Giovanni Calabrese
Il professor Aldo Ferrara ci accoglie nella sua casa a Pozzuoli. Davanti a noi l’isola di Capri, il monte di Procida con Capo Miseno, punta Campanella, Bacoli.
È in gran forma. Indossa pantaloncini e polo della F.P.I.
Inizia a raccontare il suo primo secolo di vita.
“Sono nato a Napoli, nella centralissima via Roma al civico 272 davanti a Santa Brigida, il 16 Settembre del 1922, ma sono stato registrato il 19. La mia è una famiglia nobile. Papà era duca, mamma marchesa. Eravamo otto figli. Più tardi la famiglia si è trasferita a Villa Campolieto a Ercolano. I nostri vicini di casa erano i principi di Santobuono e i marchesi Zito. In casa, 24 stanze e tre saloni, c’erano spesso feste con personaggi importanti. A pranzo ogni giorno non eravamo mai meno di una ventina di persone. Avevo un carattere ribelle. Sono nato scugnizzo nel vero senso della parola, avevo cinque anni quando all’ insaputa della cameriera che mi accompagnava all’ asilo gestito dalla signora Fittipaldi, mi nascondevo e scappavo al mare, anche se non sapevo nuotare. Una volta mi ha sorpreso la bagnina, che ci conosceva. Mi ha detto: “Ferrariè, te ne si fuiutu n’ata vota mo ciò o dico a papà!”.
Una volta ho rubato due caramelle di mia madre, avevo quattro anni, è stata la prima e unica bugia della mia vita. Lei mi incolpò subito della cosa, io per difendermi dissi…
“Siamo otto figli perché sei venuta da me?”
“Perché ti conosco”, è stata la risposta.
La mia natura ribelle e anticonformista si è manifestata già in età giovanissima. Mi piaceva vivere la vita in mezzo alla strada e non esitavo a venire alle mani con chiunque facesse il prepotente. Da ragazzino ho dato una solenne “paliata” a uno straccivendolo che, approfittando della maggiore età voleva fare il bullo in mezzo a noi più piccoli. Da quel momento a Ercolano mi chiamavano “U Capitano”.
A cinque anni ho avuto un incidente in mare. La canoa su cui andavo per mare con una persona più grande, si è capovolta e sono venuti a salvarci, perché nè io nè il mio compagno di regata sapevamo nuotare. Si presentò a casa nostra un malavitoso del posto e disse a mia madre: “ Marchesa posso portarmi u Capitano co me o m’paro a nuotà”, mia madre con grande apprensione acconsentì. Divenuto adolescente, venni messo in Collegio a Napoli a Piazza Dante e avviato a studi classici come era nella tradizione delle famiglie nobiliari del tempo, ma era un ambiente che non faceva per me, anche se i fine settimana potevo tornare a casa. Già praticavo pugilato, nuoto e atletica leggera. Così mi sono ritirato dal Collegio e ho cominciato a studiare da privatista. Mi presentavo agli esami sempre ed ero sempre promosso. Ho fatto così anche all’Università. Ho preso le Lauree in Economia e Commercio, in Pedagogia e in Scienze Motorie, in tre anni ho sostenuto 40 esami. Ho insegnato all’ Università, Ginnastica e Giochi dell’Infanzia e tutta la Auxologia dal periodo prenatale fino alla calcificazione delle cartilagini di congiunzione. Nel giugno del 1940, a diciassette anni, con il diploma di ragioniere in tasca, ho bussato alla porta della stanza di mio padre, ho aspettato in religioso silenzio il permesso di entrare, poi come d’uso in famiglia gli ho baciato la mano, l’ho baciato sulle guance e gli ho detto che era mia intenzione partire volontario per la guerra. Lui ha cercato di dissuadermi, già tre miei fratelli erano al fronte, io ero esentato. Mi ha avvertito dei pericoli a cui andavo incontro, ma io ero irremovibile. Ho fatto cinque anni di guerra, spedito sul fronte libico col grado di Tenente. Ero un bersagliere guastatore. Con il mio reparto tagliavamo i reticolati e sminavamo il terreno successivo per dare modo ai reparti di attaccare in sicurezza. Avevo 18 anni comandavo 90 bersaglieri e 14 sottufficiali. Nella battaglia di Bir el Gobi, il 5 Dicembre 1941, siamo stati accerchiati dal Battaglione inglese Waterloo, e sottoposti a un forte cannoneggiamento, mi sono salvato per miracolo. Ero dentro una buca scavata per il combattimento individuale che ho abbandonato su ordine del mio superiore il Colonnello Comandante Fernando Tanucci che mi ha fatto arretrare di 40 metri. Poco dopo quella buca veniva centrata da un colpo di cannone e il commilitone che l’aveva occupata, De Lucia: il barbiere del reggimento, purtroppo veniva ucciso.
A Bengasi e a Derna ho sostenuto due incontri di pugilato, vinti, contro avversari dell’Afrika Korps. Il comandante del battaglione mi spronava dicendo: “Tenente Ferrara, se perde questo incontro la denuncio come disertore e la faccio fucilare”. Finita la guerra sono stato arbitro e giudice di pugilato, nuoto, pallacanestro e tuffi. Dal 1947 commissario di riunione di pugilato e dal 1950 arbitro e giudice Internazionale AIBA, docente all’ISEF di Napoli, autore di libri di pugilato, di diritto pubblico e privato, insignito della Stella d’oro e d’argento al merito sportivo. Oggi, 2023, sono 85 anni ininterrotti che sono tesserato con la Federazione Pugilistica Italiana, prima come pugile, poi come arbitro, giudice e commissario di riunione e ora come Presidente di società. Un record mondiale, credo. Mi sono sposato quattro volte, ho avuto due belle figlie, anzi tre, una è mancata quando aveva 17 anni ed è un dolore che mi porto dentro tutti i giorni”.
Come ha scoperto il pugilato?
“Avevo 15 anni e l’Italia era orgogliosa delle imprese di Primo Carnera. Vedevo i filmati dei suoi incontri e quelli di Joe Louis, e mi sono innamorato pazzamente del pugilato. Mi sono iscritto in palestra. Militavo nelle categorie dei pesi piuma e dei leggeri. Il primo match l’ho fatto al teatro Verdi di Salerno. Ho preso una “paliata” mai vista, me la ricordo ancora. Quando sono tornato all’ angolo, il maestro mi ha abbracciato dicendomi…
“Bravissimo, sei stato grande”.
“Ma quale match avete visto, con tutte le botte che ho preso!”
“Guarda che hai combattuto contro Napolitano, il Campione d’Italia”.
“Delinquente, hai messo un esordiente contro il campione d’ Italia!”.
In totale ho sostenuto circa 120 incontri, ho conquistato due titoli di campione regionale e un secondo posto ai campionati italiani. Ho trasmesso la passione per il pugilato a due miei fratelli, Antonino che è stato direttore del Centro Federale di Fiuggi, e Mario che è stato arbitro. Oltre che giudice benemerito, sono presidente della A.S.D. Boxe Puteulana Aldo Ferrara, di uno dei miei allievi più capaci Lorenzo Costagliola. Ci parli della sua attività di arbitro.
”Non ho mai accettato compromessi nella mia carriera, le raccomandazioni mi facevano imbestialire e sortivano un effetto contrario. Ai Mondiali dilettanti a Tunisi, in finale, ho arbitrato un match in cui c’era un pugile tunisino contro un pugile tedesco. Mi ha avvicinato un nostro dirigente che mi ha pregato di avere u occhio di riguardo per il pugile di casa, perché nel match successivo un arbitro tunisino avrebbe diretto un incontro di un nostro pugile. Alla seconda ripresa ho, giustamente, squalificato il pugile tunisino. All’Olimpiade di Roma ’60 in semifinale ho arbitrato il grande Cassius Clay, non ancora Muhammad Alì. In tutta la mia attività ho arbitrato o giudicato più di settanta match validi per Titoli nazionali, europei e mondiali. Quando alla fine delle 15 riprese mi trovavo un punto di vantaggio per uno dei due pugili, non esitavo a dare un verdetto di parità perché pensavo che su 15 round un errore potevo averlo commesso”.
I campioni del cuore?
“Sono due i pugili che mi hanno entusiasmato. Su tutti Primo Carnera per l’impresa di conquistare in America il titolo dei pesi massimi. Joe Louis per me il più grande pugile di sempre, un campione spettacolare di una umanità unica, che non infieriva mai sui suoi avversari quando sapeva di avere la vittoria in mano”. Quale è il segreto per raggiungere il secolo di vita in così perfetta forma fisica e mentale?
“Soprattutto essere tranquilli con la propria coscienza, non imporsi a nessuno, parlare con tutti, far capire e cercare capire. Dico a tutti: “Ragazzi dovete avere il coraggio di non mentire”.
Professor Ferrara, per concludere, quale è il suo sogno nel cassetto?
“Quello di rivedere il pugilato di una volta, dirigenti all’ altezza e non improvvisati. Nessuno è bravo, bisogna farsi le ossa altrimenti non si fa niente si rovinano soltanto i giovani, non si migliorano. La mia palestra è aperta a tutti, soprattutto ai disabili, gratuitamente perché sono quelli che hanno bisogno di essere maggiormente aiutati e sorretti”.
Aldo Ferrara era nato a Napoli il 16 settembre del 1922, ci ha lasciati per sempre il 13 gennaio 2023.
L'intervista è datata settembre 2022.
Foto di Emanuele Amici. Dall'alto in basso:
Aldo Ferrara con Giovanni Calabresi, autore dell'intervista.
Ferrara con la Stella d'oro al merito sportivo.
(da sinistra) Emanuele Amici, Aldo Ferrara, Lorenzo Costagliola (titolare della A.S.D. Boxe Puteulana Aldo Ferrara).