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All'angolo neutro con Glauco Cappella: l'essere pugili

 

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Avete mai fatto caso che, prima di un match, il maestro allarga le corde per far entrare il pugile nel ring? Ecco. Oggi vorrei fare la stessa cosa, anche se solo con le parole, per tutti coloro che non hanno avuto mai la possibilità o l’occasione di mettere piede sul ring per un incontro. L’ho voluto specificare, perché salire sul quadrato in palestra per fare i guanti non è proprio la stessa cosa e chi pratica questa disciplina lo sa bene. Cercate di entrare nell’ottica del “pre-match”, se potete, e io cercherò di descrivere quanto meglio posso le mie sensazioni, di passarvele e farle diventare anche un po’ vostre. Basta con le premesse, ora si parte...

Il tutto inizia ovviamente prima di salire sul quadrato e cioè dalla cerimonia del peso.

Si arriva, s’inquadra la situazione, si cerca di essere brillanti, anche se l’unica cosa che si desidera con tutto il cuore è bere. Sì, bere. Dovete sapere che molto spesso, per fare il peso i pugili ricorrono a pratiche che sarebbero bandite in qualsiasi ambito, partendo dalla salute, passando alla prestazione sportiva, arrivando alla sanità mentale, in certi casi. Non vi spaventate! Il pugile lotta “in primis” contro se stesso, sempre e comunque. Il suo più grande avversario è un tizio che noi in palestra chiamavamo “sabotatore interno” e che si traduce con la vocina che nei momenti salienti viene fuori, quando siamo più incerti e vulnerabili.  Questa vocina maledetta, sa bene quando deve colpire e nel momento in cui esce allo scoperto lo fa sempre con l’intento di creare danni e insinuare dubbi e incertezze. “Ma chi te lo fa fare”, “Sei debole, debilitato, non lo senti?”. “Hai le gambe bloccate, non ti muovi, lo senti? Oggi perdi di sicuro”. Queste sono alcune delle parole che la nostra mente ci riserva nei momenti immediatamente precedenti al salire quelle scalette. Premurosa, non trovate?

Torniamo al peso, però.

Il tuo avversario ritarda e tu non bevi ancora per essere certo di rientrare nel peso... Sono ormai quasi sei ore che non tocchi nemmeno un goccio d’acqua e quando provi ad andare in bagno a pisciare, perché lo stimolo in realtà c’è,  ottieni solo un gran silenzio. La ceramica del wc non fa nessun riverbero. Torni un po’ sconfortato dal tuo maestro, ma non lo fai vedere. Il tuo avversario arriva e tu lo conosci, perché nei match da Pro si conoscono già gli avversari. «Ciao!». Vi presentate, gli stringi la mano e stampi un sorriso spettacolare, il quale fa sembrare che tu non sia mai stato meglio. Sali sul piatto della bilancia. Sei in peso. La pelle è tesa e gli addominali sporgono. Il maestro ti schianta la bottiglia d’acqua sul petto e ne tiri dentro quasi un litro con una sola boccata. Ora sì che si ragiona!...

Subito senti tutto il corpo che s’imbeve come una spugna e si gonfia finalmente di liquido e di forze. Non c’è cosa peggiore  che restare a lungo senza bere. L’intorpidimento che si crea è negativo prima di tutto per il fisico, ma anche per i pensieri. Ogni cosa negativa è amplificata dalla sensazione di debolezza che senti. Ora siediti, che siamo già al giorno dopo. Una sedia per te, messa al contrario, cioè con lo schienale davanti e un asciugamano che fa da imbottitura appunto tra lo schienale e il tuo avambraccio. E’ il momento dei bendaggi. Un giro di garza alla volta, una mano alla volta. Ora potresti fare una rissa a mani nude, con tutta la forza che hai, avendo la certezza che queste mani non si romperanno mai! Questa è la sensazione che dà la fasciatura con le garze. Adesso il maestro ti lascia cambiare.

Qualche volta sarai il primo match della riunione. Altre volte sarai in mezzo. Altre ancora, alla fine. Il tempo che avvertirai tra le fasciature e il match, tuttavia, sembrerà quasi sempre lo stesso. Ti cambi. Fai i tuoi riti scaramantici. Io avevo SEMPRE dei calzini bianchi che potevo rigirare sul bordo degli stivaletti, una felpa nera del B.C.C. (Boxing Club Castelfidardo) e un paradenti bianco che usavo solo per i match. Perché? Perché i pugili sono strani ragazzi, tanto strani.

I calzini bianchi da rigirare sopra i bordi degli stivaletti, perché mi facevano pensare ai pugili della vecchia scuola, alla quale io mi volevo rifare o avrei voluto, almeno in cuor mio. La felpa; beh, la felpa si spiega da sola: era della mia palestra di appartenenza e mi piaceva come mi calzava il cappuccio, il che era fondamentale. Il paradenti era RIGOROSAMENTE bianco per due motivi. Il primo era che al minimo taglietto si sarebbe visto il sangue che sporcava il paradenti e il mio avversario avrebbe constatato che mi aveva ferito ma nonostante tutto, io continuavo a venirgli sotto. Perché io avrei continuato a venire sotto. Sempre.

Il secondo, perché se alla fine del match il paradenti era ancora bianco immacolato, avrei sorriso al mio avversario mostrando che non era stato capace nemmeno di farmi sanguinare! Che volete ragazzi… L’agonismo è agonismo!

Comunque ti scaldi, tiri qualche colpo buono, provi qualche combinazione che “senti” in quel momento. «Oggi fai con uno forte…». La voce del maestro che ti è venuto a cercare. Tu hai un’aria strana, sembri tremare quasi. Non ti chiede se hai paura; ti chiede: «Non sei contento?». Tu sollevi lo sguardo verso di lui quasi con le lacrime agli occhi e gli dici: «Mi viene da piangere».

«Ma…hai paura?», ti domanda con un filo di voce, quasi avesse lui paura della risposta.

«No…Non vedo l’ora!».

Ecco. Ora sì che vedi davvero il tifo per te, nei suoi occhi.

A volte capita anche di avere paura, magari ne parleremo un'altra volta. Le situazioni difficili, complicate, pericolose, sono importanti per il pugile come l’aria che respira. Senza di esse muore, si spegne. Il pugile è un tipo strano; non ragiona come il resto degli sportivi e nemmeno gli altri pugili lo capiscono a volte. Impara presto che non ci si può mostrare per quello che non si è. Il quadrato rende evidente la vera natura delle persone. Non si sfugge davanti alla paura. Ciò che fai d’istinto è quello che ti compone. Se sei uno che reagisce e reagirai; se sei uno che s’impietrisce, ti irrigidirai. Più si va avanti con la boxe e più la distanza tra il te stesso della vita ordinaria e il te stesso del ring diminuisce, fino a sparire del tutto. Quando questo succede, ti accorgerai di essere su di un altro binario rispetto alla moltitudine di persone con cui hai a che fare tutti i giorni.

Quando questo succede, fatti i complimenti: ora sei e sarai sempre, un pugile.

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