Trauma posteriore, con versamento esterno per il pugile di Loiano dopo il match con Cardillo. Lunedì farà una Angiotac. E il colosso di Cassino ora punta all’estero
di Maurizio Roveri
Bella, spietata e maledetta. Può mandarti in estasi, ma anche spingerti nel buio della solitudine a masticare dolore, rabbia e paura. E’ la boxe. Le due facce di uno sport umano e crudo. Nella notte ferrarese del Campionato d’Italia dei pesi massimi, dopo una lotta aspra, ruvida, fiera, spigolosa, combattuta da due gladiatori che hanno infiammato il Palapalestre, gli stati d’animo erano totalmente opposti. Alla gioia di Gianmarco Cardillo, che con esperienza, stazza fisica, maturità e… anche una certa malizia ha conservato il titolo (verdetto unanime, due punti di vantaggio sui cartellini dei tre giudici) faceva da contrasto il disappunto, la sofferenza (nella foto di copertina ) il rancore di Emanuele Venturelli. Lo sfidante, alla prima sconfitta in carriera, sfogava la sua rabbia per i diversi colpi alla nuca che ha dovuto subire. E che ne hanno condizionato il rendimento. Fors’anche in maniera significativa. Come lo stesso Venturelli mi ha rivelato.
Colpire alla nuca non si può fare. Può essere pericoloso per l’incolumità di un pugile.
La nuca è la parte posteriore del collo. Ed è una parte estremamente delicata poiché al suo interno passano degli organi molto importanti quali la colonna vertebrale, i grandi vasi che vanno ad irrorare il cervello, nonché l’esofago e la trachea.
Ho grande rispetto per Gianmarco Cardillo. Ho avuto occasione di conoscerlo, è una persona per bene. Non mi passa neanche per l’anticamera del cervello il pensiero che il colosso di Cassino abbia volutamente portato colpi non corretti. Sarebbe disonesto il solo pensarlo. E infatti non lo penso minimamente (per una questione di buon senso e per la mia pulizia mentale da veterano giornalista sportivo).
Semplicemente: il Campione d’Italia dei pesi massimi è un Omone di 106 chili, con una stazza fisica maestosa. E allora presumo che sia il suo tipo di boxe a indurlo - nei corpo a corpo dove fisicamente sovrasta gli avversari - ad un certo tipo di azione che si conclude con il gancio destro largo. Quando lo porta con giusta misura e va a segno, è sicuramente efficace. Può accadere che a volte il gancio destro abbia una traiettoria più lunga o meno precisa e finisca sulla nuca. E si sa che i colpi alla nuca il regolamento della boxe non li permette.
Nel corso di 10 round pugilisticamente non belli ma sicuramente molto intensi vi sono state altre situazioni nelle quali il gancio di Cardillo è finito sulla nuca di Venturelli.
Io ero a bordoring, ovviamente. E poi ho rivisto l’aspro combattimento nel filmato prodotto da Fighters Life (Sky canale 229 e You Tube).
Ho contato 8 colpi di Cardillo finiti sulla nuca di Venturelli ( nella foto i segni evidenti dei colpi nel dopo match ) Al quinto round l’arbitro ha effettuato un richiamo verbale a Cardillo, avvertendolo che se avesse continuato sarebbe scattato il richiamo ufficiale. E nella sesta ripresa Venturelli si è lamentato per un altro colpo alla nuca, forse sfuggito al referee la cui attenzione era stata attirata dal nastro a penzoloni che s’era slacciato dal guantone di Cardillo. Inoltre, vi sono stati - dalla sesta ripresa - anche tre richiami verbali al colosso di Cassino per spinte.
L’arbitro, il fiorentino Moscadelli, parlava con i pugili durante il match. Avvisandoli al volo, nel caso di colpi portati in maniera non corretta. E fin qui, tutto okay. Non comprendo, allora, perchè non abbia mai inflitto un richiamo ufficiale a Cardillo. Può darsi che il referee abbia valutato sufficienti i richiami verbali e che pertanto non vi fossero - a suo parere - gli estremi per un altro provvedimento. E’ possibile.
Ma… è anche possibile che un eventuale richiamo ufficiale (con conseguente penalizzazione di 1 punto) avesse potuto far prendere un’altra piega al combattimento.
Sono riflessioni, sensazioni. E non una polemica. Mi sembra giusto cercare di “capire” quella che è stata l’interpretazione del match da parte dell’arbitro.
Non dico che sia responsabilità del referee se Venturelli ha avuto un danno durante il combattimento, limitandone il rendimento seppure coraggioso. E se poi ha dovuto sottoporsi, con evidenti inquietudini, ad accertamenti in due Ospedali. All’Ospedale Consorziale di Bentivoglio e poi all’Ospedale Maggiore Pizzardi di Bologna.
Rispetto l’arbitro, che è un lavoro tutt’altro che semplice.
Comunque, il problema fisico, e anche di condizionamento psicologico, Venturelli li ha avuti. Perdendo progressivamente serenità.
“Quasi una decina di volte sono stato colpito alla nuca, fino ad esserne stordito. Ad un certo punto, non ci vedevo più e le gambe non mi sostenevano”, così mi confidava Emanuele Venturelli nella notte ferrarese mentre aspettava di poter fare l’antidoping, e lo stesso medico dell’antidoping appariva preoccupato mentre gli toccava la testa piena di ematomi.
Quel collo dolorante, arrossato, gonfio del ragazzone di Loiano, mentre le vertigini lo assalivano.
“Non è più sport, questo non è più sport - lo sfogo genuino di Venturelli nella notte ferrarese rivolgendosi al suo Maestro Massimiliano Duran - io stasera avrei potuto vincere prima del limite se avessi potuto esprimere il mio pugilato pulito e se non fossi stato condizionato. Nella settima ripresa avevo il match in mano, Cardillo era in difficoltà, gli leggevo la paura negli occhi, poi in un corpo a corpo ho avvertito un altro colpo alla nuca. E in quel round è stato fatto anche un richiamo verbale al mio avversario per spinte”.
La visita dal neurochirurgo ha escluso situazioni gravi. E’ stato riscontrato a Venturelli un trauma posteriore, con versamento esterno. Con il suggerimento in questi giorni di evitare sforzi e movimenti bruschi. E proprio per questo motivo, gli era stato suggerito di rimanere ricoverato nel week end al Maggiore. Lui ha firmato le dimissioni. “Sono tornato a casa con mia moglie, lei è un medico e sa cosa fare e come comportarsi in caso di necessità. Ho bisogno di recuperare tranquillità”.
Emanuele Venturelli tornerà all’Ospedale Maggiore domani, lunedì. Per ulteriori accertamenti. Gli è stata prescritta una angioTac.
Gianmarco Cardillo, nel frattempo, si gode ancora la sua cintura di Campione d’Italia. E l’imbattibilità. Quattordici combattimenti da Pro, 12 vittorie, nessuna sconfitta, 2 match pari, per il pugile gestito dal manager Armando De Clemente.
“Ho vinto una sfida dura. Che ritengo migliore, sia da parte mia sia da parte di Venturelli, rispetto al match che facemmo undici mesi fa e che terminò con un verdetto di parità. Stavolta ho avuto l’opportunità di allenarmi veramente bene, potendo prendermi tutto il tempo che serviva. Faccio i complimenti al mio avversario. Emanuele ha dimostrato grande coraggio e un’ottima preparazione. Io ho preso qualche colpo, perchè si sa che il corpo a corpo è più rischioso. Invece alla distanza mi riusciva di entrare meglio con i colpi. E allora, ho cambiato un po’ le carte in tavola. Nelle ultime riprese cambiavo guardia, anche. Sono soddisfatto di questo rendimento. E dedico questo successo alle mie figlie, Claudia, Vittoria e Maria Elena”.
E adesso?
“Adesso confido di avere finalmente una chance internazionale. Anche per uscire dall’Italia e per pesarci un po’ a livello estero. Il titolo europeo EBU è il sogno. Per arrivarci potrei, intanto, inseguire il titolo Europeo Silver. Ne parlerò con il mio manager De Clemente. La strada americana? Io sono ancora sotto contratto, fino a giugno, con l’Organizzazione statunitense Star Boxing Inc. di New York. Vediamo se riescono a propormi qualcosa d’interessante”.