti i tempi, non tradì le attese. E non fu semplice. Basti pensare che dopo una settimana gli italiani erano tutti in gara e i “peggiori” (si far per dire!), uscirono comunque a testa alta. Eppure la strada fu impervia.
De Piccoli, con la sua “bomba” sinistra, eliminò tra gli altri, l’apparentemente imbattibile sovietico Abramov; Benvenuti ebbe la meglio sul francese Josselin (futuro europeo dei welter) e ill coreano Kim Ki Soo (che gli tolse da prof il mondiale dei superwelter a Seul nel 1966, per restituirlo a Sandro Mazzinghi nel feroce match di S.Siro, nel 1968); Bossi se la vide con il francese Diallo e l’uruguaiano Votta. Insomma, i nostri non salirono sul podio del PalaEur di Roma (i preliminari avevano avuto luogo nel palazzetto di v.le Tiziano) per caso, ma perché lo meritarono con il sudore e le sofferenze e Benvenuti ricevette persino la Coppa Val Barker, quale pugile più tecnico del torneo.
Poi il domani riservò un futuro professionistico molto diverso a quegli indimenticabili ragazzi. Nino Benevenuti, Carmelo Bossi e Sandro Lopopolo vinsero tutto ciò che c’era da vincere, dal titolo tricolore, all’europeo, sino al mondiale; De Piccoli fu una rapida ma abbagliante meteora; Musso, Saraudi, Zamparini, Curcetti e Napoleoni non ebbero la fortuna che avrebbero meritato; Brandi raggiunse la cintura tricolore. Ma quel meraviglioso agosto romano di una vita fa e quegli eterni giovani con i guantoni alle mani arrampicati sulle vette d’Olimpia rimarranno impressi per sempre nella storia gloriosa del pugilato verde-bianco-rosso.
A loro onore e per la nostra gioia.   

L'Italia ai Giochi Olimpici. Da Anversa 1920 a Rjo de Janeiro 2016. 
1. continua

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