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Sport da Ring

Paolo Morelli racconta la storia di Gloria Peritore

 

La vincitrice di Oktagon 2015 dagli albori a oggi.

 

 Oktagon peritore

 

 

Vi racconto di come siamo arrivati ad Oktagon. La storia di Gloria e parte della mia. Quella di Gloria non è soltanto una storia, è una favola, di quelle favole che raccontate dopo molti anni sembrano quasi leggende. So che molte delle cose che racconterò sembreranno molto strane per chi conosce Gloria adesso. Ma ognuno di noi arriva ad essere quello che è in virtù delle scelte e delle esperienze che ha fatto in passato.  In palestra passano tantissimi ragazzi e ragazze, alcuni di loro hanno la tenacia, la passione, la forza per continuare, per fare delle arti marziali il loro sport, il loro stile di vita. Sembra una casualità, talvolta, che nasca un atleta, altre volte sembra che non siamo noi a scegliere il ring, ma che sia il ring a scegliere noi. Questo è uno di quei casi, il ring ha scelto Gloria e forse l’ha scelta prima ancora che iniziasse questa disciplina, forse l’ha scelta quando correva dietro alle avversarie giocando a pallamano. Ci sono persone che nascono per combattere. La prima volta che mi accorsi di lei stava facendo alcuni esercizi al sacco, il suo calcio circolare era incredibilmente tecnico per una persona che aveva iniziato ad allenarsi da un paio di mesi. La seconda volta fu durante il nostro torneo interno. La prima “vera” volta di Gloria sul ring. Un torneo di k1 light. Gloria arrivò in finale, ma perse per eccesso di contatto. Ad arbitrare c’era un mio amico fraterno che cercava in tutti i modi di contenerla, di spiegarle che avrebbe dovuto controllare i colpi. Lei non si controllava, non ci riusciva, appena veniva dato il “boxe” i suoi occhi si riempivano di sangue e non poteva fare a meno di cercare di eliminare l’avversaria. Francesco decise di squalificarla, in fin dei conti si trattava di un torneo sociale studiato per dare a tutti la possibilità di salire sul ring. Certo vidi che era forte, che poteva essere un’ottima atleta. Ma non mi faccio mai illusioni, ho visto passare dalla mia palestra innumerevoli potenziali campioni che non sono mai esplosi, a volte per destino avverso, ma nella maggior parte dei casi perché non  hanno voluto crederci o semplicemente perché hanno preferito altre strade. Decisi di farla esordire l’anno successivo nel light contact. Di solito scelgo quasi sempre il light contact, sapevo che non sarebbe mai stata la sua disciplina, che la parola “light” non faceva parte geneticamente del suo vocabolario. Il primo torneo andò bene, vinse due incontri e perse in finale, sempre per eccesso di contatto, per troppi richiami. Ma il ghiaccio era rotto, la competizione era stata affrontata e in un certo senso superata. Quell’anno disputammo tutta la stagione in IAKSA partecipando a molti tornei, alcuni furono vinti, in altri Gloria ottenne una semplice medaglia, certo alla fine della stagione era comunque prima in classifica. Il problema è che c’erano dei nei nel suo modo di combattere e di affrontare alcune competizioni. Il primo neo era che non mi ascoltava, una volta che suonava il gong si lanciava in avanti senza pensare, colpendo come se non ci fosse un domani, non riusciva a mantenere la calma, sembrava quasi che non riuscisse a seguire le mie indicazioni dall’angolo. Così maturarono alcune sconfitte, attaccando quando bisognava aspettare, prendendo colpi di incontro assolutamente evitabili. Il secondo neo era la tenuta psicologica, la resistenza al dolore. In un paio di occasioni mi disse “basta non ce la faccio più!”. Non mi piace rischiare la salute di un atleta, se mi dice che non ce la fa più, che sente troppo male, io fermo l’incontro. Non posso fare altrimenti. Certo era chiaro che il light non poteva darle grande soddisfazioni. Così decisi di farla esordire nel contatto pieno, K1, in wfc, era il febbraio del 2012 una domenica di inverno. Ricordo quell’incontro come se fosse ieri, anche perché tra i miei atleti che dovevano combattere c’era Julio Hernandes, atleta del Fight Club che in quell’anno si allenò con noi. Lo ricordò perché Julio a 41 anni suonati ebbe la sfortuna di incontrare Guglielmo Carata che stava per esplodere ma che non aveva ancora vinto Oktagon (Julio fece comunque un incontro più che dignitoso perdendo a testa alta). Dopo Julio toccava a Gloria, inutile dire che avevo grandi aspettative su di lei, sapevo che poteva essere una campionessa. La Mercinelli allora dichiarava 7 incontri, Gloria era all’esordio nel contatto pieno. Nel corso della prima ripresa Gloria riuscì a mettere più colpi, ma i colpi dell’avversaria erano comunque forti, in più la Mercinelli riuscì a mettere una ginocchiata precisa che fece contare Gloria. All’angolo mi disse che non ce la faceva ad andare avanti, le dissi di resistere, che stava comunque andando bene, che aveva messo il doppio dei colpi dell’avversaria, ma non mi credette. In quel momento credeva soltanto al dolore che le aveva procurato l’avversaria. Iniziò comunque la seconda ripresa, le due atlete si scambiarono colpi durissimi, a un certo punto Gloria si girò verso di me e mi disse che non ce la faceva più, mi chiese di fermare l’incontro. Io lo fermai, l’ho detto non posso fare altrimenti. Questo fu l’esordio, una sconfitta per KOT alla seconda ripresa. Mi chiesi cosa mancasse, possibile che le mancasse il cuore? La voglia di lottare? La voglia di resistere? Dopo quell’incontro parlammo di quello che avrebbe dovuto essere il suo futuro sportivo. Le dissi che se mi avesse detto di fermare un incontro io l’avrei fermato, sempre, perché mi sarei fidato delle sue sensazioni, ma che lei avrebbe dovuto fidarsi di quello che vedevo io dall’angolo. Le dissi che era il momento di decidere la direzione da prendere, di scegliere se lottare o abbandonare, le dissi che per vincere bisogna volerlo con tutte le proprie forze, bisogna resistere, che il dolore fa parte del nostro sport, che è un nemico ma anche un amico e che bisogna imparare a conviverci senza farci imporre le sue regole. Mi disse che voleva combattere, che avrebbe fatto di tutto per superare quella sorta di blocco psicologico che ad un certo punto le chiedeva di fermarsi. Così andammo avanti. Io credetti alle sue parole e lei alle mie.

Peritore un calcio

 

L’occasione per mettersi di nuovo alla prova fu a S.Marino. Il destino le dette l’occasione per dimostrare di essere una combattente vera, di quelle che non si tirano indietro davanti a nessuna sfida. Infatti in quell’occasione non c’erano atlete della sua categoria. L’unica atleta disponibile a combattere pesava 64 kg mentre Gloria in quel momento a stento arrivava a 54 kg. Ovviamente era un incontro da rifiutare. Nello stesso tempo lei aveva bisogno di dimostrare a se stessa che non aveva paura di niente, che non si sarebbe più tirata indietro, che aveva imparato la lezione. Così accettammo. Prima di salire sul ring Gloria mi chiese di non fermare l’incontro, anche se mi avesse implorato, mi avesse detto basta, io non avrei dovuto fermare l’incontro. Sembrava un po’ la richiesta di Ulisse prima di farsi legale al palo della nave. L’incontro fu durissimo, l’avversaria non solo era dieci kg più pesante, ma era una picchiatrice, una di quelle che vengono sempre avanti cercando il colpo del KO. Gloria resistette, ad un certo punto mi guardò e mi disse basta, io le dissi di andare avanti, di non fermarsi e mi ascoltò e questa fu la vera svolta della sua carriera sportiva. L’incontro fu perso per due giudizi a uno, ma in realtà ottenemmo una grande vittoria, la più importante di tutte. In quel momento lei non aveva affrontato soltanto un’avversaria dieci kg più pesante, aveva affrontato i suoi mostri e aveva vinto. Tornavamo a casa con la consapevolezza che da quel momento in poi avremmo potuto ottenere molto. Ma sapevo di dover organizzare qualcosa nel ring di casa, incontri in cui Gloria avesse il sostegno del pubblico, dei suoi cari. Così chiesi un favore al Boxing Club, chiesi se poteva inserirla in una delle riunioni di pugilato organizzate da loro. Il Boxing Club mi aiutò e ci dette l’opportunità di combattere di pugilato nel ring di casa. Ancora una volta la sfida sembrava davvero impossibile, l’unica avversaria disponibile nel suo peso per un incontro di pugilato aveva 19 incontri. Ci pensai, accettare o rifiutare l’incontro. Accettai perché non potevamo perdere troppo tempo, perché il ring di casa non sarebbe stato sempre disponibile. Certo sulla carta sembrava un incontro impari, affrontare un’avversaria molto più esperta in uno sport che non si è mai praticato, simile per certi aspetti molto diverso per certi altri. Ma la svolta c’era già stata e io me lo sentivo dentro. Quell’incontro qualcuno lo ricorda ancora, Gloria vinse in un minuto circa, l’avversaria fu contata due volte in poco tempo. Era un trionfo. Poco tempo dopo le fu offerto un altro incontro di pugilato e anche questa volta Gloria vinse, seppure ai punti. La fiducia era acquistata, da quel momento in poi sarebbe iniziata un’altra storia. Ai campionati italiani Iaksa di quell’anno decidemmo di combattere a contatto pieno, nonostante che Gloria concorreva per il titolo italiano anche nel light. Eravamo a Roma, l’avversaria era un’atleta di casa. La vittoria di Gloria fu netta, esaltante, l’avversaria fu contata una volta, ma in altre sedi l’avrebbero contata più di una volta. Il titolo italiano era nostro, contatto pieno e light in un giorno solo perché nessun altra atleta ottenne i punti necessari per toglierle il primo posto nella classifica del light. Quell’estate le fu offerto di combattere in Sicilia, e anche in quell’occasione vinse. Fu così che decidemmo di partecipare al mondiale WTKA organizzato ogni anno a Massa Carrara. Non mi soffermo sull’emozione di quella prima esperienza internazionale, Gloria vinse nettamente la sua finale, le sue doti tecniche stavano emergendo, anche se si capiva che c’erano molte sbavature, molti aspetti su cui lavorare. Era comunque nata una campionessa. Passarono gli incontri, Gloria continuava a vincere e a convincere, ormai avevo piena fiducia in lei, sapevo che qualsiasi cosa fosse successa non si sarebbe più tirata indietro. Aveva imparato ad ascoltarmi a fidarsi delle mie parole. Fui io a trasmettergli il mito di “Oktagon”. Lo seguivo in televisione sin dalla prima edizione, da quando il torneo si consumava tutto in  una sera e i combattenti erano tutti stranieri. Le raccontavo che lì si confrontavano gli atleti più forti del mondo e che forse un giorno ci sarebbe arrivata anche lei. Era un’affermazione scherzosa in parte, ma che conteneva un sogno, una speranza. Come quando da piccolo sogni di giocare il mondiale di calcio, non ci credi veramente, ma comunque ci speri davvero nel profondo del tuo cuore. Il primo incontro da professionista ci fu offerto da Alfonso De Vito, al suo evento a Cento. L’avversaria era Sara Falchetti, tutti dicevano che era fortissima. Ricordo che ci pensai un po’ di giorni prima di accettare l’incontro. Sono sempre prudente, non mi piace rischiare l’incolumità dei miei atleti. Ma Gloria aveva davvero guadagnato la mia fiducia. E lei era un’altra, forte e determinata, non si faceva più intimorire da niente. L’incontro fu bellissimo, vinto bene, mostrando una tecnica sopraffina, un’eleganza rara per le donne che praticano questo sport. Al termine dell’incontro la maggior parte degli applausi erano per le atlete dell’incontro femminile. Molti vennero a congratularsi con Gloria dopo l’incontro, sembrava incredibile vincere contro un’atleta molto più esperta e che tutti consideravano fortissima. Da lì partì la carriera pro. Sorvolo su altri titoli e altri incontri, tutti emozionanti, tutte battaglie. Sorvolo sugli scetticismi di chi sosteneva che aveva vinto sigle minori, battuto avversarie facili. Queste cose nello sport ci sono sempre state e ci saranno sempre e hanno un nome ben preciso: invidia. C’è una sola medicina contro queste parole: i fatti. Nel 2013 Luca Della Rosa ci offrì di partecipare ad un altro evento importante all’Obi Hall di Firenze, un palcoscenico davvero suggestivo. L’avversaria aveva un record impressionante 13 incontri 12 vittorie. Quel giorno il tifo per lei era assordante, molti ragazzi della palestra vennero a tifare. Salendo sul ring avevo i brividi anche io, immagino lei. Gloria vinse nettamente, mostrando la solita tecnica pulita, e la sua incredibile velocità. Anche questa volta gli applausi furono incredibili alla fine dell’incontro, forse nessuno era abituato a tanto spettacolo negli incontri femminili. Così  arrivammo al 2014 l’anno dell’esplosione. Gloria voleva riprendersi la rivincita contro Martina Mercinelli, l’avversaria che l’aveva battuta all’esordio. L’arena era ancora quella di Cento, che ormai stava diventando una tappa fondamentale del nostro circuito. Si vede che il destino non voleva regalare niente a Gloria, doveva continuare a dimostrare la sua stoicità. Così accadde che due giorni prima dell’incontro Gloria si infortunò alla tibia destra. Il sabato non camminava, andò in ospedale per farsi togliere il sangue dalla tibia destra con la siringa. Lei non voleva rinunciare all’incontro in nessun modo, io ero contrario. Tant’è che lei si era fidata tante volte di me e io mi fidai di lei. La tattica in quel caso era semplice quanto obbligata, non colpire con la gamba destra, non saltellare, avanzare camminando e cercando di chiudere all’angolo l’avversaria. Quella volta non ci credevo, pensavo che fosse una grande prova di coraggio, ma l’ultima cosa a cui pensavo e che davvero potesse vincere l’incontro. Vinse, non so come, davvero non so come, perché l’avevo vista con i miei occhi camminare con le stampelle il giorno prima. Se qualcun altro mi raccontasse questa storia io non ci crederei, il punto è che io l’ho vissuta, ero agli allenamenti, ero all’angolo. In quel momento capii che poteva davvero arrivare ad Oktagon. Un mese dopo ricordo che mi chiamò Luca De La Rosa per convocare Gloria per il mondiale Iska in Spagna. Il mondiale si sarebbe svolto dopo poco tempo. Quella volta io non potevo essere insieme a lei, dovevo per forza rimanere in Italia. Ma l’occasione era troppo importante per lasciarla sfuggire. Gloria partii e sconfisse due delle avversarie più forti in circolazione nel panorama europeo laureandosi campionessa del mondo Iska. Da quel momento decisi che ogni incontro successivo di Gloria avrebbe dovuto essere un incontro valido per le qualificazioni Oktagon. Ci credevo. La iscrissi nelle selezioni e iniziammo. Fu organizzata una rivincita con la Galli. Incontro durissimo, la Galli era davvero forte e Gloria l’aveva forse sottovalutata memore della precedente vittoria. Questa volta per prevalere fu necessario l’extra round. In ogni caso i primi punti Oktagon erano conquistati.

Ero al mare quando mi chiamarono per organizzare un incontro tra Gloria e Marzia Vadalà. La Vadalà era seconda in classifica Oktagon in quel momento, l’incontro non avrebbe avuto valore per il torneo. Dell’atleta genovese tutti dicevano un gran bene, era fortissima, tecnica e tenace. Ancora una volta fu un incontro bellissimo, molto combattuto ed equilibrato, alla fine il verdetto fu un pareggio, forse un po’ stretto per noi ma che comunque ci poteva stare. Era solo il primo di una serie di sfide. Oggi mi sembra quasi di aver vissuto l’epopea di Benvenuti e Monzon, ovviamente con le dovute proporzioni, non voglio essere sacrilego. Ma nessuno sa che sta scrivendo pagine di una leggenda mentre vive la propria storia. Così l’ottobre successivo fu deciso di disputare un titolo italiano pro femminile -55 kg tra Gloria e Marzia, io chiesi che valesse anche per la classifica Oktagon, questo era il mio punto fermo, il mio obiettivo. Cinque riprese per la prima volta.  Fu una sorpresa, la gestione delle cinque riprese per noi era un vantaggio. L’incontro fu vinto, sofferto, duro, ma vinto. Campionessa italiana pro e altri punti Oktagon, la classifica piano piano veniva scalata. Ma la vetta era lontana, avevamo bisogno di altri punti in fretta. Così chiesi a Silvano Mutti se si potesse organizzare un altro incontro con la Falchetti che valesse come incontro di qualificazione nel corso del suo evento di dicembre. Presi contatti con Fabio per proporgli l’incontro. Fabio mi disse che Sara avrebbe accettato soltanto se Gloria avesse messo in palio il titolo italiano appena conquistato. Non avevo tempo di pensare, non avevo tempo di trovare altre avversarie, fu così che accettai. L’incontro risale a pochi mesi fa, e ancora una volta fu vinto. Il resto è storia recente, aver vinto tre incontri non ci dava sufficienti punti. Alfonso mi disse che avrebbe organizzato nel suo evento le finali per l’accesso ad Oktagon e che gli sarebbe piaciuto avere ancora una volta Gloria. Arrivare ad Oktagon sembrava impossibile, occorreva battere la regina indiscussa di Oktagon, Veronica Vernocchi, ma sarebbe stato un incontro fattibile? Non lo so. Ci avremmo provato. Fatto sta che Veronica uscii dalla classifica per cose più importanti e la chance arrivò quando ormai sembrava impossibile ottenere i punti necessari. L’avversaria scelta era Aicha Armaroun, seconda in classifica in quel momento, marocchina fortissima di Udine. Quando Gloria vinse quest’ultimo incontro non riuscivo a realizzarlo, non riuscivo a crederci fino in fondo. L’anno prima seduti in tribuna ad ammirare lo spettacolo di Oktagon, e io scherzavo quando dissi a Gloria che l’anno successivo avremmo dovuto esserci noi sul ring. Cioè credevo che prima o poi ci sarebbe arrivata, non credevo che tutto questo sarebbe accaduto così in fretta … ricordiamoci da dove siamo partiti, ricordiamo la strada che abbiamo fatto, per capire quanto sia lunga la strada che possiamo ancora percorrere …

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