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Testimone: cinquant'anni fa, oggi a Torino, Carlo Duran campione d'Europa...

 

DuranFolledo

Brano tratto dal libro “Duran! Duran! Duran!”, edito dalla BradipoLibri di Torino e a firma del sottoscritto…La rievocazione di una grande evento, quando un campionato d’Europa, tecnicamente e mediaticamente, valeva tanto, tanto di più di moltissimi campionati mondiali di oggi…

Era il 17 Novembre 1967. Cinquant’anni fa e io c'ero...

Gualtiero Becchetti

...E giunse finalmente l’ora della verità. Il clan del campione italiano si trasferì qualche giorno prima dell’evento a Torino, accompagnato da innumerevoli articoli sui giornali e lunghi servizi televisivi, dove sarebbe stato poi raggiunto, nella “funerea” data del 17 Novembre, da parecchi tifosi ferraresi. Il clima era particolarmente rigido in quel periodo e la nebbia imperversava su tutta la Pianura Padana. Forse questa contingenza, forse l’enorme tensione di cui fu vittima immediatamente dopo le operazioni di peso che si svolgevano ancora alla mattina dell’incontro, probabilmente entrambe le cose insieme, giocarono un pessimo tiro a Carlo, che si trovò a letto in preda a brividi di ferro e diarrea. Cercando di celare il problema, Augusta, Strozzi, Sabbatini e Ciaccio fecero mille volte la spola tra la hall e la sua camera con l’angoscia se farlo combattere o annullare il match.

“Combatto, combatto!-Urlò per l’ultima volta il pugile, sollevandosi sul letto per prepararsi alla partenza verso il palasport-Non me ne frega niente se sto bene o male... Aspetto da tutta la vita questo momento e neanche se muoio ci rinuncio”. Passò un quarto d’ora e alcuni amici e parenti che l’attendevano ai piedi delle scale, quando lo videro rimasero senza parole: pallidissimo, con goccioline di sudore che gli imperlavano la fronte e quasi malfermo sulle gambe, sembrava pronto più per un ricovero all’ospedale che non per salire sul ring. La partenza dall’albergo nei pressi della stazione di Porta Nuova e il viaggio in auto per raggiungere il Palazzo dello Sport furono segnati da un prolungato e inquietante silenzio, diverso da tutti i silenzi che caratterizzavano solitamente l’imminente ascesa al ring di Duran; era un silenzio cupo, pesante, impastato di paura e scoramento.

“Ma che cos’é successo?-Esclamò ad un certo punto l’autista-Che ci fa tutta ‘sta gente in mezzo alla strada?...”. Carlo, Augusta, Strozzi e Macchia protesero istintivamente il viso verso i rispettivi finestrini e si resero conto che non era successo nulla di allarmante, se non che una folla enorme si stava accalcando attorno ai botteghini per acquistare il biglietto... Mancava ancora parecchio tempo all’inizio della riunione eppure lo spettacolo era incredibile! Duran, che già aveva tanti motivi per essere agitato, divenne di colorito ancora più verdognolo nel constatare quale enorme responsabilità si portava sulle spalle; in quell’indimenticabile notte, 1500 persone non riuscirono a prendere posto sugli spalti e venne stabilito un record di pubblico tuttora imbattuto per unamanifestazione di pugilato a Torino.

L’attesa del main-event fu carica di adrenalina e gli incontri di contorno, con le vittorie di Eduardo Corletti su Copeland, di Biscotti su Tavarez, di Macchia su Bisotti e Oggiano su De Pace, furono guardati con ben scarsa attenzione. Finalmente, mentre ai microfoni radiofonici della Rai già era in collegamento con tutta Italia Paolo Valenti, il più famoso radiocronista dell’epoca, lo stesso che avevo narrato a quasi venti milioni di italiani, in piena notte, la mitica vittoria di Benvenuti contro Griffith al Madison Square Garden, preceduti dalle rispettive bandiere fecero il loro ingresso tra le dodici corde Carlo Duran e Luis Folledo.

Fiero, sicuro di sé, a testa alta lo spagnolo, con indosso un atipico ed elegante accappatoio bianco lungo sino a metà coscia e pantaloncini del medesimo colore; a testa bassa, con completo bianco e nero, l’italiano. Per entrambi, candidi guantoni. Agli inni, Folledo sollevò il viso al cielo e accanto a lui una leggenda della boxe, il medio cubano Kid Tunero, fuoriclasse degli anni 30/40 stabilitosi in Spagna e ora suo allenatore; quando risuonò l’inno di Mameli, Carlo Duran esplose in un pianto dirotto e se tale incontenibile manifestazione emotiva fece accrescere ulteriormente il caldissimo sostegno dei “freddi” torinesi, provocò invece brividi aggiuntivi ai parenti, amici e tifosi arrivati da Ferrara. Al suono del gong, però, si ebbe quasi la sensazione, per chi conosceva i retroscena delle ultime ore, che gli abbondanti lacrimoni avessero contribuito a sciogliere il “magone” che Carlo si portava dentro. I primi round furono equilibratissimi, perché al lungo jab di Duran s’opponeva un identico lungo jab di Folledo; alle sue schivate e agli spostamenti sul tronco corrispondevano similari azioni dell’iberico; al suo rapido gioco di gambe faceva da contraltare un altrettanto elegante e rapido gioco di gambe dell’avversario. Strozzi, all’angolo, era una statua di sale, apparentemente freddo e distaccato come se stesse assistendo ad un incontro tra novizi; negli intervalli parlava pochissimo, secondo il suo stile, ma a partire dalla quinta ripresa cominciò ad incalzare Carlo: “Mettigli il montante destro; mi ascolti o no?”. “Ho paura di farmi incrociare dal gancio sinistro... È ancora veloce e fa male...”, ribatteva regolarmente Duran. “Mettigli il montante destro o vuoi fare di testa tua? Mi dai retta?...”.

Alla nona ripresa il combattimento era ancora incerto, anche se Folledo sembrava avere scoperto ormai tutte le carte che aveva a disposizione e Carlo, accompagnato dal boato della gente ogni volta che allungava un braccio, pareva avere ormai dimenticato del tutto le angosce e stava passando in testa, guadagnando terreno un centimetro alla volta. Tra il decimo e l’undicesimo round Nando Strozzi salì la scaletta con occhi di fuoco e dopo aver tolto il paradenti al suo pugile, guardandolo come se lo volesse sbranare, gli disse: “Se non gli porti il montante destro giuro che vado via... Ma non vedi che ormai hai l’uomo in mano? Cosa stiamo a fare ancora qui? I giochini?...”. Stavolta Carlo non osò neanche aprire bocca e al suono del gong prese il centro del ring, come accadeva ormai da qualche ripresa; con una serie di jab fece arretrare Folledo contro le corde e iniziò una serie alla quale Luis s’oppose piegandosi in un tentativo di schivata e proprio in quel momento Duran lanciò il sospiratissimo montante destro che lo colse alla punta del mento, facendolo cadere pesantemente prima sull’ultima corda e quindi al tappeto. Barcollando, con cuore ed esperienza Folledo riuscì ad arrivare al gong, mentre il Palazzo dello Sport era diventato una bolgia. Strozzi, mise una mano sulla spalla di Carlo e gli sussurrò con sconcertante naturalezza una sola frase: “Adesso lo metti ko...”. Punto. Parole che non ammettevano replica.

L’italo-argentino, infatti, partì a spron battuto e in pochi attimi fu palese che il pugile di Kid Tunero non aveva recuperato i postumi del kd, non opponendo alcuna difesa ai suoi colpi, tanto che l’arbitro si frappose quasi subito allargando le braccia in segno di sospensione. Un secondo dopo Nando Strozzi era già sul quadrato e lo festeggiò a modo suo: “Era ora... Ci voleva tanto a “mettere” quel montante?”...

Carlo Duran era campione d’Europa.

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