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Quando neppure un 49-0 garantisce un posto nella storia...

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Il “nano gigante della Tailandia”.
È conosciuto così dalle sue parti.
Nel resto del mondo sono in pochi a sapere chi sia, eppure lui sta per entrare nel Guiness dei Primati.
È alto 1,57 e ha un peso forma di 47,627 chili.
Il suo nome è Chayaphon Moonsri, ma preferisce farsi chiamare Wanheng Menayothin. Perché in Tailandia i pugili prendono il nome di battaglia anche dai proprietari della palestra dove si allenano. E Chaiyant Menayothin è il titolare del ginnasio di Bagkok dove questo trentaduenne si allena.
Un capannone umido, con uno dei quattro lati fortemente esposto alle intemperie, in una strada tranquilla costeggiata da palme. All’interno un ring, gli attrezzi, i pesi, due gatti e (spesso) un uccello che vola indisturbato.
Il maestro che lo prepara è Supop Boonround, un signore di cinquantaquattro anni convinto che presto il suo allievo entrerà nella storia.
Sto parlando dei campione Wbc dei pesi paglia, la più piccola categoria tra le diciotto in cui è stato frammentato il pugilato moderno.
È un tailandese nato il 27 ottobre 1985 nel distretto di Barabue, nella regione di Maha Sarakham nel nord est del Paese.
 Viene da una famiglia contadina, povera, davvero povera. Al punto che spesso in casa mancava da mangiare. Lui ha provato a tirare su qualche soldo facendo Muai Thai fin da quando aveva dodici anni. Era bravo, ma non abbastanza da sfamare l’intera famiglia. Poi, per fortuna, ha scoperto la boxe.


Ha esordito nel 2007, ha combattuto spesso, è arrivato al match per il titolo contro Oswaldo Nova il 6 novembre 2014 e ha guadagnato la prima borsa importante: 43.250 dollari americani. Ha vinto, ha difeso la cintura otto volte e ha portato in banca altra moneta preziosa.
Non siamo abituati ai lunghi nomi asiatici. Se vi siete meravigliati di quelli letti fino a questo momento, cosa direte davanti a quello del promoter Piyarat Vachirarattanawong?
Lui non si curerebbe delle vostre reazione, ha altro a cui pensare. Sta mettendo su un match che interessa soprattutto quelli che pensano che il pugilato sia fatto solo di numeri.
In maggio, Moonsri o Menayothin, chiamatelo come volete, affronterà lo sfidante ufficiale: il mancino panamense Leroy “El Sensational” Estrada. Se riuscisse a batterlo porterebbe il suo record a 50-0, come Floyd Mayweather, meglio Rocky Marciano.

Che vuol dire “come Mayweather, meglio di Marciano?”
Andando a scomodare il passato troviamo Willie Pep che ha vinto i primi 62 match della carriera prima di perdere contro Sammy Angott il 19 marzo del ’43.
Carlos Zarate ne ha vinti 52 prima di essere sconfitto da Wilfredo Gomez il 28 ottobre del 1978.
Julio Cesar Chavez ha messo assieme un record di 87-0 fino al pari con Pernell Whitaker.
Sugar Ray Robinson ha vinto 40 match, ha perso contro Jake La Motta e dei successivi novanta incontri ne ha vinti 88 e pareggiati due.
Da tutti questi numeri si deduce che l’unica cosa che renda unici i record di Mayweather e Marciano non è né il numero di vittorie consecutive, né tantomeno il numero complessivo di successi. Ma il fatto che si siano ritirati imbattuti.
Leghiamo quindi il primato a questo elemento?
In qualsiasi sport le strisce positive si calcolano in assoluto. Il primato va a chi ha ottenuto quella più lunga.
Il pugilato deve essere un’eccezione anche in questo e mette nel conto tutto. Rivali scarsi, al debutto nella boxe o improbabili fighter.


Il nostro protagonista ha sempre combattuto in Tailandia, contro avversari asiatici spesso dal record non esaltante. Ha arricchito il suo curriculum con match sui sei e otto round anche dopo avere conquistato il titolo.
BoxRec lo mette al numero 51 nella classifica pound for pound.
La boxe non si giudica dai numeri, ma dai nomi dei rivali affrontati, da quelli sconfitti, dal loro valore assoluto, dal contesto storico in cui sono stari realizzati quei risultati.
Moonsri/Menayothing è un buon pugile, ma non può entrare tra i cento migliori pound for pound di sempre, non ha un posto tra i migliori cinquanta di oggi. Non bastano i numeri. Neppure un 49-0 può permettergli di sfiorare quello che hanno fatto i grandi del ring.

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