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Boxe, Giochi a rischio Di chi sono le colpe? Chi sono i colpevoli?

Errori finanziari, presidente accusato di essere un criminale, disastri arbitrali, gestione personale delle risorse, Federazioni arrendevoli...

“Il CIO si riserva il diritto di rivedere l’inclusione del pugilato nel programma dei Giochi Olimpici di Tokyo 2020”.

Come siamo arrivati a questo punto?

Ching-Kuo Wu è stato eletto per tre volte presidente dell’Aiba (2006, 2010, 2014) e minacciava di volersi candidare anche alle prossime elezioni.

È stato costretto a dimettersi.

Accusato dai membri del Comitato Esecutivo di avere portato l’Aiba a un passo dalla bancarotta, è stato poi riabilitato da quegli stessi uomini.

Desidero ringraziare Ching-Kuo Wu per il contributo dato allo sport del pugilato e all’AIBA per molti anni, gli auguriamo tutto il meglio.”

Così ha detto Franco Falcinelli che lo ha poi proposto come presidente onorario. Il Congresso Straordinario di Dubai ha bocciato la nomina a larga maggioranza.

L’Associazione è al centro della più grande crisi politico/economica della sua storia. Ha un debito di dieci milioni di dollari (4,5 dei quali mai giustificati, così ha scritto il New York Times) con la Beckons MMC. Il neo eletto presidente a interim Gafur Rakhimov dice di avere raggiunto un accordo: 50% del debito non onorato sarà pagato ratealmente a partire dal 2021, l’altro 50% sarà considerato una sponsorizzazione protratta negli anni.

E non è l’unico debito a registro.

L’Aiba ha subito una forte contestazione interna e negli ultimi anni ha operato molte discutibili decisioni.

Si sono dimessi il tesoriere David Francis e il direttore delle finanze Rob Garea che ha dichiarato al Guardian: “Le spese annuali per l’ufficio del presidente Wu a Taipei e per i suoi viaggi sono superiori a quanto noi diamo alle cinque Federazioni per promuovere lo sport.

Sono stati espulsi i direttori generali Ho Kim e Karim Bouzi.

Sono stati sospesi i 36 giudici/arbitri che hanno officiato a Rio 2016.

Dirigenti espulsi, arbitri e giudici sospesi.

E Wu dice: “I verdetti contrastati fanno parte della storia dello sport. A Rio su 273 match solo un paio hanno ricevuto dei reclami.”

Successivamente la sospensione è stata rimossa, ma quegli arbitri non sono stati più utilizzati.

È stato sciolto il club dei Magnifici Sette, i capi del settore arbitrale: Mik Basi (Gbr), Kheira Sidi Yakoub (Alg), Michael Gallagher (Ire), Mariusz Gorny (Pol), Vladislav Malyshev (Rus), Gerardo Poggi (Arg) e Rakhymzhan Rysbayev (Kaz). Gli stessi che in un’intervista a dartortorromeo.com e boxeringweb.comFranco Falcinelli descriveva così: “Abbiamo creato un “Club 5 stelle”. Vi fanno parte sette arbitri, a Rio de Janeiro arriveremo a 25. Arbitri professionisti, che vivranno solo di questo. Faranno stage, accumuleranno esperienza in grandi tornei. Saranno super preparati, altamente specializzati e competenti.”

Sull’essere professionisti, in quanto stipendiati per il loro lavoro, nessun dubbio: avevano un regolare contratto con l’Aiba con uno stipendio fisso di 5.000 dollari l’anno, più un bonus di 500$ per ogni match arbitrato nelle WSB o di 1.000 per quelli che li vedevano impegnati nell’APB.

In quanto a gestire in modo specializzato e competente il mondo arbitrale, beh credo che il termine professionista non fosse il più adatto.

Venivamo da Londra 2012, la peggiore Olimpiade della storia a livello arbitrale, a pari merito con Seul 1988. Siamo sbarcati a Rio 2016 dove le cose non sono andate molto meglio.

Finanze, arbitri/giudici. Ma anche l’atteggiamento nei confronti del professionismo non è stato cristallino.

In un primo momento era stato dipinto come l’origine di tutti i mali del mondo.

Le Federazioni i cui professionisti non combatteranno nell’APB saranno escluse dai Giochi Olimpici.”

Così aveva detto il presidente Wu.

E le Federazioni affiliate, Italia su tutte, erano corse a modificare i propri Statuti. La Fpi aveva delegato la gestione del professionismo alla Lega e a fine 2016 si preparava al definitivo passaggio di consegne.
A giugno di quell’anno però l’Aiba approvava (84 voti favorevoli su 88 votanti) l’inserimento dei professionisti nelle squadre che avrebbero partecipato all’Olimpiade brasiliana. Mancavano due mesi ai Giochi, ma Wu non aveva avuto il minimo dubbio. E tutti si erano velocemente schierati al suo fianco. Fpi compresa, al punto che aveva cambiato per la seconda volta in poco tempo lo Statuto e inglobato nuovamente i professionisti nella sua famiglia. La pratica aveva richiesto la nomina di un commissario ad acta, professionisti di livello che chiedono parcelle all’altezza. Sembra si tratti di diecimila euro a modifica statutaria.

L’APB, il professionismo dell’Aiba, è stato un errore planetario. Un vero e proprio bagno di sangue, come del resto lo sono state le WSB che nel tempo hanno perso franchigie importanti e visto calare il già debole interesse internazionale.

Ma non tutti la pensavano così. In un’intervista rilasciata al collega Riccardo Crivelli della Gazzetta dello Sport dopo l’Olimpiade di Londra si può leggere il punto di vista di Franco Falcinelli: ““Io sono convinto che il rilancio definitivo della boxe passi attraverso un solo ente che gestisca i pugili dal dilettantismo al professionismo garantendo trasparenza e professionalitàPer l’APB servono almeno cento milioni di dollari e l’Aiba, mi creda, ha già trovato sponsor che le consentono di avvicinare questa cifra.

Da me intervistato, nello stesso periodo, tornava sull’argomento.

-Non capisco perché l’Aiba si senta l’unica depositaria della verità e perché debba scendere in campo con i carri armati contro chiunque non la pensi allo stesso modo. E’ un abuso. O no?

“L’Aiba ha dato cinque anni di tempo alle 194 nazioni affiliate per costituire al loro interno un settore Apb. Le Federazioni gestiranno in proprio i pugili, sotto l’egida dell’Aiba, come accade per tutti gli altri sport, calcio compreso.”

-Ma perché usare un metodo antidemocratico per portare avanti questo discorso? Il fatto di minacciare l’esclusione dalle Olimpiadi come grimaldello per convincere i dubbiosi, mi sembra una cosa davvero scorretta. O non è così?”

“Non entriamo con i carri armati. Diamo cinque anni di tempo per pensarci. Per me poi è un sogno che si realizza. L’Aiba gestirà il pugilato dal dilettantismo al professionismo. Non c’era un altro sistema per arrivare a questo risultato e riportare la boxe al ruolo che le compete. Il tono della lettera alle Federazioni Nazionali è perentorio, ma era anche l’unico modo per farsi capire. Abbiamo provato la via del dialogo. Abbiamo studiato soluzioni alternative. Ma gli Enti Mondiali non cedono, non fanno neppure un passo indietro. Stiamo diventando sempre più forti. Solo una trentina delle Federazioni affiliate ha una vera e costante attività professionistica. Alcune hanno le due anime addirittura in contrasto tra loro. Noi vogliamo dare all’atleta il ruolo che merita. Daremo ingaggi a pugili e allenatori. Gestiremo il marketing e offriremo dei contributi alle Federazioni Nazionali. Abbiamo già ricevuto l’adesione di promoter importanti, stiamo preparando tecnici di alto livello.”

-Perché l’Aiba deve essere l’unica a gestire il professionismo  e gli altri Enti, che lavorano da anni nel settore, debbono farsi da parte?

“Perché così è negli altri sport. Fifa e Uci, tanto per fare due esempi, non sono forse così?”

-Ma loro lo erano anche alla nascita, l’Aiba no

“E’ l’unica strada per riportare la boxe a quello che deve essere. Un solo campione del mondo per categoria”

Cancellata l’APB, incassato il fallimento olimpico (solo tre professionisti iscritti, nessuno dei quali a medaglia), l’AIBA si è trovata davanti a ulteriori problemi.

Wu, che fino a quel momento era l’indiscusso capo del movimento, è stato stato contestato dal suo stesso Comitato Esecutivo che lo ha spinto verso le dimissioni. Al suo posto sono andati, con incarico a interim fino al Congresso Elettivo di Mosca a novembre, prima Franco Falcinelli e poi Gafur Rakhimov.

Il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, secondo quanto ha scritto il Guardian, ha definito l’uzbeko “uno dei principali criminali del suo Paese, una persona coinvolta nel traffico di eroina collegato al gruppo criminale Thieves-in-Law” e gli ha negato l’accesso negli Usa.

Il CIO si è dichiarato “estremamente preoccupato” per questa situazione. L’AIBA ha difeso la sua scelta, definendola “una conseguenza dello Statuto” che recita: se il presidente si dimette, viene sostituito fino al nuovo Congresso Elettivo dal vice presidente con maggiore anzianità. Così era stato per Falcinelli, così è stato per Rakhimov. Ma questa norma statutaria non è bastata a placare il CIO che ha dettato l’ultimatum.
Il pugilato non godeva già di grande considerazione all’interno del Comitato Olimpico Internazionale. Dopo Londra 2012 era stato classificato sport di Gruppo C, assieme a tiro con l’arco, badminton, judo, canottaggio, tiro, tennistavolo e sollevamento pesi. Ed era stato messo sotto esame. I parametri di riferimento erano gli ascolti televisivi, i biglietti venduti e l’immagine offerta al mondo.
Sulle spalle della boxe pesava anche il giudizio della Wada che aveva definito l’Aiba “inattendibile” e il pugilato “sport olimpico con meno controlli fuori gara in assoluto.

Ora il CIO vuole una relazione esaustiva, quella presentata il 31 gennaio scorso l’ha giudicata insoddisfacente, entro il 30 aprile 2018.

Vuole che l’AIBA risponda con un dettagliato resoconto alle questioni governance, gestione, finanza, arbitri, giudici, antidoping.

Se non dovesse essere convinto dal rapporto, il Comitato Olimpico Internazionale escluderebbe il pugilato dall’Olimpiade di Tokyo 2020.

Dopo 116 anni e 25 edizioni dei Giochi la nobile arte resterebbe fuori dal programma olimpico.
A quel punto si porrebbero vari interrogativi anche per le singole Federazioni. La Fpi, ad esempio, riceve contributi Coni (circa venti milioni di euro nell’ultimo quadriennio) finalizzati quasi esclusivamente alla partecipazione olimpica. Niente Giochi, niente soldi? Cosa accadrebbe da oggi al 2021 (ammesso che la boxe sia riammessa a Parigi 2024)?

Cosa accadrebbe al Centro Nazionale di Assisi, alla squadra olimpica azzurra, ai cosiddetti dilettanti di Stato?

E se il CIO continuasse a bloccare i fondi da dare all’AIBA (16/18 milioni annui), cosa accadrebbe a un’Ente che è già in difficoltà finanziaria, tanto da essere stato a un passo dalla bancarotta?
Sia escluso o no dai prossimi Giochi, il pugilato sta comunque vivendo uno dei suoi momenti più bui. La colpa è di tutti quelli che a vario titolo sono stati complici della gestione Wu: dai dirigenti AIBA ribellatisi troppo tardi dopo averlo assecondato con enfasi, alle varie Federazioni nazionali che hanno accettato tutto non ponendosi neppure il beneficio del dubbio.

E a pagare saranno sempre gli stessi, quelli che dovrebbero essere protagonisti e invece spesso diventano vittime.

Tutti nella boxe se la cavano bene, tranne il pugile
(Mike Tyson)

https://dartortorromeo.com/

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